Live 24! Padova-Bassano, -6: lunedì di riposo per i Biancoscudati, si ricaricano le pile

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Ore 21.20 – (Gazzetta di Reggio) «Per dare un futuro alla Reggiana basterebbe un piccolo sforzo da parte di alcuni grandi imprenditori della nostra provincia. Se penso ad alcuni nomi reggiani credo sarebbe uno sforzo di poco conto per loro». L’imprenditore Nunzio Annovi, entrato a novembre nel pool granata anche per l’amicizia nei confronti del presidente Stefano Compagni e del suo socio d’affari Gianfranco Medici, ribadisce quello che è da sempre un vero e proprio cruccio dei tifosi granata. Compagni e Medici non bastano? «Compagni e Medici stanno facendo benissimo. Si stanno svenando. Hanno ripianato i debiti, con l’aiuto anche degli sponsor, e per quest’anno siamo a posto. Per il futuro serve l’aiuto anche di altre persone. Questa la mia opinione personale». Anche perché Pietro Vavassori non entra più… «Il mio parere personale è che sia meglio così. Mi piace una Reggiana dei reggiani. Entreranno a breve altri due soci, come è stato detto. Credo che alla fine si riuscirà a vendere un altro 20% di quote societarie». Manca il grande nome, ma sono tanti gli imprenditori che stanno dando fiducia a questo nuovo corso… «Perché abbiamo a che fare con persone serie, che danno fiducia, non ho dubbi in proposito». La Reggiana con l’Albinolegge è tornata finalmente a vincere. «Finalmente ci siamo un po’ sbloccati. Ne avevamo bisogno. Comunque già dal secondo tempo con il Cittadella stavamo giocando bene. Credo che all’ambiente abbia fatto bene quello che ha detto il presidente dopo la sconfitta con il Pordenone: che decide lui e ha fiducia in un bravo allenatore come Colombo». Che obiettivi ha la Reggiana in questa stagione, secondo lei? «Siamo un po’ leggerini in avanti. Credo che sul mercato prenderanno un paio di elementi. Poi si può puntare non dico alla promozione, ma ai playoff». Parla quasi da socio, non starà per entrare lei… «No, no, io sono solo uno sponsor»

Ore 21.00 – (Gazzetta di Reggio) «La stagione è ancora così lunga. Dobbiamo vivere alla giornata, i cavalli vincenti si vedono alla fine». Così Vasile Mogos, uno dei migliori nella gara di Bergamo, soprattutto per il bell’assist che ha servito a Siega per il vantaggio contro l’Albinoleffe. «Nello scorso campionato, nel girone di andata, venni qui in maglia Lumezzane e vincemmo grazie al mio gol. Ma mi sarei potuto ripetere anche stavolta dopo pochi minuti». Invece da due passi ha sparato su Amadori in uscita. «Mi assumo la responsabilità di aver sbagliato qualcosa che non si poteva e non si doveva sbagliare. In effetti poi abbiamo avuto infinite possibilità di chiuderla ma non siamo riusciti a raddoppiare. L’importante, anche per me, è lo sblocco a livello mentale: nelle ultime partite, onestamente, anche in presenza di una condizione fisica ottimale era mancata un po’ la testa. Contro l’AlbinoLeffe, tutto sommato, abbiamo ricevuto un segnale anche dagli episodi: ci sono girati bene, a differenza del match contro il Pavia. Una traversa in meno e una rete in più e saremmo ancora più in alto…». Mogos risponde così a chi ha sottolineato i problemi della squadra sulle fasce. «Conosciamo meglio di chiunque le nostre potenzialità. Sappiamo che sulle fasce siamo forti e possiamo fare male: contro i bergamaschi dovevamo giocare molto sui loro punti deboli ma non solo, e nel secondo tempo c’è riuscito un po’ meno». La chiave della vittoria, dunque, è stata una prima frazione decisamente dominata: «Li abbiamo nettamente sorpresi schiacciandoli per una buona mezzora, peccato per le chances non concretizzate. Considerando come ci stava andando in quest’ultimo periodo, possiamo dirci contenti», sottolinea Mogos. E la classifica, che adesso è tornata a farsi interessante? «Non sono uno che la guarda e invito anche gli altri a fare lo stesso. Non mi stancherò mai di ripeterlo: lo sappiamo solo noi dove dobbiamo e possiamo arrivare. Si vive giornata dopo giornata, possibilmente senza farci distrarre da voci e polemiche».

Ore 20.40 – (Gazzetta di Reggio) Se fino a Cittadella l’emergenza della Reggiana era in difesa, e in parte sulle fasce, ora da più parti si lamenta la scarsa vena realizzativa della squadra di Colombo. Ne abbiamo parlato con il dg Raffaele Ferrara, a meno di tre settimane dall’apertura del mercato. Direttore, attacco leggerino? «In questo periodo facciamo fatica a buttarla dentro. Ma in queste valutazioni ci vuole equilibrio. Abbiamo preso due giocatori come Arma e Nolè che l’anno scorso sono andati in doppia cifra, mentre Pesenti ci era andato due stagioni fa. Nolè è stato condizionato dall’infortunio e Arma non è brillantissimo in questo momento, ma ha dato molto». Dunque al momento l’attacco non è la vostra priorità di mercato? «Non bisogna ragionare dopo una partita. E’ meglio fare ogni ragionamento a pallone fermo, dopo l’Alessandria e guardando la classifica. La prima cosa da capire è con che modulo vorremo giocare. Con i cinque centrocampisti è un conto, se invece si gioca con il 4-3-3 o il 4-4-2 è un altro». Ma gli interventi saranno fatti sul mercato? «Sicuramente, e quest’anno visto che il campionato riprende il 10 gennaio, ci muoveremo subito, già dal 2. Perché non possiamo permetterci di perdere tempo». L’ex granata D’Alessandro, che voleva tornare alla Reggiana, ha segnato dopo pochi secondi nella sua prima partita con la Pro Patria… «Non possiamo comprare tutti quelli che fanno un gol in una partita (ride, ndr), il presidente non sarebbe d’accordo»: A Bergamo la Reggiana è tornata alla vittoria con l’Albinoleffe. «Finalmente. Era ora. Nel primo tempo potevamo chiudere la partita. Nel secondo ci siamo fatti schiacciare un po’ troppo. Comunque l’importante era fare questi tre punti, che alla fine credo siano anche meritati». Colombo si è detto preoccupato per il secondo tempo. «Questa settimana non è stata semplice. Quando non vinci non sei libero mentalmente. Sentivano la pressione di dover vincere a tutti i costi. Adesso avranno la mente più leggera». Domenica big match contro la corazzata Alessandria. Che partita sarà? «Ce la giochiamo. Ha visto il Cittadella che ha perso in casa con il Feralpisalò? Nessuna partita è scontata».

Ore 20.20 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Due secondi di apnea, poi un’autentica esplosione di gioia hanno accompagnato il cross di Cosner, il colpo di testa di Filippini e il pallone che si infilava nella rete del Cuneo. Il popolo neroverde ha visto tutto dal vivo nel salone del Centro De Marchi, sul maxischermo messo a disposizione dal Pordenone. Il video dell’«esplosione» è stato postato da Marco Michelin su www.pordenonecalcio.com. Un’impresona. Entusiasmo testimoniato via web dai fan. «Grandissimo gruppo, grande vittoria – inneggia Sandro Pizzolato -. Grazie ragazzi». Giovanni Pasini sottolinea: «Grosso assist del ramarrone Cosner». Sergio Pilotto rivendica la presenza: «Io c’ero!». Pragmatico Sergio Canzian: «Finalmente vincere senza giocare meglio, senza mezza squadra, su un campo di patate e con un arbitro non all’altezza». Francesca Corai confessa la sua ammirazione: «Filippini eccezionale, grande squadra». Tuttolegapro.com commenta così il successo: «Grazie al colpo di testa di Filippini a 10’ dal termine, il Pordenone espugna Cuneo. Vittoria sofferta, per i ramarri, privi di ben 8 uomini in una gara equilibrata, decisa dagli episodi». Poi il sito della Terza serie sposta l’attenzione su Martignago, all’esordio. «È vero – si afferma sul sito – che non trova la via del gol e che quando i ramarri segnano lui non c’era più (sostituito). Però incarna lo spirito di Tedino: tanta grinta e pochi fronzoli, sempre al servizio della squadra. Smista numerosi palloni, vincendo tutti i contrasti aerei».

Ore 20.00 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Viva i giovani. Certo, ma quando devi tirare via la castagna dal fuoco, di norma la manina è sempre quella di chi sa come toglierla, di chi l’ha già fatto decine di volte ed è pronto a farlo di nuovo. Ne sa qualcosa Bruno Tedino, che nelle ultime tre settimane di grande difficoltà d’organico si è affidato a uno come Alberto Filippini, classe ’87. Nelle sue 10 stagioni da professionista ha collezionato 180 presenze (8 con il Pordenone), impreziosite da 28 gol (4 con i ramarri). «Alberto – ha sorriso il tecnico sabato a Cuneo, al termine della gara decisa proprio da Filippini – è il nostro Totti, mix di talento, genio e qualità tecniche». RE MAURO PENITENTE – Gongola ovviamente anche Mauro Lovisa, che fa pure penitenza. «Pensavo – ridacchia re Mauro – che Alberto fosse venuto a fare il prepensionato. È stata – confessa – una di quelle operazioni di mercato che non mi avevano entusiasmato. Sono felice di ricredermi. In questo ultimo mese è stato fondamentale. Ha dimostrato di essere ancora importante e determinante. Altra conferma di un campagna fatta quest’anno con criterio». SABATO DI FESTA – Non ha difficoltà, il presidente neroverde, a etichettare il blitz di Cuneo (1-0) come il risultato più importante di questa prima metà della stagione. «Sì – annuisce -. perché ottenuto in situazione di forte emergenza, con tanti assenti e dopo due sconfitte. Delle quali, per altro, una sola meritata: quella con il Cittadella. Un’altra battuta d’arresto – spiega Lovisa – avrebbe potuto avere qualche conseguenza a livello psicologico. Invece i ragazzi hanno ottenuto un grande risultato con caparbietà e intelligenza. È una vittoria di gruppo, la conferma che il confine fra titolari e seconde linee è sottilissimo». SENZA PAURA – Sabato al Bottecchia arriverà un Pavia che non vince dal primo novembre (2-0 al Padova), che ha fatto solo 4 punti in 6 gare e che probabilmente rimpiange De Cenco, dato in prestito al Pordenone. «Proprio per questo – ammonisce il presidente neroverde – sarà un avversario ancora più temibile». MERCATINO – Manca poco alla riapertura delle liste di trasferimento. Come si comporterà il Pordenone? «Io non vorrei – premette Lovisa – parlare già di mercato. Arrivano però canti di sirene da club di serie B per Caio De Cenco. Lo sta seguendo da un paio di mesi anche l’Empoli. Noi – assicura – non mandiamo via nessuno. Ugualmente però non tratteniamo nessuno contro la sua volontà. Se Caio è contento di stare qui siamo contenti anche noi. Se vuole andare via non lo fermeremo. In tal caso però – garantisce il presidente – prenderemo un altro attaccante di peso come lui. Non indeboliremo il Pordenone. Anzi: senza fare pazzie, eventualmentre, lo rinforzeremo. È possibile solo che alcuni giovani richiesti da società di serie D come Savio e Pavan possano essere mandati in prestito, a fare esperienza». E martedì alle 17.30 al De Marchi arriverà in visita il vescovo Giuseppe Pellegrini.

