Padova, dietro le quinte del ritiro di Pieve di Cadore: regole, partite a carte e soprattutto scherzi…

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Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia

Dietro le quinte di un ritiro c’è una lunga serie di immagini, di aneddoti, di momenti di risate in compagnia che può sfuggire al semplice osservatore. La Serie D ha certamente aiutato il Padova a rendersi più “umano” agli occhi del suo popolo. Ma c’è ancora qualcosa che sfugge agli occhi di chi, pur assiduamente, segue il percorso in altura di una squadra come quella biancoscudata. È ciò che accade quando si chiude la porta dell’albergo: la sacralità del ritiro copre tutto e tutti. Anche momenti che meritano di essere raccontati. Carte e scherzi. Lì, dentro al’Hotel Al Pelmo che per due settimane sino a ieri ha ospitato i biancoscudati, se ne sono vissute eccome di scene da raccontare. «Ci sono momenti che servono a far star bene il gruppo, a scaricare la tensione degli allenamenti, a staccare dalla routine di tutti i giorni». Carmine Parlato ha vissuto l’ennesimo ritiro della sua carriera, prima da giocatore e poi da allenatore.

Un ritiro che fuori dal campo definisce bello e divertente: «A cominciare dalle partitine a carte tra di noi: io e il prof (Alan Marin, ndr), contro i magazzinieri Oriano e Luciano, e poi con il team manager Pontin. Diciamo che è finita in parità, tutto sommato». Quindi i grandi protagonisti di ogni raduno che si rispetti: gli scherzi. «All’ordine del giorno, da parte dei ragazzi tra di loro e verso qualcuno dello staff. Ci hanno provato pure con me: mi hanno fatto una finta telefonata con una nuova applicazione che riproduce una voce registrata che ti parla di Equitalia, di curriculum, di lavoro: io non ci sono cascato e li ho subito mandati a quel paese». Gigi, il magazziniere, è stato vittima della pellicola trasparente sul bicchiere. Risultato: acqua sul tavolo e risate generali. Ma peggio è andata a Rino Lavezzini, il vice allenatore: «Quello è stato in assoluto il momento più esilarante delle due settimane», sorride Parlato. «Sempre con la falsa telefonata gli hanno cominciato a parlare del suo cane, una cosa che non gli si può assolutamente toccare. C’erano 35 persone nello spogliatoio che sapevano tutto, mentre lui era diventato una bestia».

Regole ed… eccezioni. Ma la vita del ritiro è anche scandita dalle regole dell’allenatore. Gli orari di sveglia, di salita verso il campo, dei pasti e del riposo. «Grandi regole non le ho mai messe, ma ho sempre chiesto rispetto. Per esempio, a tavola non chiedo di spegnere i cellulari, mi basta che siano messi in vibrazione e non squillino». Regole, ma anche sgarri. Perché dopo cena, con rientro tassativo alle 23, i giocatori erano liberi. E nell’ammirare le bellezze “locali” – in tutti i sensi – un bicchiere in compagnia ci scappava sempre, con il tecnico tacitamente consenziente. Tanto che l’ultima sera, sabato, squadra e Parlato hanno brindato allo stesso tavolo. Il diesse Fabrizio De Poli un pomeriggio s’è concesso un po’ di pesca alla trota (che, alla sera, lo staff si dice abbia apprezzato molto), mentre tre sere fa tutta la squadra è stata portata a cena in un rifugio a 1.300 metri. Tra antipasti, tagliatelle, spezzatino di cervo e vino ranche la rigida dieta dei giocatori – controllati sulla bilancia tre volte al giorno – ha avuto il suo momento di stacco.




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