Padova-Triestina, Tito Rocco: “Vedendo le due squadre in serie D mio padre si volterà dall’altra parte e chiuderà gli occhi, per non vedere…”

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Tito Rocco

Fonte: Corriere del Veneto, Dimitri Canello/Gazzettino, Andrea Miola

Lo si può immaginare con le mani giunte davanti al volto, con il suo inconfondibile cappello, a dare uno sguardo verso il basso e a scuotere la testa mentre borbotta alla sua maniera. Chissà cosa penserà, il Paròn Nereo Rocco, di fronte a un Padova-Triestina che metterà di fronte le sue due squadre del cuore domenica prossima. Uno sguardo meno distratto al calendario e magari ti accorgi che non è neppure un caso che la partita capiti proprio domenica 2 novembre, la festività che celebra coloro che sono passati a miglior vita. Padova e Triestina invece sono ancora vive, hanno cambiato nome, sono cadute, sono sportivamente fallite, hanno subito la peggior umiliazione possibile, sono rinate, si sono rialzate dopo la tempesta perfetta. Un pezzo di storia del calcio italianosarà lì sul prato verde dell’Euganeo e magari in tribuna ci sarà pure Tito Rocco, uno dei figli del mitico Nereo, ex dirigente dell’Alabarda e ora uscito di scena e preoccupato per il futuro delle sue due squadre del cuore. Tito, innanzitutto una domanda. Domenica verrà all’Euganeo? «Sono molto tentato, devo dire la verità. Però non so ancora, non ho deciso, sono combattuto. La Triestina è la mia squadra del cuore, al Padova sono legato da un affetto profondo, è come se fosse ancora casa nostra. Padova-Triestina era la partita che mio padre non avrebbe mai voluto giocare».

A sfogliare gli almanacchi in passato accadde… «Accadde eccome, vinse la Triestina 4-2. Mio padre quel giorno era intrattabile e ricordo che gli chiedemmo se gli era dispiaciuto vincere. Non rispose, ma so che in cuor suo era quasi dispiaciuto di aver battuto il Padova». Si può dire allora un’anima divisa in due? «Lui amava il Biancoscudo quasi come l’Alabarda. Erano due amori viscerali, è chiaro che Trieste rappresentava per lui qualcosa di unico, ma quella partita proprio non avrebbe voluto giocarla». Vedendo Padova e Triestina in serie D come la prenderà, da lassù? «Credo che si volterà dall’altra parte e chiuderà gli occhi, per non vedere. Non potrebbe mai sopportare di vedere i suoi due amori ridotti così male e finiti a giocare tra i dilettanti. Il Padova almeno ha ritrovato una società che lavora con entusiasmo e ha ricreato una grande passione, a Trieste invece siamo ancora messi malissimo». Tempo fa durante una storica conferenza, la tifoseria organizzata chiese e ottenne dall’allora proprietario Mehmeti di togliere l’alabarda dalla sala stampa. Il punto più basso della storia della Triestina? «Una scena tristissima, che non dimenticherò mai. Per adesso sì, quello è stato il punto più basso, ma non sono del tutto convinto che si sia ancora toccato il fondo».

Lei che sensazioni prova in questo momento? «Leggo “Biancoscudati Padova” e “Unione Triestina” e mi prende lo sconforto. È come se fosse morto qualcosa per sempre, anche se razionalmente so bene che si tratta di una pura questione formale. A Trieste rimpiangiamo ancora Amilcare Berti, uno dei più grandi presidenti della nostra storia, a Padova c’era Cestaro. E dire che mi sembrava una persona così appassionata… Ma come ha fatto a permettere che accadesse tutto questo?». Fortunatamente Bergamin e Bonetto sono ripartiti dalle ceneri… «Ecco, vede… questa è la differenza con Trieste. A Padova imprenditori che vogliono bene alla squadra ci sono, hanno fatto seimila spettatori col Belluno. E dire che in un Triestina-Treviso dopo il fallimento vennero in 12mila al Rocco… E’ la prova provata che Padova e Trieste sono e resteranno sempre due grandi piazze: se vengono adeguatamente stimolate, rispondono e risponderanno sempre presente. Possibile che ci voglia tanto a capirlo?».

«Vedendo le due squadre che si affrontano in serie D il papà non avrebbe detto niente, avrebbe semplicemente chiuso gli occhi. Immagino che la scorsa estate, pensando alla situazione della Triestina e alla mancata iscrizione al campionato del Padova, si sarà girato e rigirato nel luogo in cui ora si trova». A parlare con grande amarezza è Tito Rocco, figlio di Nereo, il “Paron”, leggendario allenatore delle due squadre, accomunate nella storia dal suo nome e pronte ad affrontarsi domenica all’Euganeo in una sfida in passato mai disputata in un campionato dilettantistico. Eppure le due piazze vivono il momento con uno spirito completamente diverso. Questo il derby dalla sponda alabardata. «Da due anni – racconta Rocco – non faccio parte della società e recentemente sono stato contattato dall’attuale proprietà, ma non c’erano i presupposti. In tempi recenti sono andato allo stadio un paio di volte, questo non è il nostro calcio e non si vive l’atmosfera della vecchia Triestina, nonostante i mille abbonati».

Si gioca in serie D, ad esempio, eppure sono solo uno o due, i giocatori nati qui. Lo stesso vale per gli imprenditori locali che non hanno passione per il calcio e così siamo terra di conquista». Umore diverso, almeno in chiave futura, quando rivolge la sua attenzione al Padova: «Per le due compagini il fatto di calcare questa categoria è un segno di decadenza e mi dispiace pure per i biancoscudati che seguo con simpatia. La città merita molto di più, conoscevo il vecchio presidente Cestaro, ma da fuori non so cosa sia successo. Ci sono dei cicli e tante squadre, non solo la Fiorentina, hanno vissuto identiche situazioni per poi rimettersi in carreggiata in pochi anni». E a Padova la gente sembra crederci: «È stata creata una bella squadra, c’è una nuova gestione e i risultati portano entusiasmo e passione. Credo che questa categoria sarà solo una breve parentesi». Uno sguardo al passato. Di quale dei tanti derby a cui ha assistito le è rimasto il ricordo più vivo? «Una volta, con allenatore Somma, ho potuto stare in panchina all’Euganeo e mi sentivo a casa mia».

«Finì in parità; penso pure a una nostra vittoria a Padova nel 2012 grazie a un gol di Marchi, ma fu un furto, con i biancoscudati guidati da Calori che sprecarono tante occasioni. Nella vostra città sono stato invitato per festeggiare la promozione in serie A e il centenario». Non manca un’analisi tecnica che riporta al presente: «Personalmente, volendo bene a entrambe, spererei in un pareggio che per la Triestina (penultima in classifica a quota 2, ndr) sarebbe una boccata di ossigeno importante per risollevarsi. La retrocessione sarebbe un dramma». E la testa cosa dice? «Penso che il Padova sia tante spanne sopra. Occhio però che qui c’è appena stato un cambio in panchina che potrebbe dare una solida scossa, anche se il precedente tecnico (Lotti, ndr) era una brava persona che si è trovato in una realtà non sua».  A dimostrare il suo forte legame con le due piazze, a fine intervista Tito Rocco, dà quasi per certa quella che all’inizio sembrava solo una semplice possibilità: «Ci sto pensando, domenica potrei venire allo stadio Euganeo, sarebbe davvero una bella gita».




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