Ore 19.40 – (Messaggero Veneto) C’era il sospetto che le due sconfitte con FeralpiSalò e Cittadella fossero semplici incidenti di percorso. La trasferta di Cuneo ha l’dimostrato. Il Pordenone ha infatti ripreso a vincere: l’1-0 ottenuto in Piemonte ha tolto ogni perplessità e risistemato la squadra a centro classifica, sufficientemente lontana dai play-out (6 punti di vantaggio) e abbastanza vicina ai play-off (5 lunghezze di distacco). Ma, soprattutto, la trasferta di Cuneo ha evidenziato una grande organizzazione di gioco, di solidità e di gruppo: mancavano 9 elementi, di cui quattro titolari. I neroverdi sono pronti ora per chiudere al meglio il 2015 col Pavia, ospite sabato prossimo al Bottecchia. Con la speranza però di recuperare qualche effettivo. D’acciaio. Era lunga la lista degli assenti sabato: out qualche riserva (Pavan, Gulin, Talin, Savio) ma soprattutto cinque giocatori importanti, come Mandorlini, Marchi, Berardi, il capocannoniere De Cenco e il suo sostituto, Strizzolo, fermatosi nella rifinitura di venerdì. Out i due centravanti, sostituiti dal “falso nove” Filippini. Era difficile, oggettivamente, sperare di fare punti a Cuneo, sul campo di una squadra reduce da 7 vittorie nelle precedenti 9 gare. Il Pordenone ci è riuscito. Ha impostato una gara di intelligenza assoluta: ha rischiato poco all’inizio, limitando al massimo le sfuriate dei biancorossi e provando a ripartire. Nella ripresa, dopo aver gestito l’ottimo avvio locale, ha cercato di vincere e alla fine ce l’ha fatta. Un successo figlio di grande carattere e di organizzazione – qualità, quest’ultima, che ti fa vedere la luce nei momenti di difficoltà – e arrivata grazie al gol di Filippini, ormai “re” della squadra. Per il fantasista è il quarto centro nelle ultime, altrettante partite. Da oggetto misterioso si è trasformato in giocatore indispensabile: Tedino l’ha definito “il nostro Totti” e ha ragione, vista la capacità che ha di unire la qualità in fase di rifinitura e la bravura in quella di finalizzazione. Da recuperare. Oggi il Pordenone riprende a lavorare e Tedino si auspica di recuperare qualche giocatore in vista del match col Pavia. Di sicuro rientra a regime Finocchio, già in panchina a Cuneo. Molto probabilmente lavoreranno con i compagni e saranno convocabili per sabato Mandorlini, De Cenco e Strizzolo. I loro rientri sono molto importanti: è vero che, questa squadra, ha alternative e una precisa identità di gioco, ma è al contempo vero che non si può sperare di fare sempre risultati in situazione di emergenza, anzi. Recuperare qualche effettivo per vincere l’ultima partita del 2015, di fronte al proprio pubblico: il successo manca dalla magica sera di fine ottobre col Bassano. Concedere il bis metterebbe la ciliegina sulla torta a un girone d’andata sinora di altissimo livello.

Ore 19.20 – (La Provincia Pavese) Il ritorno in Italia del presidente Zhu è stata anche l’occasione a livello societario per un faccia a faccia dirigenziale per programmare gli interventi del mercato di gennaio. Nonostante i molti persi in queste settimane i rumors parlano di un Pavia pronto a tornare pesantemente sul mercato per inseguire l’obiettivo serie B da sempre dichiarato da Zhu. Ecco allora che il nuovo consulente di mercato Antonino Imborgia è già al lavoro per sondare e aprire trattative da chiudere a gennaio. Tutti i reparti dovrebbero essere interessati da interventi importanti per far fare un salto di qualità alla squadra azzurra. Imborgia avrebbe visionato nelle scorse settimane il Como nel quale milita un difensore che ha avuto lo scorso anno al Varese: Martino Borghese, 28enne calciatore svizzero naturalizzato italiano. Siccome si guarda anche al settore attaccanti nei molti nomi che circolano, più o meno confermati, sempre in casa Como piacerebbe al Pavia anche Osarimen Ebagua, centravanti di esperienza in serie B che non sta trovando continuità in casa lariana, ma che ha qualche problema fisico. Altro oggetto del desiderio di via Alzaia sarebbe il novarese Felice Evacuo, anche lui non titolare in terra piemontese, ma che comunque ha molti ammiratori in Lega Pro e non solo. Anche in terra piemontese si parla insistentemente di un forte interessamento del Pavia. Tra l’altro il Novara è pronto a inserire un altro attaccante in rosa a gennaio ed Evacuo, già riserva, sarebbe ulteriormente chiuso. Pesa, però, un contratto che viene dato superiore ai 200mila euro. Se in casa Pavia in attacco ci sarà sicuramente altrettanto si parla di partenze. Stefano Del Sante scalpita per giocare, ma non ha trovato molto spazio in questo girone d’andata. Le voci lo darebbero di ritorno nel girone C di Lega Pro, tra le possibili pretendenti Lecce e Matera. Un regista a centrocampo, un uomo d’ordine è un’altra delle priorità del Pavia nel mercato di gennaio. Tra i nomi che circolano c’è quello di Alessandro Budel, 34enne centrocampista attualmente in forza al Brescia, anche se tecnicamente è fuori rosa dopo che in estate ha rifiutato offerte di trasferimento. Budel è a gennaio potrebbe muoversi anche se ha un ingaggio importante. Potrebbe essere lui l’eventuale sostituito di Giovanni La Camera, che non rientra più nei piani societari di via Alzaia e messo in disparte alla vigilia della trasferta di Reggio Emilia. Su di lui ci sarebbero gli occhi di Ascoli, Catania e Juve Stabia. Oltre ad arrivi sicuramente dovranno esserci anche partenze nella rosa attuale del Pavia. Andrea Cristini, lo scorso anno protagonista di un buon campionato, non ha avuto la possibilità di ripetersi. Denny Cardin avrebbe già un accordo con la Pro Piacenza. Ha risolto il contratto con il Pavia Alessandro Angelotti, che aveva fatto ricorso al collegio arbitrale contro il club.

Ore 19.00 – (La Provincia Pavese) Prima della partita di sabato il presidente Xiadong Zhu ha voluto parlare alla squadra. In spogliatoio ha usato parole di ottimismo. Sul suo Pavia, sulla società, sull’impegno economico nel mondo calcistico italiano. Parole non scontate, che – spiega uno dei presenti – aveva come obiettivo immediato di caricare la squadra che da lì a poco sarebbe scesa in campo contro il Lumezzane, una formazione certamente non di prima fascia nella Lega Pro di quest’anno. In tribuna d’onore Zhu è rimasto seduto poco. Poi si è alzato in piedi e ha seguito tutto il tempo in piedi. Tra il primo e il secondo tempo ha parlato con il sindaco Depaoli e, poi, con i giornalisti della Provincia pavese: «L’obiettivo di quest’anno è certamente quello di andare in Serie B, ma se non dovessimo cogliere l’obiettivo il nostro impegno nel Pavia non cambia. Rimarremo, facendo tesoro degli errori commessi per ritentarci eventualmente l’anno prossimo». Parole nette che zittiranno coloro che sostengono che senza Serie B, addio imprenditori cinesi. Ma non si fermano al Pavia gli investimenti dell’imprenditore cinese. Lo scorso luglio in qualità di presidente e socio italiano della China Investment, Zhu aveva presentato il progetto “I giardini d’inverno”, un intervento urbanistico da 100 milioni di euro per una superficie totale di 13mila metri quadrati di appartamenti che si affacceranno su via Melchiorre Gioia (in società con il sottosegretario della Regione Lombardia Maurizio Del Tenno). Sabato al Fortunati Zhu ha voluto confermare anche quell’impegno. «Stiamo vendendo già gli appartamenti – racconta Zhu – E a febbraio partirà il cantiere per la costruzione». E il nuovo stadio di Pavia ? «Stiamo affrontando i problemi burocratici per portare avanti il progetto – risponde il presidente del club azzurro – Ma anche qui si va avanti e rimaniamo dell’idea di costruirlo». La partita non è piaciuta a Zhu, che invece che andare a cena sabato è dovuto restare allo stadio per le prime valutazioni che hanno portato all’esonero di mister Marcolini. Ieri mattina altre riunioni e la decisione (ancora segreta) sul nuovo allenatore. Ma di mercato aveva già parlato: «Sicuramente con i nostri consulenti tecnici faremo valutazioni e cercheremo di intervenire a gennaio», ha detto il patron azzurro. Che ieri sera è risalito sull’aereo per rientrare in Cina.

Ore 18.40 – (La Provincia Pavese) I candidati a prendere il posto di Michele Marcolini sono tanti, ma per sapere chi sarà davvero a sedersi sulla panchina azzurra (per ora affidata al tecnico della Berretti, Stefano Rossini) bisognerà aspettare ancora. Il primo nome è quello di Leonardo Menichini, tuttora sotto contratto con la Salernitana, che ha portato l’anno scorso alla promozione in B, venendo però esonerato a fine campionato. Altro nome caldo è quello di Fabio Brini, promosso in B due volte alla guida dell’Ancona, una con la Salernitana e poi con il Carpi nel 2013. L’anno dopo porta il Benevento ai play off per la B, perdendo in semifinale, e poi ancora i giallorossi campani al secondo posto nella stagione scorsa, anche se il 19 aprile il club lo esonera. Al Fortunati è stato avvistato un paio di volte Luca Prina, per quasi quattro stagioni tecnico della Virtus Entella: con i liguri ha conquistato nel 2014 una storica promozione in B dopo averla sfiorata l’anno precedente ai play off. Dall’Entella è stato poi esonerato nell’aprile scorso con la squadra nelle ultime posizioni di classifica nella serie cadetta. Un contatto c’è stato qualche settimana fa con Giuseppe «Nanu» Galderisi, ultimo incarico l’anno scorso con la Lucchese e in precedenza con alterne fortune ad Avellino, Foggia, Pescara, Arezzo, Benevento, Triestina e Salernitana. E a proposito di contatti, pare che ce ne sia stato anche uno, risalente a un po’ di tempo fa, con Benny Carbone, che aveva iniziato la carriera di allenatore proprio a Pavia nel 2011 dopo aver smesso quella di calciatore proprio in maglia azzurra. Carbone aveva guidato il Pavia nelle ultime giornatre, subentrando a Gianluca Andrissi, ma i play out furono evitati solo grazie alla penalizzazione del Ravenna. Poi l’ex capitano azzurro ebbe subito la grande opportunità con la chiamata del Varese, in B, ma l’esperienza durò poco per l’esonero dopo appena sette gare di campionato. Poi due panchine in D al Saint Cristophe e l’anno scorso alla Pro Sesto. Tra i papabili figura anche Dino Pagliari, che nel 2006-2007 condusse il Ravenna alla promozione in serie B. Poi Virtus Lanciano e Pisa, che subentrando a marzo del 2013 porta ai play off per la B con un filotto di sei vittorie (perderà in finale con il Latina). Ultimo incarico a inizio d’anno a Lecce, durato però solo un mese. E ancora, nella girandola di nomi c’è anche quello di Francesco Moriero, che dopo aver tolto gli scarpini ha intrapreso la carriera da allenatore, con diversi stop dovuti a esoneri. Alessandro Calori, altro nome accostato in queste ore al Pavia, ha al suo attivo la promozione in B nel 2010 con il Portogruaro. In B è rimasto poi con Padova, Novara e Brescia, dal quale è stato esonerato a maggio dopo la retrocessione. L’ultimo tecnico che potrebbe approdare in azzurro è Andrea Camplone, artefice del ritorno del Perugia in B nel 2014 (dopo averla sfiorata già l’anno prima), ma esonerato dal club umbro a giugno dopo la sconfitta ai play off per la A.

