Este, parla Bonazzoli dopo la maxi squalifica: “Vi spiego cos’è successo a fine partita. E volevo smettere, ma mi hanno fatto cambiare idea…”

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Fonte: Mattino di Padova, Francesco Vigato

Meno sette. Emiliano Bonazzoli sta facendo la conta: se ne sta seduto in tribuna, l’attaccante dell’Este, a mettere di volta in volta le «ics» sul calendario delle partite saltate per la maxi-squalifica di dieci giornate inflittagli dal Giudice sportivo. Razzismo e discriminazione sono state le accuse messe a referto dall’arbitro di Este-Correggese (giocata lo scorso 29 settembre), Ramy Jouness Ibrahim Kamal, medico torinese di origini marocchine. Eppure l’ex bomber di Sampdoria, Parma, Verona, Fiorentina, Reggina e Padova, dopo 18 anni di calcio ai massimi livelli in un paese calcisticamente globalizzato, di razzismo non vuol proprio sentirne parlare. Emiliano Bonazzoli, della sua squalifica hanno parlato giornali e tv di tutta Italia. Lei, invece, è rimasto in silenzio. Cosa si sente di dire a distanza di un mese? «Essere etichettato da tutti come razzista mi ha fatto malissimo, lo ammetto. La notizia della squalifica è stata molto dura da digerire. Quando il mister ha letto il comunicato mi è crollato il mondo addosso e mi sono serviti diversi giorni per realizzare il tutto».

Il ricorso presentato alla Commissione disciplinare della Figc contro la sua squalifica è stato respinto. Ciò significa che i giudici hanno confermato le offese. Può dire cosa è successo in quei famosi minuti finali di Este-Correggese? «Quella partita non dovevo nemmeno giocarla. Avevo insistito io con mister Zattarin, perché volevo assolutamente tornare in forma dopo due settimane di stop per infortunio. In quei 20’ non ho digerito alcune decisioni dell’arbitro e a fine partita è volata qualche parola. Ma, ci tengo a sottolineare che non volevo assolutamente discriminarlo per il colore della pelle, la religione o cose del genere». Quindi lei non è razzista… «Certo che no. Nella mia carriera ho avuto tantissimi compagni stranieri: asiatici, africani, americani. Andavo a cena a casa loro e loro invitavano me. Passavamo pure le serate insieme con le famiglie. Nel calcio può succedere di dire cose sbagliate nel momento sbagliato». In famiglia come hanno preso la notizia? «Mia moglie Giorgia mi è stata sempre vicina. Mio figlio Christian, invece, all’inizio ha ironizzato sulle dieci giornate ma nulla di più. L’argomento razzismo è piuttosto delicato per un bambino di otto anni. Tra l’altro, lui gioca nelle giovanili della Biancoscudati Padova e ha un compagno di squadra marocchino: con il padre scambio sempre due parole volentieri».

Ad agosto aveva annunciato che a fine stagione si sarebbe ritirato. Dopo la squalifica ha più motivazioni per continuare? «A dire il vero, dopo la notizia della squalifica avevo pensato di smettere subito. Ne avevo parlato con la società ma mister Zattarin, i miei compagni di squadra e il presidente Lucchiari mi hanno fatto cambiare idea. A giugno deciderò cosa fare. Vedremo». A Este sta vivendo la sua seconda esperienza da dilettante, dopo la parentesi a Marano. È cambiato qualcosa nella sua vita rispetto agli anni da professionista? «L’atteggiamento è sempre lo stesso. Ci sono meno restrizioni, questo è vero. Quando giocavo in serie A al sabato sera si andava in ritiro. Ora, magari, birra e pizza me le concedo. Ma la mentalità sempre la stessa. Ora, però, ho più tempo, sto seguendo anche il corso da allenatore». L’Este è primo in classifica. Dove può arrivare? «La forza di questa squadra è il gruppo. Si vede già negli spogliatoi, in cui tutti si sentono a loro agio. Io, per esempio, non sono il Bonazzoli che ha giocato la serie A, ma semplicemente Emiliano. Certo, di consigli ne do e con gli altri giocatori più esperti cerco di guidare i ragazzini, ma tutto questo con grande semplicità. Ci sono squadre attrezzate per la Lega Pro, ma l’Este ha grandi potenzialità e giovani interessanti».




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