Closing Padova, Tevarotto: “Abbiamo trattato per otto mesi e siamo stati molto vicini molto vicini a comprare il club: ecco com’è andata”

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(d.c.) – Ormai da mesi abbiamo raccontato, qui e sulle colonne del Corriere del Veneto, della trattativa per la cessione del Calcio Padova a Primera Capital. Oggi io e il collega Davide D’Attino, abbiamo finalmente la voce dell’imprenditore padovano Sebastiano Tevarotto, fra le altre cose ex vice presidente e general manager Global Telco e Media Business Unit di Hp, di cui ha fatto parte per 24 anni. Non certo un’azienda qualunque. Tevarotto ha provato in ogni modo ad acquistare la squadra della sua città e racconta per filo e per segno quello che vi abbiamo riferito per mesi. Compreso il fatto, a un certo punto della negoziazione portata avanti dallo Studio legale Sat Spinazzi Azzarita Troi (uno dei più seri e conosciuti di tutta Padova, per tenersi bassi), di essere stato molto vicino all’acquisto del Calcio Padova. Una trattativa durata otto mesi, con tanto di documenti scritti e firmati, spiegata e raccontata nei dettagli. Ognuno si potrà fare l’idea che vuole. A noi è sempre premuto semplicemente dar conto di quello che stava succedendo, nonostante sia in atto da mesi una campagna di screditamento e una macchina del fango che ha cambiato più volte obiettivo. Prima la trattativa erano “fiabe di Esopo”, poi quando la notizia è stata confermata da quotidiani padovani e nazionali, Mattino, Gazzettino, Tuttosport, Gazzetta dello Sport compresi, “non esisteva alcun imprenditore padovano coinvolto”, poi quando abbiamo fatto il nome di Tevarotto l’unico appiglio rimasto è che “non c’è mai stata nessuna offerta e non si è mai stati vicini alla chiusura”.  Abbiamo scritto che era fatta? No, mai. Abbiamo scritto che si era vicini alla chiusura? Sì lo abbiamo scritto. Qui sotto potete trovare la conferma di quanto riportato. Lungi da noi alimentare faide che ai lettori non interessano, ma chiunque se viene attaccato ripetutamente prima o poi risponde. Per tutelare la propria professionalità, riconosciuta ovunque da 30 anni a questa parte. Il nostro interesse è, resta e sarà solo la ricerca della verità, il nostro dovere e interesse se facciamo questo mestiere è quello di fare informazione. Oggi c’è modo di conoscere, aperte e chiuse virgolette, quello che è accaduto negli ultimi mesi. Certo, agli atti resta la versione di Tevarotto e di Primera Capital, mentre Oughourlian e i suoi collaboratori hanno scelto ad oggi di non commentare. Anche questo fa parte del gioco, anche questo è del tutto legittimo. Cosa succederà nei prossimi mesi? Non lo sappiamo, con Marcelo Figoli i colloqui proseguono e c’è stata la disponibilità a sedersi attorno a un tavolo e a trattare la vendita, non solo con l’imprenditore argentino. A meno che non si voglia credere alla storiella che Oughourlian tenga viva una trattativa per otto mesi se ha già deciso o non ha preso in considerazione la prospettiva di cedere il club. A quel punto sarebbe bastato rispondere “No grazie, il club non è in vendita”. Cosa che, in tutta evidenza non è accaduta.

PADOVA «Per circa otto mesi, abbiamo parlato, in maniera piuttosto approfondita, sia in via telematica che di persona. C’era la disponibilità a trattare la vendita del club. Ci siamo scambiati i rispettivi documenti finanziari. E a giugno, siamo stati molti vicini a chiudere l’operazione. Nel senso che eravamo sul punto di firmare quello che, in affari di questo tipo, si chiama «term sheet» oppure «memorandum of understanding». Cioè una sorta di protocollo d’intesa, con vincolo di segretezza, in cui l’acquirente certifica la sua offerta e il proprietario si dichiara disponibile non solo ad aprire una trattativa, ma anche a concluderla nell’arco di un determinato tempo. Che, nel nostro caso, sarebbe stato di 90 giorni. Dopo, però, è successo qualcosa…». Ossia la vendita al Lens di Mattia Fortin, poi girato in prestito gratuito al Padova per un anno: «Abbiamo capito che Oughourlian aveva cambiato idea, decidendo di non vendere la società, forse anche a prescindere dall’entità della nostra offerta». Sebastiano Tevarotto, 66 anni, da 27 residente a San Francisco ed operativo nel cuore della Silicon Valley, nel settore dell’hi-tech (su tutte, basti citare la lunga esperienza con ruoli apicali in Hp), è l’imprenditore padovano che, come frontman del fondo d’investimento Primera Capital di Oakland e di decine di altri investitori statunitensi, ha pervicacemente provato ad acquistare la squadra di calcio della sua città.

Qual è stata la prima volta in cui avete parlato con Oughourlian?

«Ad ottobre dell’anno scorso, quando Primera, da tempo attiva nel campo dell’entertainment, sport escluso, ha voluto misurarsi con il calcio europeo, provando a rilevare, con alla base più o meno lo stesso progetto, una squadra della Championship inglese, una della Premiership scozzese, una della Segunda Liga portoghese e, appunto, il Padova».

E come sono andate le cose?

«Con le prime tre le trattative sono ancora aperte. Mentre col Padova due settimane fa, dopo un confronto durato quasi otto mesi, Oughourlian ci ha scritto che non era più intenzionato a vendere il club».

A quando risale la vostra prima offerta? E l’ultima?

«A febbraio, mentre l’ultima a giugno, alla vigilia della firma, poi saltata, del protocollo d’intesa di cui sopra. Circa 11 milioni, debiti compresi, che da soli ammontano a quasi sei milioni. A nostro avviso, si trattava di un’ottima proposta, anche perché stiamo parlando di una società in cui, quantomeno negli ultimi quattro bilanci, i debiti corrispondono a più della metà del fatturato. Una situazione palesemente insostenibile nel breve-medio periodo».

Cos’altro comprendeva il vostro progetto?

«Durante una veloce chiacchierata con il sindaco Sergio Giordani, gli avevamo chiesto la disponibilità non solo di ottenere in concessione lo stadio Euganeo, per poi ristrutturarlo e renderlo un impianto più adatto al calcio, ma pure di comprare alcuni terreni limitrofi di proprietà comunale, con l’obiettivo di realizzare un grande centro sportivo, in primis dedicato ovviamente al Padova, però aperto a tutta la cittadinanza. Nel complesso, si sarebbe trattato di un investimento di 100 milioni».

Vi siete mai incontrati con l’amministratrice delegata Alessandra Bianchi?

«Sì, più volte».

E con il presidente Francesco Peghin?

«No, mai».

Cosa farete adesso?

«I finanziatori che ci sostengono vorrebbero concretizzare il loro investimento il prima possibile. E dunque, più o meno a breve, potremmo rivolgerci altrove, dato che, dopo aver saputo del nostro proposito di acquistare il Padova, ci hanno contattato diversi club di B e C».

Qualche nome?

«No. Però posso dire che, con alcuni di loro, i colloqui sono già ben avviati».

Avete mai avuto l’impressione che ci fossero altre trattative con altri soggetti?

«Nella parte finale delle negoziazioni sì».

(Corriere del Veneto)




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