Ore 18.20 – (La Provincia Pavese) Il comunicato con l’annuncio dell’esonero di Michele Marcolini e dei suoi collaboratori (l’allenatore in seconda Davide Mandelli e il preparatore Roberto Zigiotti) è arrivato ieri pomeriggio alle 14.30, accompagnato dai rituali ringraziamenti («per la professionalità dimostrata e l’impegno profuso, augura loro i migliori successi per il futuro»). Un epilogo scontato dopo la sconfitta 0-2 con il Lumezzane, condita dalla contestazione aperta dei tifosi e dalle parole taglienti del dg Bignotti contro la squadra. Ma che era nell’aria già da alcune settimane, al di là delle altrettanto rituali affermazioni della società sulla conferma della fiducia nei confronti del tecnico savonese dopo la sconfitta contro l’Alessandria, appena tre settimane fa («Siamo assolutamente contenti del nostro allenatore – le parole di Bignotti il 24 novembre – siamo anche rammaricati da voci secondo noi studiate ad hoc per creare malumori. Ma non ci facciamo toccare da chi dice e scrive minchiate»). Si sapeva in realtà che Marcolini era in discussione da tempo e alla prima occasione è successo quello che sempre accade quando le cose non vanno: via l’allenatore (è la ventunesima panchina che salta finora in Lega Pro). Al di là degli ultimi risultati (il pareggio col Mantova e quello di Reggio, prima del ko interno di sabato), veniva imputato al tecnico e alla squadra un rendimento inferiore alle attese e alle pretese della società. Anche in questo caso, però, formalmente la squadra è stata sempre difesa salvo poi venire massacrata da Bignotti sabato sera in sala stampa dopo il tonfo con il Lumezzane («Spero che a gennaio se ne vadano in venti di giocatori – ha detto il dg – perché con questi stipendi è vergognoso che il Pavia faccia partite del genere. Sono schifato da quello che ho visto, siamo stati obbrobriosi. Una squadra imbarazzante che viene strapagata, ma adesso bisogna essere uomini prima che calciatori, perché vi garantisco che qui di calciatori ce ne sono pochi»). Da parte dei tifosi il fronte anti-Marcolini era cresciuto progressivamente, nonostante che la squadra fosse comunque seconda fino a qualche settimana fa. Si vocifera anche di una frattura tra squadre tecnico, ma sono tante le domande che attendono ancora risposta, come la messa fuori rosa di La Camera (e prima di Cardin e Angelotti) sulla quale ancora sabato la società non ha voluto fornire spiegazione. D’altronde a cinque mesi di distanza il club non ha ancora chiarito il motivo dell’allontanamento del dg e ds Massimo Londrosi, e poi del siluramento dell’ex legale del club Alessandro Rampulla o della retrocessione da ds in pectore a mero osservatore di Andrea Mussi.

Ore 18.00 – (Gazzetta di Mantova) Che in certe partite il fine giustifichi i mezzi lo si è capito dalle dichiarazioni di William Viali, tecnico del Pro Piacenza, accontentatosi di tenere l’Acm a distanza di cinque lunghezze. «Lasciare le cose come sono al termine dello scontro diretto per noi non è poi così male – riflette -. Abbiamo provato a vincerla ma senza fortuna. Ora, però, al quinto risultato utile positivo, posso affermare che la mia squadra ha un’identità ben precisa e di ciò sono soddisfatto. Dopo un buon inizio, abbiamo sofferto un po’, lasciando troppo spazio alla manovra mantovana. Nella ripresa, invece, abbiamo ripreso in mano il comando delle operazioni e tra le poche opportunità del confronto, le più ghiotte per sbloccare il risultato sono state le nostre. La salvezza? La auguro ad entrambe. Credo che il Mantova abbia l’organico per risalire la china, noi cercheremo di fare del nostro meglio per centrare ugualmente l’obiettivo». Gli ex di turno Francesco Bini e Davide Carrus giudicano sincero il verdetto di parità. «Sapevamo che dopo la sconfitta con l’Alessandria il Mantova sarebbe venuto per fare la partita – spiega il difensore – e nel primo tempo ci ha creato qualche grattacapo. Col passare dei minuti ha alleggerito la pressione e siamo venuti fuori noi. A dispetto della posizione di classifica ho trovato comunque un Mantova sereno. Seguo ancora con simpatia le sorti dell’Acm, spesso vengo ancora a trovare amici e avrei formato in bianco per rimanere, anche se poi le cose sono andate diversamente». «Ho visto negli avversari un complesso che non merita di lottare per la sopravvivenza – è l’opinione del centrocampista sardo -, malgrado non riesca ad esprimere per intero il proprio potenziale. La vostra è una città fantastica, che ancora ricordo con piacere nonostante l’amaro epilogo di quel torneo di B (era il 2009-10, ndr) e tutto quanto di sporco ne scaturì a posteriori».

Ore 17.40 – (Gazzetta di Mantova) In casa biancorossa, al di là del pareggio che muove la classifica dopo il tracollo interno con l’Alessandria, prevale la delusione e la consapevolezza che la gara contro la Pro Piacenza si poteva vincere: «Abbiamo lavorato tutta la settimana per preparare al meglio questo scontro diretto – dice Enzo Di Santantonio – e c’è rabbia perché l’abbiamo interpretata nel modo giusto, con un atteggiamento votato alla vittoria. Purtroppo ci è mancato solo il gol, che a mio avviso avremmo meritato». Proprio dai suoi piedi, nella ripresa, è partito un diagonale che ha attraversato tutta la porta finendo a lato malgrado un tentativo in extremis di Anastasi: «Sinceramente il mio era un tiro – ammette – ma non sono riuscito ad incrociare la palla sul secondo palo. Pazienza, guardiamo avanti e concentriamoci sulla importantissima sfida contro la Pro Patria di sabato prossimo». Anche Silvano Raggio Garibaldi non si accontenta del pareggio: «C’è parecchia delusione – dichiara – perché abbiamo creato un buon numero di occasioni in particolare nel primo tempo ma anche nella ripresa. Ci è mancato solo l’ultimo passaggio, oppure un po’ di cattiveria sotto porta, ma il successo era alla nostra portata». Non basta al centrocampista ligure la buona reazione caratteriale dopo lo 0-4 con l’Alessandria: «Su questa non avevo dubbi – prosegue – perché conosco questo gruppo, so come lavora e la voglia che ha di uscire da questa situazione. Pensiamo adesso alla partita contro la Pro Patria: c’è da vincere, certo, come tutte le altre del resto, ed abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. È un paradosso che in casa non riusciamo ad esprimerci come in trasferta ma adesso quella di sabato prossimo dovrà essere la partita della svolta».

Ore 17.20 – (Gazzetta di Mantova) La cronica questione del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto fa vedere le gare dell’Acm in modo differente. Non totalmente, ma quanto basta per non denigrarsi (i giocatori biancorossi, soddisfatti di aver almeno mosso la classifica) o, viceversa, per averne abbastanza dei propri beniamini (i tifosi, traditi dall’ennesimo possibile successo sfumato). «Non è piacevole essere contestati dopo il fischio finale – ci mette la faccia su questo tema Daniele Dalla Bona -. Capisco la frustrazione dei tifosi ma sappiano che loro vogliono esattamente ciò che desideriamo noi, vederci risollevare nel segno delle vittorie. Il gruppo è unito, l’impegno non manca mai. A livello di condizione sto crescendo, per i miei piedi passano ora molti più palloni, spero di poter festeggiare presto gol e assist. Il pari odierno ci sta un po’ stretto ed anche se non abbiamo creato molte occasioni da rete il gioco è stato quasi costantemente in nostro possesso. Era soprattutto importante dimostrare dì esserci ripresi dallo scivolone di lunedì». «Credo che nel girone di ritorno, ritrovando tutti i nostri effettivi e una miglior condizione generale, arriveranno le vittorie e il rapporto con i tifosi si ricucirà in fretta – dice la sua il bomber Francesco Ruopolo, costretto a convivere da tempo con un’infiammazione ad un ginocchio -. Loro sono fondamentali per noi, una presenza fissa al nostro fianco. L’unica via per riconquistarli è quella dei successi e l’unione sarà più forte. Oggi (ieri, ndr) non siamo riusciti a buttarla dentro per imprecisione, sfortuna o poca serenità. Ma ci sono anche cose positive come la determinazione e il carattere ed è da lì che dobbiamo ripartire».

Ore 17.00 – (Gazzetta di Mantova) Ha seguito la gara con intensità e trasporto, quasi come se fosse lui stesso a giocare, ed alla fine dalle parole del ds Alfio Pelliccioni traspare un pizzico di amarezza: «Tatticamente siamo stati meglio noi – afferma – e anche dal punto di vista della gestione della manovra credo che abbiamo fatto qualcosa di più. Purtroppo però ci è mancata un po’ di qualità al momento della conclusione ed allora bisogna dire che il pareggio è giusto». Il ds lo considera un punto di partenza per iniziare la risalita: «Nelle nostre condizioni un punto non lo si butta mai via, men che meno in trasferta, anche se ho sperato fino all’ultimo in un episodio, anche un colpo di fortuna, che ce ne regalasse tre». Lo sguardo ora si sposta inevitabilmente sul prossimo mercato: «Abbiamo già individuato dove intervenire, in particolare a centrocampo ed in attacco, ma non saranno trattative facili. Si dovranno operare degli scambi perché non si possono tesserare più di 24 giocatori». Al Garilli anche l’ex ds Giuseppe Magalini: «Se c’era una squadra che meritava la vittoria questa era il Mantova. Mi fa piacere che abbiano reagito bene alla pesante sconfitta contro di noi».

Ore 16.40 – (Gazzetta di Mantova) Assente il presidente Sandro Musso (era a Rezzato per seguire la gara della squadra di Eccellenza sponsorizzata Sdl), in panchina al Garilli c’era il patron dell’azienda bresciana Serafino Di Loreto. Un Di Loreto che non disdegna il pareggio, ma che in cuor suo sperava in un bottino più corposo per rilanciare le ambizioni biancorosse: «Dopo le 4 legnate prese con l’Alessandria abbiamo dimostrato di aver assorbito il colpo – osserva – mettendo in campo ordine e impegno. Lo 0-0 ci sta, ma se avessimo vinto nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Per questo motivo dico che il bicchiere è mezzo pieno». Anche se: «Sono stanco di vedere il bicchiere sempre a metà. Sono abituato a lavorare e lottare per l’eccellenza, non per la sufficienza. Questa è una squadra che sulla carta è da playoff ma per varie vicissitudini è in difficoltà a livello di classifica. Per dimostrare che siamo fuori dal tunnel serviva una vittoria. Steve Jobs diceva che nella vita bisogna essere affamati e un po’ folli, a volte queste due caratteristiche non emergono nel Mantova». A Pavia Di Loreto disse che l’andata doveva andare in archivio con 22 punti nel cassetto, quota che ora è irraggiungibile: «Dobbiamo svoltare a quota 20 – afferma – e poi cambiare marcia nel ritorno. La prossima partita in casa deve rappresentare la rinascita, un punto nodale per invertire la rotta. Il nostro stadio deve diventare un fortino, chi ci viene a giocare deve temerlo. Con la Pro Patria non possiamo sbagliare, in caso contrario la società e lo staff tecnico prenderanno delle decisioni». Dopo il triplice fischio la squadra si è timidamente avvicinata al settore ospiti. Qualche fischio e il coro “andate a lavorare” arrivato da un gruppo di sostenitori biancorossi: «I ragazzi hanno preferito non complicare la situazione – si limita a dire Di Loreto – evitando di andare sotto la curva». In tribuna anche Bruno Bompieri: «Se c’era una squadra che doveva vincere quella era la nostra – spiega il socio dell’Acm –, il problema è che in questo periodo non riusciamo a concretizzare molto. Oggettivamente non è stata una gara straordinaria e il punto va bene, ora però dobbiamo fare il massimo per battere la Pro Patria, altrimenti le cose si complicano».

