Alla scoperta della favola-Campodarsego, tra rituali e scaramanzie. E un sindaco-tifoso…

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Meno di 15.000 abitanti (14.800 secondo le ultime statistiche), comprese le frazioni di Bronzola, Fiumicello, Reschigliano e Sant’Andrea, contro i quasi 270.000 di Mestre e Venezia messe assieme (due/terzi vivono in terraferma, un terzo in laguna). Quarantun anni di storia calcistica – 1974 la data di fondazione del club – contro i 108 della società arancioneroverde, il cui passato è carico di gloria e di partecipazioni ai campionati di Serie A, B e C. Uno stadio dignitoso, appena risistemato in ossequio ai regolamenti della nuova categoria, in grado di ospitare 7-800 spettatori, contro il “vecchio” Penzo, inaugurato nel 1913, e la cui capienza attuale è di 7.450 posti. Che dire, nel variopinto mondo del pallone c’è un abisso fra Campodarsego e Venezia, in termini di cifre, storia, tradizione e strutture, eppure nel comune padovano, dislocato lungo la vecchia statale del Santo che porta a Castelfranco, questo è un momento da immortalare. Primi nel girone C di Serie D, da soli però, non più in compagnia del nobile avversario, che ha conosciuto domenica la prima sconfitta stagionale ad opera dell’Este. Il tifo tranquillo. È un lunedì di mercato, in paese, e fra la novantina di bancarelle disseminate lungo la centralissima via Roma, accanto al municipio, l’argomento calcio abbinato alla squadra in vetta alla classifica è appena appena accennato. «Qui siamo tranquilli, umili, non ci sono trombe e bandiere quando giochiamo al “Gabbiano”», spiega il sindaco Mirko Patron, 53 anni, secondo mandato, a capo di una giunta di centrodestra. «Eppure dovreste sentirli i nostri tifosi il giorno dopo le partite: discutono fra di loro, dicono ognuno la propria, ti fermano per strada perché vogliono un tuo commento. E adesso sono euforici, ovviamente, per il risultato che stiamo ottenendo». Il primo cittadino è anche il primo dei tifosi vip biancorossi. «Non me ne perdo una di gare in casa e spesso li seguo anche in trasferta», rivela. «La soddisfazione per quanto stanno facendo è enorme. Se si continua così, e i ragazzi restano con i piedi a terra, senza montarsi la testa, secondo me si può arrivare sino in fondo. Contro il Venezia, nello scontro diretto, è finita 0 a 0, ma non abbiamo affatto sfigurato. Questo per dire che siamo lassù con pieno merito, eccome!». E se fosse Lega Pro? Esauriti gli incontri con i cittadini, perché il lunedì bisogna ascoltare i problemi della gente, Patron esce dal suo ufficio per bere un caffè nella vicina pasticceria-gelateria “Bertan”. «Questo è un covo di tifosi», confida, «ma ora sono tutti via. Dovrebbe sentirli quando commentano le partite del Campodarsego: sono simpaticissimi. Qui e al bar “Lo Sfizio” è uno spasso essere testimoni delle loro discussioni. La squadra è molto seguita, ed è bellissimo». Detto da uno che se ne intende e che ricopre il ruolo di portiere nella Nazionale italiana dei sindaci («Abbiamo conquistato due titoli europei, domenica prossima sarò in campo a Brescia e non potrò andare a Tamai, purtroppo»), il rapporto calcio-popolazione è un valore aggiunto per questo comune ad una quindicina di chilometri dal capoluogo e che è considerato il più industrializzato del Padovano («A regime pieno, nel Duemila eravamo balzati agli onori delle cronache perché si offrivano 10.000 posti di lavoro, grazie al settore meccanico, con la Carraro e la Maschio capofila», è sempre Patron a parlare). Che poi gli uomini di mister Andreucci debbano arrivare a maggio davanti a tutti non lo ha scritto nessuno, ma farebbe certamente sensazione se, dopo Padova e Cittadella, in Lega Pro approdasse il Campodarsego. Ci avete pensato? «Altri 5 punti e siamo salvi», taglia corto l’amministratore pubblico, «ma devo convenire con i tanti addetti ai lavori che questo gruppo sta giocando proprio bene». Domanda inevitabile: se davvero si arrivasse a centrare la seconda promozione di fila, passando dall’Eccellenza nella terza serie professionistica, che cosa succederebbe? «È il leit motiv di questi giorni: i tifosi mi fermano e mi chiedono se costruiremo uno stadio nuovo. A parte che mancherebbero i tempi per realizzarlo, mi sembra logico rispondere che, in caso di un’eventualità del genere, dovremmo chiedere ospitalità a Padova. Fra Euganeo, il Plebiscito (quando i lavori saranno completati, ndr) e l’Appiani, la disponibilità di impianti per ospitarci non manca». Grande società. Su una cosa, girando per le vie e gli abituali luoghi di ritrovo, il pensiero della collettività è unanime: se il Campodarsego è lassù, e sogna, il merito è di una dirigenza seria, come quella che fa capo a Daniele Pagin, imprenditore solido, la cui azienda da oltre 20 anni è leader nella produzione e vendita di prefabbricati per edilizia, uffici da cantiere e case prefabbricate. «Eravamo compagni di classe», rivela ancora il sindaco, «e mi piace il modo in cui sta reagendo ad una situazione impensabile, visto che l’obiettivo d’inizio stagione era una tranquilla salvezza. Domenica, dopo il 2-1 al Levico, mi ha confidato: “Mirko, viviamo serenamente questo momento, quel che verrà… verrà”. I lavori per l’adeguamento dello stadio li ha fatti la società, sono costati 50 mila euro e noi come amministrazione comunale daremo un contributo al club. Dobbiamo rinnovare la convenzione per l’utilizzo del “Gabbiano”, ma non ci saranno problemi. Il rapporto è talmente solido che basta una parola e ci mettiamo d’accordo». L’ultima considerazione è per la “bandiera” del gruppo biancorosso, Maurizio Bedin, il capitano con un passato nel Padova: «È nato qui a Reschigliano ed è un ragazzo straordinario», conclude il primo cittadino-tifoso. «Quando gioca, è un trascinatore, quando viene sostituito e si siede in panchina diventa l’allenatore aggiunto, incita i compagni come pochi altri. Averne di esempi simili nel calcio…». La favola biancorossa è appena cominciata. Difficile prevederne la fine perché è talmente bella da sperare che duri il più a lungo possibile.

(Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel)

Daniele Pagin e Attilio Gementi, ovvero il presidente e il direttore generale. Se il Campodarsego è lassù, sopra tutti, davanti al superfavorito Venezia, è perché dietro allo straordinario gruppo di calciatori biancorossi e al loro nocchiero, Antonio Andreucci, ci sono due persone che tengono ben dritta la barra di comando. E che hanno stretto un patto di ferro quando il primo ha chiamato, due anni fa, il secondo per provare a mettere un po’ di… ordine in società. Dalla Francia, dove si trova per motivi di lavoro, il presidente ammette: «L’arrivo di Attilio è servito e gli devo fare i complimenti per come ha operato. È vero, negli anni passati ho buttato via tanti soldi, sono stati commessi degli errori, ma ora mi sono messo da parte e lascio a lui e agli altri il compito di lavorare come si deve. Così è giusto, devo essere il presidente e basta!». Dove volete arrivare? «Non facciamo nulla per nasconderci. E non mi spaventa neppure l’idea di poter vincere il campionato. Dobbiamo continuare su questa strada, rendendo la vita difficile alla “corazzata” veneziana. Sarebbe un risultato straordinario, ma già adesso, a constatare che il Campodarsego è sopra Venezia e Belluno, viene spontaneo porsi delle domande…». Nel caso di successo finale, lo sbocco logico per lo stadio sarebbe Padova, giusto? «Beh, non vedo alternative». Scaramanzie particolari? «Ce ne sarebbero una montagna da rivelare. Ne racconto solo una. Ad Andreucci dico sempre prima della partita: “Mister, con questo atteggiamento qui oggi prendiamo dieci palloni…”. E lui ribatte: “Che carattere, presidente!” (il resto viene taciuto, ma si fanno grosse risate entrambi, ndr)». Da Pagin a Gementi il passo è breve. A 47 anni, dopo aver chiuso con il calcio giocato a 37, il “direttore” è alla sua terza esperienza dietro una scrivania, dopo i tre anni alla Pertichese e i quattro al San Paolo. I due in biancorosso sono coincisi con una promozione (dall’Eccellenza in Serie D) e con il primato attuale. Nessuna cifra ufficiale, ma la gestione della squadra, staff tecnico compreso, non supera i 250 mila euro. Altro che l’investimento milionario di Tacopina in laguna! «È stato fondamentale aver giocato», racconta il d.g. «Oggi i giocatori vengono tutti dal sottoscritto, parlano con me e non si rivolgono a nessun altro. Su questo con Daniele sono stato chiaro, sin dall’inizio: decido io sulle questioni nevralgiche. Il gruppo è eccellente, cementato dalle nostre cene del giovedì sera, a Reschigliano, dopo l’allenamento. Ho una decina di collaboratori che mi ascoltano e svolgono bene i loro compiti. Non c’è il rischio che ci montiamo la testa, umiltà e determinazione sono le nostre qualità, e i ragazzi li vedo sereni. Andreucci? Un grande professionista, tranquillo, bravo nel motivare i ragazzi e disponibilissimo anche con il settore giovanile».

(Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel)

È il copione di una favola quello che sta scrivendo il Campodarsego a suon di gol e di vittorie. Una piccola realtà di provincia approdata quest’anno per la prima volta in serie D che sta mettendo sotto scacco una potenza come il Venezia,considerata da tutti agli addetti ai lavori come la grande favorita. Ma a sovvertire ogni pronostico ci sta pensando appunto il club del presidente Daniele Pagin, in vetta alla classifica già da quattro giornate e da domenica con addirittura tre punti di vantaggio in virtù del successo con il Levico e della concomitante sconfitta dei lagunari con l’Este. Il tutto con un budget cinque volte inferiore rispetto a quello del Venezia e con una squadra che è stata completamente rinnovata dopo la promozione conquistata nella passata stagione. Dietro a questo exploit fatto di tanta professionalità e qualità sul campo, c’è anche dell’altro. E allora andando a scovare tra segreti e rituali dello spogliatoio, ecco emergere alcune chicche. Come l’appuntamento fisso del giovedì sera a tavola nell’impianto di Reschigliano: una cena che vede protagonista tutto il pianeta biancorosso e con “chef” d’eccezione come i vice presidenti Mario Saretta e Adriano Maschio, affiancati da Luigina che è la sorella del presidente Pagin, nonché moglie di Saretta. Restando in tema culinario, altro rituale è il “terzo tempo” che va in scena al termine delle gare casalinghe e al quale sono invitati gli avversari di turno. Ma non finisce qui. Immancabile domenica mattina la colazione fatta insieme dal presidente Pagin e dal direttore generale Attilio Gementi al “Pan Rey” di Reschigliano: cappuccino per il patron, macchiatone e brioche per il diggì. Ed entrambi il giorno della gara sfoderano anche gli stessi indumenti: jeans, camicia bianca e scarpe nere sono d’obbligo. Senza dimenticare che in occasione del pranzo pre-partita il menù è fisso per giocatori e dirigenti: pasta in bianco e prosciutto. In occasione delle trasferte, poi, tutti in pullman con posti assegnati: Gementi e il tecnico Antonio Andreucci nei due sedili dietro all’autista, e Pagin al loro fianco nella fila vicina. Qualche altra curiosità la racconta proprio Pagin. «Do sempre il cinque a tutti i ragazzi quando rientrano in spogliatoio dopo il riscaldamento prima della partita, mentre al termine della gara chiamo sempre gli stessi amici. E sabato notte dormo poco, ma sono meno teso dell’anno scorso». Anche Andreucci svela un retroscena. «Quando saliamo in pullman per andare a giocare il vice presidente Maschio offre un cioccolatino a me e a Gementi, e il direttore mi fa sempre la stessa domanda da ormai due anni: “anche oggi hai sbagliato formazione?”. Se non me la dice lo vado a cercare perché è una battuta che mi mancherebbe, speriamo di sbagliare spesso se continuiamo a ottenere questi risultati». Proprio alla luce dei risultati, il sogno si chiama Lega Pro. «Se saremo in questa posizione anche ad aprile, allora ci faremo un pensierino – afferma Gementi -. Ma anche arrivare secondi vorrebbe dire fare l’anno prossimo la Tim Cup. Abbiamo tanta voglia di continuare a fare bene senza toccare di un euro il budget iniziale. A dicembre c’è la finestra di mercato: se qualche ragazzo che gioca poco chiederà di andare via, lo rimpiazzeremo. Al contrario la rosa resta questa». Il presidente Pagin. «Se continuiamo a giocare così non ce ne è per nessuno. Il gruppo è compatto, Andreucci è un mago e un pensierino alla Lega Pro si può anche fare». Domenica sera dopo la vittoria con il Levico, Pagin ha raggiunto per motivi di lavoro Lione in Francia, trovando un clima surreale dopo i recenti attentati terroristici a Parigi. «Sono arrivato alle 23 e c’era il coprifuoco, tutti i locali erano chiusi. Mai vista una cosa simile».

(Fonte: Gazzettino, Pierpaolo Spettoli)




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