Cittadella-Padova, Marchetti: “Il derby più bello? Il prossimo! E sabato i Biancoscudati…”

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È un “ex” pure lui. Eccome se lo è! Nelle giovanili biancoscudate mosse i primi passi da calciatore vincendo anche uno scudetto, debuttò in prima squadra nella stagione ’81-82 (5 presenze e un gol), per poi tornarci nell’annata ’85-86 (28 gare condite da 3 reti). Il fontanivese Stefano Marchetti, oggi direttore generale del Cittadella, per indole preferisce pensare al futuro piuttosto che soffermarsi su quanto è stato, ma se gli si chiede quali ricordi riaffiorino pensando al Padova, cita subito due nomi: «Il primo è quello di Vittorio Scantamburlo, che mi ha allenato negli anni del settore giovanile. La sua umanità e la sua umiltà sono un esempio: è una persona che ha dato tanto al nostro calcio e che resterà nella sua storia. Se penso, invece, all’esperienza in prima squadra, non posso non citare Bruno Giorgi, un grande tecnico e un grande uomo». È curioso che a ricoprire il ruolo di ds nel Padova sia invece uno come Fabrizio De Poli, cresciuto calcisticamente sotto le Mura. «Non giudico mai il lavoro degli altri. Però De Poli è un direttore sportivo esperto, da tanti anni nel mondo del calcio. Uno che sa fare il suo lavoro». E del Padova che De Poli ha costruito cosa dice? «Che sin qui ha fatto molto bene, tranne contro il Sudtirol. Ma proprio quella sconfitta regalerà alla sua squadra una determinazione ancora maggiore. Sono sicuro che il Padova non sbaglierà l’approccio alla partita, sabato sera. Per questo dovremo essere ancora più concentrati e riversare in campo ancora più rabbia». Teme un rilassamento dei suoi uomini dopo il colpaccio di Pavia? «Nel calcio nessuno ha la palla di vetro. Dico solo che questa partita va preparata a livello psicologico prima ancora che lavorando in campo».

Nelle file del Citta sarà sicuramente assente Jallow, squalificato, uno che ha dimostrato di saper “spaccare le partite”. Quanto peserà quest’assenza? «Jallow, fatte le debite proporzioni, mi ricorda Gervinho, per ruolo e movenze. È un buon ragazzo e a Pavia, dopo il cartellino rosso, si è reso subito conto di aver commesso un’ingenuità. Se foste entrati in spogliatoio, avreste visto tutti che festeggiavano e lui abbattuto come se l’avessero ucciso. Ciò detto, ha fatto molto bene sin qui, ma non credo che nessun singolo possa influire così tanto negli sviluppi del gioco da essere determinante». La rinuncia all’esterno gambiano si compensa con quella di Neto Pereira, che potrebbe non recuperare in tempo nel Padova. «In partite come queste mi farebbe piacere che entrambe le squadre fossero al completo, perché il derby dev’essere una festa, da affrontare al meglio. Sono queste le gare che rendono bello il calcio, perché hanno pathos e portano allo stadio tante persone». Torniamo ai ricordi: meglio lo spregiudicato Cittadella di Glerean promosso in serie B nel 2000 o quello che tornò fra i cadetti con Foscarini nel 2008? «Non ha senso fare confronti di questo tipo. Le vittorie restano impresse nella memoria ma non credo che le sette stagioni consecutive trascorse in Serie B e certi rush straordinari che ci hanno portato a conquistare la salvezza abbiano regalato ai tifosi meno emozioni di quelle promozioni». Qual è stato il derby più bello fra quelli che ha vissuto? «Risposta secca: il prossimo. Il derby più importante è quello che viene».




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