Ore 16.20 – (Gazzetta di Mantova) Si legge tensione sul volto di mister Ivan Javorcic. Il punto ottenuto a Piacenza è positivo, ma chiaramente la situazione generale non fa sorridere nessuno. Lo spirito combattivo del tecnico croato si contrappone ad un animo pacato e proprio in questo contesto arrivano le sue considerazioni sullo 0-0 del Garilli: «La prestazione mi ha soddisfatto – analizza il mister – ma il segnale più importante è quello arrivato dallo spogliatoio. A fine partita i ragazzi erano delusi e amareggiati per il risultato, segno che vogliono di più. Sta crescendo la consapevolezza di potercela giocare con tutti, con i nostri pregi e i nostri difetti». In campo si è visto un buon Mantova soprattutto nella prima frazione. La scoppola con l’Alessandria non ha prodotto scorie: «Abbiamo fatto quello che avevamo preparato in settimana – continua Javorcic – giocando un buon calcio fatto di fluidità. Ci è mancato qualcosa negli ultimi 30 metri ma in questo momento le condizioni fisiche dei nostri attaccanti non sono le migliori. C’è stata attenzione e accortezza, va bene così». Nella ripresa l’ingresso in campo di Ungaro e Anastasi con il Mantova che è passato dal 4-3-2-1 al 4-3-1-2. Un atteggiamo più offensivo per cercare il successo: «Il messaggio era quello – conferma il tecnico biancorosso –. Chiaramente c’è stata un po’ più di sofferenza ma abbiamo aumentato la pressione. Non ho fatto dei cambi per difendere il risultato, penso sia un segnale anche questo». La classifica del Mantova resta complicata, con un divario da ricucire al più presto in ottica salvezza: «È ovvio che tre punti oggi (ieri, ndr) ci avrebbero fatto nettamente più comodo, ma dobbiamo guardare alla realtà. Io ho visto una crescita della squadra rispetto alla brutta prova con l’Alessandria. C’è stato un passo avanti». Di fronte adesso c’è una sfida che assomiglia tanto a uno spartiacque per la stagione biancorosse. Sabato al Martelli arriverà il fanalino di coda Pro Patria, squadra che dopo un avvio da dimenticare ha cominciato a fare punti. Nell’ultimo turno anche la gioia della prima vittoria ottenuta contro la Cremonese. Un avversario che pareva morto e sepolto e che invece è ancora a galla: «Se si guarda la classifica hanno fatto male fino a questo momento – conclude Javorcic – ma analizzando i numeri prendono pochissimi gol e partita dopo partita sono cresciuti. Non sarà semplice».

Ore 16.00 – (Gazzetta di Mantova) Il Mantova esce dallo scontro salvezza del “Garilli” con in tasca uno 0-0 che da un lato è positivo e dall’altro lascia l’amaro in bocca. I biancorossi, infatti, reagiscono bene allo 0-4 subìto sei giorni prima al Martelli dall’Alessandria e per larghi tratti del match mettono sotto il Pro Piacenza. Il rovescio della medaglia sta invece nella scarsa incisività offensiva, che permette di incamerare un solo punto e che quindi impedisce di migliorare una classifica sempre più preoccupante. Si comincia in uno stadio praticamente vuoto (neanche 300 spettatori in una “cattedrale” da 22mila posti) con le due squadre schierate secondo moduli e formazioni annunciate. Javorcic propone il consueto 4-3-2-1 e, rispetto all’ultimo match, rilancia Gonzi e il recuperato Ruopolo. Il Pro Piacenza risponde con un 4-3-3 in cui gli ex di turno Bini e Carrus guidano, rispettivamente, difesa e centrocampo. Com’era lecito prevedere, il Mantova parte contratto, con nella testa la mazzata casalinga dell’ultimo turno. Gli avversari però non ne approfittano, pungendo soltanto con un pallonetto alto di Alessandro e reclamando invano il rigore per un tocco di mani in area di Trainotti. Sono dieci minuti così, poi l’Acm si scuote e comincia un monologo che la vede dominare l’intera prima frazione. I biancorossi giocano con fluidità, cambiano spesso fronte d’attacco e costringono gli avversari a rincorrere la palla e a chiudersi a riccio nella loro metà campo. I corner fioccano (saranno 8 al 45’!), ma di nitide occasioni da rete se ne creano pochine. Una con Zamarini, “murato” in area e due con Ruopolo, che una volta incorna male e poi trova Fumagalli pronto al colpo di reni su un altro suo colpo di testa. Il Pro Piacenza si vede soltanto in un paio di contropiede, ma all’intervallo si va comunque sullo 0-0. Nella ripresa i padroni di casa riescono ad alzare un po’ il loro baricentro e il match si fa più equilibrato. Dopo un quarto d’ora Javorcic decide che per provare a vincere bisogna osare qualcosa in più e richiama Zammarini (17’), inserendo Ungaro. E proprio il neoentrato, dopo un tiro a botta sicura di Raggio Garibaldi ribattuto da Calandra, colpisce l’esterno della rete. Al 27’ Javorcic butta dentro anche Anastasi per Gonzi, passando al modulo 4-3-1-2. È il segnale che il Mantova vuole vincere e per farlo è disposto a prendersi i suoi rischi. Con il nuovo assetto, che pure il tecnico croato da settimane sta facendo provare ai suoi in allenamento, la squadra si allunga e apre spazi pericolosi agli avversari. Negli ultimi venti minuti, così, si va da una parte all’altra del campo con l’impressione che entrambe le squadre possano segnare da un momento all’altro. Bonato compie un paio di interventi, ma l’occasione più ghiotta per far gol capita al Mantova, quando Di Santantonio a tu per tu con Fumagalli allarga troppo il diagonale e Anastasi arriva in spaccata con un attimo di ritardo, mandando la palla sull’esterno della rete. Lo 0-0 è scritto e la prestazione non è da buttar via, ma dalla curva al Mantova arrivano insulti da parte di tifosi che non ce la fanno più ad aspettare una riscossa che sembra non arrivare mai.

Ore 15.30 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Tra i giocatori del Venezia uno dei più felici per la prestazione, se non il più felice di tutti, è Giacomo Innocenti che alla buona prestazione ha abbinato anche il gol, il primo con la maglia nero verde. «Ero alla ricerca del gol da qualche partita – spiega la punta veneziana – All’inizio abbiamo un po’ faticato, ma poi abbiamo trovato il ritmo giusto». L’arrivo di Favarin ha fatto cambiare qualcosa a questa squadra? «Il mister è uno che pretende tanto dai suoi giocatori perché sa che possiamo dare di più. Oggi si è visto che la squadra ha lottato sino al novantesimo, nonostante il risultato fosse già deciso e questo è un bel segnale in vista del futuro». Se vogliamo trovarti qualche “pecca” in questa partita è che potevi segnare anche prima… «Forse perché cerco di essere più altruista possibile. Comunque l’importante era sbloccarsi». Chi ha segnato facendosi apprezzare anche come “uomo-assist” è Matteo Serafini che elogia tutta la squadra. «Abbiamo fatto una grande prestazione – precisa l’esperto attaccante – Loro sono una squadra che corre molto ed era dura giocare in un campo difficile come questo: siamo stati bravi a sfruttare le tante occasioni che abbiamo avuto, sopratutto nella ripresa». Nel finale continuavi a rincorrere gli avversari nonostante il risultato fosse già sul 6-0: «Diciamo che i turni di squalifica mi hanno consentito di ricaricare le batterie – scherza Serafini – comunque è importante la mentalità di tutta la squadra che lotta e corre sino alla fine». Capitan Evans Soligo pensa al risultato ma anche al fatto che la squadra ha concluso in undici, senza nessuna espulsione, cosa che accadeva spesso in precedenza. «Finalmente abbiamo concluso in undici e anche questo è un bel segnale – commenta Soligo – oggi è andata bene al di là del risultato, è un bel segnale per il futuro che certifica il cambio di mentalità. Oggi la partita era stata studiata bene ed abbiamo sfruttato tutte le loro ingenuità. Ora speriamo di continuare cosi e speriamo che il Campodarsego torni ad essere una squadra normale».

Ore 15.10 – (La Nuova Venezia) «Se si vince sempre così, allora ben venga!». Se la ride Giancarlo Favarin che, dopo i sei gol rifilati al Giorgione, esalta la prova del Venezia sotto molteplici aspetti. «Innanzi tutto questo è il giusto premio al lavoro svolto in queste settimane», aggiunge, «e dopo i sacrifici fatti sono arrivati gioco, occasioni e gol, riuscendo anche ad adattarci a un campo veramente difficile. Positivo poi anche il fatto di aver terminato la partita in undici senza espulsioni inutili, con un salto di qualità evidente dopo che la squadra si era appiattita su alcune situazioni che, forse, venivano date per scontate. La prossima settimana faremo un primo bilancio al termine del girone di andata». Favarin poi osserva: «In queste tre settimane ho cercato di lavorare sulla testa dei giocatori, perché era evidente che avessero perso un po’ di autostima, e contro il Giorgione si è vista invece una squadra capace di aggredire l’avversario e con maggiore sicurezza. Peccato solo che il Campodarsego abbia vinto ancora, speravamo in un risultato diverso da Belluno. Tuttavia in tre partite abbiamo fatto sette punti, non abbiamo subìto reti e c’è stato un netto miglioramento». Entusiasta, infine, il presidente Joe Tacopina: «Un gran Venezia e una bellissima partita. Ho visto un enorme cambiamento. Così voglio vederli giocare, con la grande intensità messa in allenamento che si trasferisce poi sul campo la domenica. Senza espulsioni e con tanti gol».

Ore 14.50 – (La Nuova Venezia) Domenica di apertura delle porte, e nessuno vuol mancare di rispetto a cose serie e sacre. Ma il Venezia non è una parrocchia, e di fronte alla porta del Giorgione la butta giù a spallate. Il blitz a Castelfranco finisce con un 6-0 d’altri tempi, di quelli che non vengono fuori neanche a scavare nelle vecchie memorie. Neanche fosse Federer contro uno di noi, naturalmente a tennis. E se è vero che il Venezia fa brillare gli occhi di Joe Tacopina, è anche vero che il castigo è tanto pesante per il Giorgione. Una partita che dura 49’ e finisce nel momento in cui Evans Soligo mette in porta il pallone di 2-0. Fino a quel punto, ossia tutto il primo tempo e uno spicciolo di ripresa, netto dominio arancioneroverde ma con il vizietto di mangiarsi i gol. Dunque 1-0 all’intervallo e tutti a dire “bisogna chiuderla presto, non si sa mai…”. In realtà il Giorgione in versione prenatalizia non l’avrebbe mai riaperta, la sfida, per il semplice motivo che non ha fatto un tiro in porta. Un destro di Gusella, al 7’ finito fuori, per il resto Vicario si è scaldato solo andando ad abbracciare i compagni ad ogni gol. Per cui, via, si è mosso parecchio. Sei volte. Del secondo tempo tiro all’orso come al luna park, Venezia con passo e qualità superiore, Giorgione volonteroso e null’altro, abbastanza ingenuo nel tenere alta la linea dei difensori, decisamente sprovveduto in un pressing senza copertura e soprattutto fragile sulle linee esterne, dove il Venezia ha letteralmente fatto quello che ha voluto. Una notizia, viste le ultime partite, è anche quella che vede il Venezia finire in undici: stavolta niente espulsi, niente ammoniti, grande concentrazione e vabbè, non c’è stato niente su cui protestare. Veder Serafini che al 90’ insegue e pressa sul difensore portare di palla è un bel segnale, vuol dire spirito di sacrificio ritrovato e lezione capita. Felice e contento anche il presidente Tacopina, rientrato da New York per dare un giro di carica all’ambiente. Strette di mano, pronto a dire yes a ogni richiesta di selfie, il presidente ha un sorriso per tutti e lo fa ricompattando una tifoseria sfiancata da tante delusioni degli ultimi anni. In tribuna a Castelfranco ha preso tanti applausi quanti ne hanno presi i giocatori, e nemmeno il golletto del Campodarsego a Belluno ha rovinato la festa, anche se ha mantenuto invariata la classifica. Parliamo di gol, sei in una volta. Alla sagra comincia Innocenti, che raccoglie un pallone proveniente dalle retrovie, imita Speedy Gonzales fulminando il malcapitato Dotti e scarica un diagonale imparabile. Perdonato dell’errore di qualche minuto prima, altro pallone scaricato in velocità addosso a Bevilacqua. Raddoppio di Soligo e siamo già in modalità flipper: partecipano sei giocatori, parte finale con tre tocchi rasoterra e capitans Evans che la mette come un rigore. Poi Fontana stende Carbonaro, Serafini dal dischetto decide di accarezzare il palo interno e beffare il portiere, mentre il quarto timbro è di Gualdi, appena entrato, tempo un minuto e altro tocco da un metro dopo manovra corale. Carbonaro? Eccolo: 32’ (un minuto dopo Gualdi), assist di Serafini e tocco di precisione per la cinquina, quindi si passa al 37’ l’assist man è ancora Serafini, Carbonaro avanza di qualche metro e piazza un destro a giro con la gente che salta ancor prima che la palla entri in porta. A commentare un 6-0 bisogna anche stare attenti a non esagerare, non sarà sempre così. Ma si è vista una squadra più concreta, più disposta alla fatica, più attenta. L’aversario è stato preso sul serio e battuto su tutti i fronti, in un campionato matto se non giochi con attenzione succede che la Vecomp – guardate i risultati di ieri – va a perdere a Dro. Intanto il Campodarsego è ancora avanti e magari il Mestre può fare un favore, domenica prossima, al Venezia. Che affronterà la Triestina al Penzo. Altra partita di nostalgia canaglia.

Ore 14.30 – (Il Piccolo) Elio Roncelli sognava un commiato certamente diverso ieri al Rocco, magari coronato da almeno un punto contro la Luparense San Paolo. Ma il preparatore dei portieri trasformatosi in queste settimane in allenatore a tempo pieno, non ce l’ha fatta a realizzarlo. Ma non gli si può imputare la minima colpa per la sconfitta. Con il materiale che ha avuto a disposizione (progressivamente inferiore in qualità e quantità nel corso delle settimane) ha fatto il possibile e anche di più, grazie anche ai ragazzi che l’hanno seguito e dato sempre il massimo, non risparmiandosi mai. Alla fine, però, il suo non può che essere uno sfogo amaro: «Penso proprio sia la mia ultima partita da allenatore – dice Roncelli – perché non posso accettare determinate cose. Spero soprattutto nel bene della Triestina. E che in qualche modo la Triestina vada avanti. Quanto a me, mi piacerebbe anche restare come preparatore dei portieri se, ovviamente se chi verrà vorrà tenermi. Ma certo non si può continuare in queste condizioni. Io questo compito l’ho portato avanti davvero col cuore e in fondo abbiamo 19 punti: chi verrà non troverà la squadra in zona playout e a questo ci va dato atto, considerato il contesto. Ma il rammarico è tanto perché lavorare cosi è molto difficile, soprattutto per la testa». Nonostante le difficili condizioni e la rosa della squadra ridotta sempre di più all’osso, anche contro la Luparense Roncelli è andato vicino a un risultato positivo, prima della resa a una decina di minuti dalla fine causa il calcio di rigore: «I giocatori hanno dato il duemila per cento contro una squadra superiore tecnicamente e atleticamente – afferma Roncelli – e stavamo quasi per fare il miracolo. Abbiamo fatto di tutto per portar via un punto da questa partita, mi dispiace tantissimo non esserci riuscito. Se analizzo la partita devo constatare che dall’altra parte c’era un attaccante da cento gol, mentre noi eravamo contati e con tantissimi giovani. Almeno ho fatto debuttare qualche ragazzo». Alla fine, Roncelli traccia un bilancio complessivo di quella che è stata la sua esperienza: «La premessa è che io tengo davvero tanto alla Triestina, è la squadra della mia città e ci avrei tenuto a far ancora punti, per questo sono molto amareggiato. Ma credo di avere la coscienza a posto: abbiamo sempre tentato di giocare a calcio, di correre, di impegnarci». A parte questo, c’è però un rimpianto: «L’unico rammarico – spiega Roncelli – è che contro il Monfalcone avrei potuto essere più accorto e accontentarmi del pareggio, ma forse sono stato preso dall’ingordigia visto che li avevamo presi a pallonate e con un Godeas nel nostro attacco, quella partita si vinceva 4-0. Del resto abbiamo visto che differenza fa l’attaccante in una squadra: se contro la Luparense alla prima occasione la palla va dentro, cambia la partita. Ma se la palla non entra forse è giusto così: piuttosto che continuare a risvegliare un morto agonizzante, meglio farla finita e ripartire da zero. Auguri a chi verrà di fare bene e risollevare una situazione che fa male al cuore».

Ore 14.20 – (Il Piccolo) Cala il sipario sul Rocco. Oggi presente e futuro della Triestina si giocano nelle stanza del giudice Merluzzi. Ieri l’Unione ha giocato sul terreno amico per l’ultima volta nel 2015. Amico si fa per dire perché nel calvario dell’anno solare che va a chiudersi, che segue altri quattro anni di sofferenza, le vittorie degli alabardati si possono contare sulle dita di una mano. Normale dunque che l’ultima tappa si consumi con un altro ko. Ma quello con la Luparense (2-0 il finale) era il più prevedibile. Eppure i ragazzi di Roncelli, o quel che resta del gruppo (cioè dodici giocatori più gli juniores), hanno dato l’anima in campo. Come era già successo nelle ultime partite. Ma quando da una parte c’è una squadra che si allena poco e male visti i marosi societari, che perde i due migliori centrocampisti (Migliorini e Proia), che non ha una punta di ruolo c’è poco da fare. Anche se sull’altra sponda c’è una Luparense che naviga in basso ma ha appena lavorato sul mercato con l’arrivo in difesa di Baggio e davanti di Sottovia e soprattutto quando di fronte c’è una squadra che pensa solo al calcio e può allenarsi con regolarità. Vittoria meritata per i veneti nonostante l’impegno di Catalano e compagni. Perché nel primo tempo gli ospiti confezionano quattro palle gol, sventate in modo eccellente da Di Piero, e una traversa mentre l’Unione colpisce un palo clamoroso con Santoni e poco altro. La squadra di Roncelli con l’inedita coppia di centrocampo composta da Catalano regge abbastanza efficacemente il confronto anche perché Baggio, Santoni e Morelli si sbattono parecchio in copertura. Impalpabile invece l’apporto di Damiano Pontrelli davanti. Di Piero respinge il primo assalto di Goglio e, dopo il netto palo interno di Santoni su cross di Morelli, il portiere di casa si ripete su Sottovia (12’) e ancora su Pratico (20’). L’Unione si difende come può e cerca di ripartire ma senza mai arrivare nei pressi di Rossetto. Così la frazione si chiude con una traversa scheggiata dall’indiavolato Sottovia al 33’. Nella ripresa l’Unione cerca di spingere sfruttando qualche incursione sulla fasce di Crosato e Miani. Andjelkovic si mangia di testa una ghiotta opportunità e all’11’ la conclusione dalla distanza di Santoni non finisce di molto a lato. Di Piero si supera ancora di piede su Pratico (21’) e pochi minuti dopo Rovereto centra la traversa. L’Unione senza cambi è alle corde ma la porta del successo per la Luparense è spianata da Crosato che commette un ingenuo fallo da rigore su Rovereto: Beccaro e implacabile. Il raddoppio al 46’ di Rovereto (buon diagonale) conta poco. Conta di più, almeno per lui, l’ingresso dello junior debuttante Volk. A diciotto anni è sempre una soddisfazione. È giovane e potrà averne delle altre. Magari (difficile) con la Triestina. Ammeso che ci sia un futuro per l’alabarda.

Ore 14.10 – (Mattino di Padova) La Luparense è viva, e di certo non lo è la Triestina. La squadra di Enrico Cunico ritrova al Rocco di Trieste il dolce gusto della vittoria, troppe volte sfuggito negli ultimi tempi e che ormai mancava dal 14 ottobre (rocambolesco 4-3 a Tamai), e grazie a questi tre punti esce, per il momento, dalla zona playout seppur, a quota 20 insieme al Montebelluna, solo per questione di differenza reti. Quel che conta, però, è il risultato e a Trieste la squadra di San Martino di Lupari finalmente lo legittima dopo nove gare d’astinenza: aver pietà di una Triestina ormai allo sbando sarebbe stato del tutto fuori luogo. Dopo la prima, grande occasione giuliana (bravo Rossetto a dire di no a Pontrelli al 9’) sono i Lupi a prendere in mano le redini del gioco . Sulla sua strada, però, la Luparense trova un Di Piero in versione-super: all’11’ l’estremo difensore alabardato dice di no a Sottovia, quindi si ripete al 20’ sulla bella conclusione di Praticò, quindi ancora è aiutato dalla traversa, al 32’, respinge le bordata a colpo sicuro di capitan Beccaro. A inizio ripresa i Lupi si concedono il lusso di un ulteriore brivido (colpo di testa di Aldjelkovic al 5’, a lato di poco) prima di riprendere a spingere a testa bassa: Di Piero stavolta si deve superare su Praticò (19’), Sottovia (27’) con l’aiuto prezioso ancora una volta del montante, quindi su Giglio. Nel finale, però, la supremazia rossoblù viene premiata: al 35’ il nuovo acquisto Roveretto, uno dei migliori in campo, viene trattenuto vistosamente a centro area da Crosato, e dal dischetto Beccaro non sbaglia trovando il suo sesto sigillo stagionale. Acquisito il vantaggio, la Luparense chiude i conti: al 44’, proprio sul filo di lana, c’è gloria anche per Roveretto, che trova la prima rete con la nuova maglia. «Siamo riusciti a sbloccare una partita difficile», le parole di mister Enrico Cunico. «Dopo due mesi nei quali non eravamo riusciti a trovare i tre punti, questa vittoria ci dà grande entusiasmo. La squadra ha strameritato di vincere la gara».

Ore 13.50 – (Mattino di Padova) Non vanno oltre il pareggio Ripa Fenadora e Abano su un campo al limite del ghiaccio puro in diversi punti tanto da far apparire i giocatori quasi dei pattinatori in alcuni frangenti di gioco. Pochi i pericoli creati dai rispettivi attaccanti tanto che i due portieri sono rimasti pressoché disoccupati con il solo Scaranto a toccare il pallone in un paio di interventi di routine. È andata anche meglio al collega di reparto padovano rimasto a secco di interventi considerando la scarsa vena degli attaccanti di casa. Alla fine la notizia più grossa del match sembra essere la presenza sulla panchina ospite di Karel Zeman, figlio del più noto Zdenek, al suo debutto sulla panchina dell’Abano. E sono proprio gli ospiti, dopo una decina di minuti equilibrati, a trovare più continuità nella metà campo dei locali. Al decimo, Tescaro, lasciato piuttosto libero in area, sbaglia tutto e grazia i locali. Anche l’Union inizia a farsi vedere dalle parti del portiere ospite conquistando due punizioni di fila: ma prima Campagnolo, poi Madiotto fanno cilecca. Qualche minuto più tardi è l’ex di turno Caridi a provarci ma il tiro esce di poco. Sul ribaltamento di fronte forse una delle più ghiotte occasione da rete per i feltrini ma il diagonale di Santi non si chiude. Nel frattempo i due centrali difensivi neroverdi, Guzzo e Ianneo, fanno buona guardi. Al 37’ l’occasione è per l’Abano: Caridi e Fusciello dialogano sul limite dell’area e quest’ultimo trova un pertugio tra le gambe avversarie ma il suo tiro è fuori di un nulla a portiere battuto. Prima dell’intervallo ci provano ancora sia Santi che Madiotto ma le maglie difensive padovane si stringono ancor di più togliendo l’ossigeno alla manovra feltrina. Nessuno cambio al rientro dagli spogliatoi con l’Union che continua a palesare difficoltà nel costruire azioni offensive mentre i patavini appaiono più ordinati e con schemi ben rodati anche se la stessa azione dell’Abano si esaurisce negli ultimi sedici metri di campo. Madiotto e Santi appaiono sempre più isolati in avanti con un Savi che dovrebbe completare il tridente ma alle prese con troppe difficoltà di gioco. Così al 23’ scatta il contropiede degli ospiti ma Bortolotto, lanciato in area, viene tamponato al meglio dal rientrante Madiotto e da Scaranto che si accartoccia a terra sul pallone. L’equilibrio dei giocatori appare sempre più precario e la stanchezza si fa sentire: valzer di cambi per entrambe le squadre con l’Abano che trae giovamento dall’ingresso di Creati mentre l’Union da quello di Cibin che regala un buon quarto d’ora di spinta in più e. Alla fine il risultato non cambia e il punto serve ad entrambe le squadre.

Ore 13.30 – (Mattino di Padova) Due gol (su tre) da ricordare, e non solo per la classifica. Vincenzo Ferrara e Davide Marcandella riguarderanno spesso, dallo smartphone delle rispettive fidanzate o, mal che vada, dal videotape dell’allenatore in seconda, le reti segnate alla Liventina. Nel 3-1 rifilato alla formazione trevigiana, infatti, sono decisive le magie dalla media distanza degli attaccanti atestini, applauditi pure dai tifosi avversari. Una soddisfazione nella soddisfazione, anche perché l’Este, ora, può godersi il terzo posto solitario (difficilmente pronosticabile a inizio stagione) e il ritrovato entusiasmo del duo che, finora, non aveva ingranato in classifica marcatori quanto i colleghi Mastroianni e Coraini, quest’ultimo a segno su rigore nel recupero. Este-Liventina non è il più tipico dei match spassosi. I taccuini, infatti, restano intonsi fino al 23’ quando Ferrara, sponda Este, si libera in area e cerca la rasoiata all’angolino, trovando però la deviazione di Rossi. Il duello Ferrara-Rossi si rinnova 3’ più tardi: l’attaccante atestino, stavolta, tira dritto per dritto e si fa respingere all’estremo biancoverde in uscita bassa. La Liventina sembra aver scordato completamente la fase offensiva, facendo passare a Lorello una domenica (tutto sommato) fredda ma serena. Al 37’, per esempio, il portiere dell’Este deve solo attendere la segnalazione del guardalinee sull’incursione solitaria di Vianello. Dall’altra parte, invece, Ferrara fallisce a porta vuota l’invito dalla destra di Tiozzo (41’). Prima dell’intervallo c’è spazio per una conclusione neanche troppo precisa di Zanetti. Ma è nella ripresa che succede di tutto: passano 3’ e Ferrara si fa perdonare gli errori precedenti con destro dai 20 metri che fa planare a vuoto Rossi. Non contenti, i giallorossi rincarano la dose con un gol che, con le dovute proporzioni, ricorda quello di Van Basten agli Europei del 1988: il Comunale di Este non è l’Olympiastadion di Monaco, certo, così come Este e Liventina non sono Olanda e Unione Sovietica, ma la volèe di Marcandella, servito da Ferrara, fa il verso alla magia del “cigno di Utrecht”. La Liventina, nonostante la botta, si ripiglia quasi subito, tant’è vero che, al 64’, il traversone dalla destra di Boem non viene sfruttato a dovere da Fantin. Poco male, perché al 67’ l’arbitro Cascella concede un rigore agli ospiti per un tocco di mano di Montin. Dagli undici metri Vianello non fa una piega e riaccende le speranze. L’Este si sente braccato e prova a sistemare le cose con Mastroianni, pescato in area da Rosina (colpo di testa alto), mentre la Liventina rischia il colpaccio con Mede, che non riesce a indirizzare il pallone verso la porta dopo l’uscita di Lorello su Vianello. Il gol che, di fatto, chiude la gara arriva nel recupero: stavolta è Coraini a trasformare il rigore, procurato da Franciosi.

Ore 13.10 – (Gazzettino, edizione di Belluno) Dopo otto risultati utili di fila, il Belluno torna ad assaporare il gusto amaro della sconfitta. E perde pure l’imbattibilità casalinga: proprio al polisportivo, i gialloblù non perforano la porta avversaria da oltre 180’, essendo rimasti a secco sia col Venezia, sia col Campodarsego. IL CUSTODE – In questo quadro a tinte poco sgargianti, la nota di colore è però rappresentata da Gabriele Brino: un custode sempre più sicuro e affidabile della porta dolomitica. A dispetto della giovane età (è del 1997): «Il Campodarsego non è primo per caso – afferma l’estremo difensore -. È una squadra solida, ben amalgamata, con qualità in attacco. Tuttavia, anche se potevamo fare qualcosa in più, abbiamo concesso poco. Sapevamo che la partita si sarebbe giocata sugli episodi. E così è stato». A Brino, comunque, il lavoro non è mancato: «Ho dovuto compiere alcuni interventi, sì. Il più difficile? Su Aliù, nel primo tempo: è un attaccante molto aggressivo sulle palle in profondità ed è bravo a tagliare sul primo palo. Con lui bisogna sempre essere particolarmente attenti». PRESSIONE – Il numero 1 sembra ormai incollato sulla schiena dell’ex Bassano: «Non è così, bisogna dimostrare di essere titolari ogni giorno della settimana, in allenamento. E, in questo senso, io e Solagna ce la giochiamo con grande serenità». Dopo l’esperienza nella Berretti di un club professionistico, Brino non rinnega la scelta di essere tornato a casa. Anzi: «Passare da una selezione Berretti a una prima squadra è molto difficile. Ora, di fatto, quella di portiere è diventata una professione: sono focalizzato lì 24 ore su 24. E c’è ben più pressione: hai addosso gli occhi puntati di tutti. Ma sono contento: è la squadra della mia città. E farò il possibile per onorare questa maglia». EPISODI – Come sul rettangolo verde, anche in sede di analisi del match Mike Miniati è essenziale e diretto: «Entrambe le squadre hanno avuto due occasioni a testa. Solo che loro hanno segnato, noi no: la differenza è tutta negli episodi. Il Campodarsego? Ottima formazione, ma venivamo anche noi da un filotto di vittorie: qualcosa abbiamo dimostrato». E ora il pensiero corre subito alla trasferta con la Liventina: «Vincere aiuta a vincere – conclude il poliedrico Mike -. Di conseguenza, vogliamo riscattarci subito: i playoff rimangono nel mirino».

Ore 13.00 – (Gazzettino) Non sta nella pelle dalla felicità il presidente Daniele Pagin: «Non pensavo di vincere anche a Belluno. Quando abbiamo segnato è stata una sensazione incredibile. Se pensiamo che siamo una piccola realtà rispetto al Venezia e allo stesso Belluno, stiamo facendo qualcosa davvero di eccezionale. Sono molto contento, a fine partita sono andato in spogliatoio a fare i complimenti ai ragazzi. È davvero un gruppo fantastico, e questa è la nostra vera forza». Tra l’altro la squadra biancorossa si è laureata campione d’inverno con una giornata d’anticipo. «Nessuno avrebbe immaginato una cosa del genere a inizio stagione», gioisce il presidente.

Ore 12.50 – (Mattino di Padova) La soddisfazione di Antonio Andreucci. Era il ritorno da ex in panchina a Belluno e, nonostante la squalifica che l’ha costretto a sedersi in tribuna, il mister toscano si è tolto una bella soddisfazione. «Siamo stati indubbiamente bravi a cogliere la situazione che è capitata ad Aliù. È un attaccante senza dubbio pericoloso e anche oggi (ieri ndr) lo ha dimostrato in un paio di occasioni. Siamo venuti a giocare in maniera accorta, puntando a fare male in contropiede. È andato bene soprattutto il merito è aver fatto una grande prova contro una squadra che gioca ormai a memoria da tanto tempo». Nessuna gioia aggiuntiva per aver espugnato il campo della sua vecchia squadra? «Assolutamente, qui ho fatto due anni e Belluno è una città che resta nel cuore. Poi chiaro che in campo si va per vincere e continuiamo a goderci questo momento». Ha invece colpito tutti la prova d’autorità di bomber Aliù che già aveva impegnato Brino, prima di scattare a infilare il gol dell’ennesimo vostro successo in trasferta. «Una rete importantissima, che ha premiato il fatto che ci abbiamo creduto fino alla fine. Continuiamo il nostro sogno». Il segreto di questo Campodarsego? «Senza dubbio il fatto che siamo un gruppo coeso e in campo siamo compatti, corriamo tutti dietro la palla. Per ora questo sta facendo la differenza. E adesso di sicuro non ci poniamo limiti». Nell’altro spogliatoio il mister del Belluno Roberto Vecchiato mastica amaro. Il suo Belluno non ha giocato una partita brillante me è sempre stato in partita creando diverse occasioni e alla fine è stato punito da un errore difensivo. «Il Campodarsego è una squadra che gioca sull’errore dell’avversario e così è andata la partita» commenta l’allenatore del Belluno. «Si sono dimostrati una formazione molto organizzata che ha aspettato l’episodio favorevole per colpirci. Non meritavamo di perdere, anche loro hanno commesso alcuni errori ma noi non siamo riusciti a segnare. Dispiace perché abbiamo subito gol nel nostro miglior momento ma si sa che il calcio è così. Sicuramente dovevamo e potevamo sfruttare meglio alcuni episodi». Infine Vecchiato parla del rigore non concesso alla sua squadra. A inizio primo tempo l’arbitro ha lasciato correre un intervento in area ai danni di Giovanni Pescosta che timidamente si è lamentato della spinta subita. «Mi hanno detto che il rigore ci poteva stare» commenta Vecchiato. «Detto questo o abbiamo dimostrato di non essere inferiori. Meglio il Campodarsego o il Venezia? I lagunari hanno un gioco più propositivo. I padovani tanta qualità davanti».

Ore 12.40 – (Mattino di Padova) Il Campodarsego sbanca Belluno. La rete della vittoria è firmata dal bomber Aliù, bravo a liberarsi della marcatura del difensore bellunese Sommacal, e infilare il portiere gialloblù con un destro preciso sul secondo palo. La squadra allenata da Antonio Andreucci infila l’ottava vittoria in trasferta su nove partite, rimane imbattuta in campionato e consolida il primato in classifica sul Venezia. Il Campodarsego ha giocato una partita solida contro un avversario che non ha demeritato ma ha pagato a caro prezzo due occasioni sprecate, una per tempo. Poletti e compagni hanno avuto il merito di subire poco e di saper approfittare dell’episodio concesso dai gialloblù. Domenica sarà la volta del difficile match contro il Mestre. Tra le fila del Campodarsego ci sono tre ex gialloblù tra cui mister Andreucci, Poletti e bomber Kabine che i accomoda in panchina. Nel Belluno Roberto Vecchiato non può schierare Nicola Calcagnotto, squalificato per somma di ammonizioni. Il match nei primi quindici minuti non regala emozioni. Al 22’ Pellicanò sbaglia un appoggio a un compagno, la sfera finisce tra i piedi di bomber Aliù che punta Sommacal in area e spara di sinistro ma il portiere di casa è bravo a deviare in angolo. Alla mezz’ora il tecnico del Belluno è costretto a sostituire Masoch per una una botta al quadricipite, al suo posto entra Acampora. Una manciata di secondi dopo il Campodarsego penetra con facilità in area gialloblù con Tanaso che serve al centro Aliù che colpisce a botta sicura ma Brino salva il risultato con un gran intervento. Al 36’ Miniati, con la collaborazione di Acampora, ruba la palla sulla sinistra e si invola, la palla viene servita con il contagiri al centro dell’area per Corbanese che di piatto destro va a colpo sicuro ma Vanzato salva il risultato. Dopo due minuti di recupero si va a riposo sullo 0-0. Nella ripresa ci prova subito Acampora dalla distanza, su sponda di Corbanese, ma Vanzato gli dice di no. Alla mezz’ora Bertagno sfrutta una punizione veloce per Duravia che mette in mezzo una palla che canta ma Corbanese in spaccata di destro appoggia incredibilmente sul fondo. Nel momento migliore del Belluno il Campodarsego è bravo a resistente senza troppi problemi e alla prima occasione non perdona. Al 31’ Aliù sfrutta un errore in anticipo di Sommacal che viene tagliato fuori dall’attaccante, il numero nove del Campodarsego si invola verso la porta e a tu per tu con Brino lo infila sul secondo palo. Nel finale i padovani sfiorano il raddoppio con la girata ancora di uno scatenato Aliù che impegna Brino. Nel recupero il Belluno non riesce a pareggiare e gioca con un uomo in meno per l’infortunio a Mosca che non riesce a rientrare in campo a causa dei crampi. Tra sei giorni la squadra di Antonio Andreucci giocherà in casa contro il Mestre, sarebbe ovviamente importante concludere il girone di andata con zero sconfitte, cercando magari di incrementare il vantaggio sul Venezia, che insegue i padovani con tre punti di ritardo e che giocherà in casa contro la Triestina, in netta ripresa dopo un avvio di stagione difficile.

Ore 12.10 – (Gazzettino) Il Cittadella perde il primato in classifica, scavalcato dall’Alessandria, e Manuel Pascali, capitano per l’occasione data l’assenza di Iori, non la prende bene: «C’è tanta amarezza, perché oltre al primo posto in graduatoria, abbiamo perso la prima partita in casa, davanti ai nostri tifosi». Dopo la doverosa premessa, il difensore guarda avanti con fiducia: «Ripartiamo dalla prestazione della squadra, che è stata sicuramente positiva. Abbiamo concesso un paio di ripartenze, che si potevano evitare perché sapevamo come il Feralpisalò avrebbe interpretato la partita, ma il pallone nella porta avversaria proprio non ne voleva sapeva di entrare. Ci abbiamo provato in tutti i modi, creando tantissimo: una decina di occasioni, due legni, altrettanti gol annullati che vorrei rivedere, il portiere migliore in campo. Siamo arrabbiati perché ci siamo creati i problemi da soli, un paio di nostri errori che hanno portato ai loro gol, ma nello stesso tempo mi viene da dire che partite come questa, se le rigiochi altre nove volte, le vinci tutte». I granata sono ora un punto dietro all’Alessandria. «È forte ma non lo scopriamo adesso, anche da noi ha dimostrato di avere un grande potenziale, ma il Cittadella non è certo da meno. Siamo in grado di vincere tutte le partite che mancano da qui alla fine, ripetendo l’ultima mezz’ora con il Feralpisalò. Alla ripresa ripartiremo a testa bassa, per riprenderci a Cremona i punti persi». Quanto si è avvertita la mancanza di Iori? «È uno dei leader, ma durante la stagione capiteranno altre defezioni, dobbiamo essere più forti anche delle assenze, la nostra rosa di giocatori è importante». Amedeo Benedetti è stato uno dei più attivi nel forcing granata: «Abbiamo disputato una buona partita, è vero che in occasione dei due gol abbiamo commesso degli errori, forse anche per troppa foga riversata in campo per cercare il pareggio. Bisogna migliorare, sia dietro che davanti, dove ci è mancato il gol». Anche Benedetti si sofferma sulle tante occasioni create: «L’impegno c’è stato, sino alla fine. Siamo stati davvero sfortunati, perché per un motivo o per un altro il pallone non è mai entrato nella porta difesa da Caglioni, autore di interventi davvero decisivi». Il difensore non considera la sconfitta un passo indietro rispetto a Pordenone: «Abbiamo commesso degli errori sui quali bisogna lavorare, ma al Cittadella non si può imputare altro, perché ha costruito tantissimo». È sfumato il primo posto. «Mi interessa poco in questo momento – conclude Benedetti – a me importa che il Cittadella si ritrovi in vetta all’ultima giornata».

Ore 11.50 – (Gazzettino) Va tutto storto al Cittadella che perde la prima partita al Tombolato contro un temerario Feralpisalò. La squadra di Roberto Venturato ha prodotto tanto e non avrebbe meritato la sconfitta, ma non concretizzare una quantità industriale di palle-gol risulta un limite che rende ancora più indigesto il ko. «Abbiamo davvero creato tanto – conferma il tecnico granata – e avremmo dovuto passare in vantaggio già nel primo tempo. Mettendoci più attenzione si doveva essere più incisivi. La voglia di provarci comunque c’è stata e le qualità per riuscirci si sono viste. Dispiace che purtroppo il risultato ci sia contrario». E passa ad alcuni esempi. «Sono tante le opportunità create con due gol annullati, sui quali faccio fatica a giudicare. Ci sono state parate decisive del loro portiere che non ci hanno fatti rientrare in partita. Gli aspetti positivi sono parecchi, dobbiamo però migliorare ancora e diventare più abili contro squadre, come il Feralpisalò, che hanno le caratteristiche di essere concrete nel finalizzare il proprio gioco e sanno chiudersi molto bene». Nel dettaglio, riprende: «Per il volume di gioco che abbiamo prodotto ci stava almeno il pari, ma abbiamo commesso tanti errori, non abbiamo creato gioco sulle fasce per dare modo a Chiaretti di trovare maggiore spazio dietro le punte. Nel primo tempo abbiamo avuto tre occasioni, nella ripresa molte di più. Abbiamo preso due reti che sono nate su nostri errori in fase di impostazione. Loro sono stati bravi a finalizzare, bisogna dare merito al Feralpisalò che ha vinto». La sconfitta è comunque dura da assorbire. «Sono tante le situazioni che potevano darci un risultato positivo. Non è andata così, ma il calcio è anche questo. Bisogna essere capaci di reagire e rimetterci subito in discussione per ripartire con il piede giusto». Sui singoli, in particolare su Bobb, il tecnico granata precisa: «Il giocatore ha qualità importanti e le caratteristiche per rimpiazzare Iori. C’è ancora da lavorare parecchio, con il Feralpi è andato a fasi alterne e nella ripresa l’ho sostituito dopo qualche errore di impostazione. Ha comunque grandi margini di crescita». «Il Cittadella – dice il presidente del Feralpi Giuseppe Pasini – è la squadra più forte in un girone difficile. Il nostro lavoro è stato premiato».

Ore 11.30 – (Gazzettino) Il Cittadella sbaglia l’impossibile davanti alla porta e viene punito dalle velenose ripartenze del Feralpisalò, che si conferma squadra micidiale in trasferta (sei vittorie e due pareggi). Il primo ko al Tombolato dei granata ha un sapore amarissimo. Sia perchè le tante occasioni gettate al vento aumentano a dismisura i rimpianti e sia perchè dopo sei giornate di fila vissute da capolista la truppa di Venturato ha dovuto lasciare la vetta della classifica all’Alessandria. Che rischiasse di diventare una partita stregata per il Cittadella lo si era intuito già nel primo tempo. A parte una bella parata di Alfonso in avvio su un destro a incrociare di Bracaletti, sono stati quasi sempre i granata a tenere in mano le redini dell’incontro, senza però riuscire a concretizzare la loro superiorità. A fare il bello e il cattivo tempo è stato soprattutto Bizzotto, bravo a mettere ripetutamente alle corde la retroguardia avversaria con le sue accelerazioni, ma poco lucido al momento di concludere a rete. Imperdonabile soprattutto l’errore commesso al 19’ quando da posizione favorevole ha ritardato di qualche attimo l’assist per Litteri solo nell’area piccola, consentendo a Leonarduzzi di recuperare in extremis.
In tutto questo però il Feralpisalò non è rimasto a guardare e ogni volta che ne ha avuto la possibilità si è sempre affacciato nella metacampo granata, sfruttando la giornata di ottima vena dell’estroso Bracaletti, sempre pronto a spingersi in avanti sulla corsia di destra. Il Cittadella si è reso pericoloso anche nei minuti iniziali della ripresa con Paolucci. Il gol del vantaggio sembrava perciò nell’aria, invece è stato il Feralpisalò a rompere l’equilibrio del match (11’). Lo spunto è stato tanto per cambiare di Bracaletti, cross rasoterra a centro area dove il gigante Romero (già a segno contro il Padova) in scivolata ha trovato la deviazione vincente. I granata hanno accusato il colpo e dopo due minuti hanno rischiato di capitolare ancora. Bruciante la giocata di Tortori il cui sinistro dal limite è stato sventato con bravura da Alfonso. A questo punto, per dare più peso al reparto offensivo, Venturato ha inserito in rapida successione Minesso e Coralli. E quest’ultimo, pochi secondi dopo il suo ingresso in campo, ha sciupato la più incredibile delle occasioni, calciando a lato da due passi un pallone proveniente dalla sinistra che doveva essere solo adagiato in rete. Chi non ha sbagliato è stato invece l’imprendibile Bracaletti che di testa ha firmato il raddoppio degli ospiti, concretizzando una splendida parabola di Tortori. L’espulsione dello stesso numero 11 del Feralpisalò poco prima della mezz’ora (entrata su Salvi giudicata troppo pericolosa dall’arbitro) ha riaperto una partita che sembrava ormai chiusa. Il Cittadella ha preso d’assedio l’area avversaria e da qui in poi i granata hanno costruito un’occasione dietro l’altra, senza però mai riuscire a fare centro sia per gli errori di mira, sia per le splendide parate di Caglioni e sia per sfortuna (traversa di Jallow appena entrato e palo di Paolucci su punizione). Nel conto vanno messi anche due gol annullati per fuorigioco di Coralli e un rigore reclamato. Tutto vano.

Ore 11.10 – (Mattino di Padova) La delusione è grande, l’amarezza pure. Perché perdere, nell’arco di una stagione, ci può anche stare, come pure la sconfitta al Tombolato prima o poi sarebbe arrivata. Ma uscire sconfitti da una partita quasi totalmente dominata per colpa di due colossali indecisioni difensive, questo proprio non va giù al tecnico del Cittadella, Roberto Venturato. «Alla fine la gara è stata falsata dai nostri errori», ammette. «Abbiamo avuto tante occasioni per andare in rete e non siamo stati concreti, quindi per colpa di un banale errore abbiamo incassato il gol che ha condizionato il match. Dispiace, perché, in fin dei conti, se stessimo a guardare le occasioni create, il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Ma qualcosa da rivedere di sicuro c’è: il Cittadella deve imparare a giocare e vincere anche contro avversari come questi, che si chiudono e ripartono». Dove avete perso, in sostanza? «Innanzitutto davanti: abbiamo creato tanto anche sullo 0 a 0, ma non siamo stati capaci di concretizzare la nostra mole di gioco. Questo deve farci riflettere, perché, anche se l’impegno e la voglia di provarci ci sono state, possiamo fare molto meglio. Abbiamo battuto dieci calci d’angolo, ci siamo visti annullare due gol, e vorrei rivederli perché dalla panchina almeno uno dei due secondo me non poteva essere in fuorigioco, mentre in altri frangenti abbiamo trovato sulla nostra strada un Caglioni straordinario, che in almeno tre occasioni ha fatto grandissime parate». Di contro, però, c’è anche la dinamica dei due gol della Feralpi a crearle parecchi grattacapi… «Questo è un altro aspetto evidente. Avremmo dovuto essere più attenti, concentrati e incisivi in fase difensiva: di fronte a squadre che giocano in ripartenza bisogna essere più “cattivi”, la Feralpi è stata brava ad andare in vantaggio e poi noi avremmo dovuto essere più aggressivi. Il calcio è fatto anche di questo, è un peccato». L’ha convinta Bobb nella posizione di vice-Iori? «In questo inizio di stagione ha fatto prestazioni importanti, ma è andato a fasi alterne. Oggi (ieri, ndr) ha commesso qualche errore ad inizio ripresa, ma anche tante cose positive. Ha le caratteristiche per poter ricoprire questo ruolo, di certo non facile, è un giovane su cui dobbiamo puntare». Come mai, invece, Chiaretti ha fatto tanta fatica? «Perché il nostro gioco ci impone la necessità di provare ad allungare la difesa avversaria, per fargli trovare spazi tra le linee: anche in questo fondamentale abbiamo commesso tanti errori». Avete perso anche la vetta della classifica: ora cosa cambia? «Il campionato è ancora molto lungo, l’importante è essere combattivi, presenti. La fase più importante arriverà verso fine stagione, quando avremo tanti scontri diretti: sarà lì che si deciderà la corsa finale». Sconsolato, ma deciso, il direttore generale granata: «Alla squadra non posso dire nulla», le parole di Stefano Marchetti, «questo è un passo falso solo nel risultato. Non direi che il 2-0 sia bugiardo, perché la Feralpi ha fatto la sua onesta gara, ma il Cittadella ha disputato la partita che doveva, a parte i due errori che ci sono costati la sconfitta. Ho visto una squadra viva, che ha voluto a tutti i costi rimediare ai propri errori, quindi non me la sento di gettare la croce addosso ai giocatori. Adesso siamo secondi, anche perché qualche punto di troppo, per strada, l’abbiamo lasciato. Ma stiamo facendo comunque un campionato importante».

Ore 10.50 – (Mattino di Padova) Manuel Pascali mastica amaro. Nel giorno in cui, complice l’assenza di Manuel Iori, ha potuto indossare la fascia di capitano, al Cittadella non è andata affatto bene. «C’è parecchia amarezza perché perdiamo il primo posto e l’imbattibilità, tutti ci tenevamo», confessa il difensore granata, «ma oggi (ieri, ndr) ripartiamo da una prestazione certamente più che positiva. La nota negativa è che abbiamo concesso due gol che potevano essere evitati: avevamo studiato la Feralpi e il suo modo di giocare, sapevamo che avrebbero cercato di chiudersi e ripartire e per questo non avremmo dovuto concedere loro certi spazi». Impressionante, nella ripresa, è stato il modo in cui, nonostante le tante occasioni, la palla non ne abbia voluto sapere di entrare nella porta bresciana: «Credo di non aver mai visto un portiere avversario compiere tanti interventi eccezionali in una sola gara, come Caglioni ha fatto. Sui loro due gol ci siamo creati i problemi da soli, ma se giochi così, nove volte su dieci la partita la porti a casa: andiamo a riprenderci questi punti a Cremona, perché adesso davanti c’è l’Alessandria, ma se il Cittadella si esprime così, almeno 15 delle prossime partite le vince».

Ore 10.30 – (Mattino di Padova) «Abbiamo fatto una buona prestazione, ma commesso errori pesanti». Analizza così la sconfitta con la Feralpi il difensore granata Amedeo Benedetti: «Dopo aver subìto il primo gol, abbiamo avuto troppa foga di andare a riprendere la gara, e così facendo ci siamo sbilanciati e abbiamo preso pure la seconda rete: avremmo dovuto essere più attenti, più compatti, cercare di giocare senza strafare. Quello che abbiamo creato successivamente ci avrebbe potuto portare almeno un punto, ma vuoi per imprecisioni nostre vuoi per i… miracoli di Caglioni non ci siamo riusciti». La nota positiva, comunque, è che a conti fatti il Cittadella non avrebbe meritato la sconfitta: «C’è da migliorare, abbiamo preso due ripartenze che non dovevamo prendere, ma la prestazione non è da buttare. La gara l’abbiamo fatta anche in questa circostanza, sicuramente non abbiamo giocato al cento per cento ma abbiamo creato tanto. L’importante è arrivare primi in classifica alla fine, non è un problema aver perso la vetta. Se lavoriamo come in queste settimane, sicuramente ce la giocheremo sino alla fine».

Ore 10.00 – (Gazzettino) Come quello che vede Altinier più partecipe alla manovra e per questo decisivo. «Avendo maggiore continuità nel giocare, i risultati arrivano. La squadra sta lavorando e crescendo, ma può migliorare ancora». Ha più sentito Carmine Parlato? «Sì, anche tre giorni fa. Abbiamo discusso in generale di cose nostre con tranquillità. Nulla ha sminuito la stima che ho per lui, anche a livello personale dopo un anno insieme. È una persona squisita e non esiste solo il calcio». E con Pillon è stato già affrontato l’argomento mercato? «Non voglio portare all’allenatore le mie valutazioni. Aspetto che si faccia lui un’idea e a Natale ne parleremo». E ora, contro il Bassano prima della sosta, poi con Alessandria e Reggiana, un tris di incontri per capire di che pasta è fatto il Padova. «Il calcio va vissuto una giornata per volta per non provocare assilli, mancanza di concentrazione o altri meccanismi psicologici. Ogni turno vede sorprese e squadre considerate meno attrezzate vincono con le prime. Quanto alla classifica, a dimostrazione del grande equilibrio, tre giornate, nel bene e nel male, fanno la differenza». Il Bassano? «Sin dalla vigilia è una delle mie favorite per la promozione in grado di fare la differenza. Ce la giocheremo».

Ore 09.50 – (Gazzettino) Nell’analisi dell’incontro il diesse tiene un profilo basso, sulla falsariga del presidente Bergamin che nel dopo gara ha dichiarato, al di la dei tre punti, di non essersi divertito molto e di avere visto un Padova concentrato, ma non ancora tranquillo, condizione psicologica che l’ha portato a commettere alcuni svarioni. «Condivido suo il punto di vista. Buono il primo tempo, ma una volta in vantaggio, e anche nella ripresa, ci sono state un paio di ripartenze in cui occorreva essere più cattivi». Sono comunque arrivate due vittorie di fila e la squadra in 180 minuti è andata a segno cinque volte. «Una grande risposta, pensando alla situazione in cui ci trovavamo. I ragazzi hanno dimostrato che la posizione di classifica che occupavano prima non era consona alle loro potenzialità». Dove si è vista finora la mano di Pillon? «Ritengo non ci sia una risposta unilaterale. Si tratta di varie componenti, tante piccole cose messe assieme». Sembra un Padova più propositivo. «Diciamo che a tratti, anche sabato, si è vista una squadra più corta e che tiene più alta la linea dei difensori. I cinque gol fatti, compresi i due esterni prima mai realizzati, sono un dato analitico da tenere in considerazione».

Ore 09.40 – (Gazzettino) Un tris di primizie che fanno felici i tifosi biancoscudati nella sfida vinta sabato in casa della Giana Erminio. Per il Padova si tratta innanzitutto del primo successo esterno in campionato, exploit che mancava all’appello da oltre sette mesi (2-1 a spese dell’Union Ripa il 3 maggio). Nei sette precedenti tentativi in Lega Pro, cinque pareggi e due ko (a Cittadella e Pavia), con i tre punti sfiorati in particolare con il Renate (rigore nel finale fallito da Altinier) e Cremona (due legni). E non solo: mai nell’attuale torneo la squadra aveva realizzato due reti in trasferta e mai nella stessa gara avevano colpito sia Altinier che Neto Pereira. «Di tutti questi elementi – sottolinea il direttore sportivo Fabrizio De Poli – il più importante è il fatto di avere vinto in trasferta. Penso che nel complesso la squadra abbia disputato una buona partita, ma non è stata cinica».

Ore 09.20 – (Mattino di Padova) Come interpretare questo dato? Senza preoccupazioni, parola di Fabrizio De Poli. «Non è qualcosa di straordinario, è un fatto normale», spiega il direttore sportivo. «Arriverà il momento in cui segnerà qualcun altro, anche sabato Bucolo e Corti hanno avuto delle opportunità e credo che si sbloccheranno presto. Se dobbiamo analizzare bene la fase offensiva, forse sinora ci è mancato qualche gol degli esterni. Ilari è uno che ha sempre segnato e Bearzotti ha avuto qualche chance, anche con la Giana, ma non è ancora riuscito a sfruttarla». De Poli, in ogni caso, ha ritrovato il sorriso e si mostra ottimista sulle prospettive della squadra, alla luce delle ultime due vittorie consecutive. «Pillon è partito bene, adesso sono curioso di vedere come ci comporteremo domenica prossima contro il Bassano. Sarà un bel test della verità. Cos’è cambiato in due settimane? Ho visto una squadra che per buona parte della gara ha giocato corta e alta. Abbiamo fatto bene, anche se potevamo essere più cinici. Credo che la sofferenza finale sia dovuta soprattutto ad un calo atletico». Riposo. Ieri la squadra si è ritrovata di prima mattina alla Guizza, con i titolari che hanno svolto esclusivamente lavoro di scarico, mentre chi non ha giocato dal primo minuto si è allenato in campo con Pillon. Il tecnico ha fissato il giorno di risposo per oggi, con la squadra che si ritroverà per gli allenamenti domani pomeriggio, quando inizierà la settimana-tipo che porterà all’ultima partita del 2015, in programma domenica alle 14 all’Euganeo contro il Bassano. Il “rompete le righe” natalizio, invece, dovrebbe arrivare dopo la cena societaria di martedì 22 a Camposampiero.

Ore 09.10 – (Mattino di Padova) Sulla stessa lunghezza d’onda il Renate, che ha segnato però la miseria di 7 gol in 17 gare stagionali (Coppa Italia di Lega Pro compresa), sempre con quattro marcatori diversi. I biancoscudati, invece, da agosto in avanti non hanno certo brillato in fase offensiva, palesando in varie occasioni difficoltà nel creare gioco, ma viaggiano in ogni caso alla media di un gol a partita, grazie anche alle due ultime gare con Pillon, dove sono arrivate 5 reti. Cambiano schemi, formazioni e anche allenatori, eppure segnano sempre loro quattro. Petrilli con il suo record in carriera è già a quota cinque, stesso bottino di Altinier (considerando anche la Coppa) e di Neto, il più decisivo di tutti, visto che i suoi gol sono serviti per raccogliere la metà dei punti conquistati finora: dieci su ventuno. E poi c’è Fabiano, che ha realizzato due gol pesanti, ma è fermo dalla quarta giornata. Anche se il suo ruolo sarebbe quello di difendere. Mancano completamente quelli dei centrocampisti, con Mazzocco che, dopo l’exploit dell’inizio della scorsa stagione, è a secco da più di un anno, Bucolo e Corti che non sono mai stati cannonieri, mentre gli altri pagano lo scarso utilizzo.

Ore 09.00 – (Mattino di Padova) Cambiano i risultati, ma non i fattori. È un risveglio molto dolce quello che ha avvolto il Padova dopo la vittoria per 2-1 a Gorgonzola contro la Giana Erminio, la seconda consecutiva e soprattutto la prima in trasferta del campionato di Lega Pro. I biancoscudati non vincevano fuori casa dallo scorso 3 maggio, quando batterono a Feltre l’Union Ripa La Fenadora, e possono tirare un sospiro di sollievo dopo essersi scrollati di dosso una classifica che iniziava a preoccupare i tifosi. La cura Pillon, per il momento, funziona, soprattutto a livello di testa, visto che in campo incidono sempre gli stessi giocatori. Il Padova, infatti, può vantare un record molto strano e singolare, che se da un lato mette in luce qualche difficoltà nella manovra offensiva, dall’altro esalta le qualità dei suoi uomini più incisivi. I fantastici quattro. Altinier, Fabiano, Neto Pereira, Petrilli. Sono loro gli unici quattro marcatori stagionali del Padova, Coppa compresa, dove la fugace avventura del Padova è stata bagnata da un solo gol, il timbro di Altinier a Mantova. Nessuno, in tutte le categorie del calcio professionistico italiano, dalla Serie A agli altri gironi di Lega Pro, ha fatto peggio (se così si può dire) in questa stagione.

Ore 08.30 – Lega Pro girone A, la classifica aggiornata: Alessandria 30, Cittadella 29, Bassano e FeralpiSalò 27, Reggiana 24, Pavia e SudTirol 23, Cremonese, Cuneo e Pordenone 22, Padova 21, Pro Piacenza 19, Giana Erminio 18, Lumezzane 16, Mantova 14, AlbinoLeffe 11, Renate 9, Pro Patria 6.

Ore 08.20 – Lega Pro girone A, quindicesima giornata: Cuneo-Pordenone 0-1 (Filippini (Pn) al 37′ st), Pro Patria-Cremonese 1-0 (D’Alessandro (Pp) al 1′ pt), Alessandria-SudTirol 2-1 (Bocalon (Al) al 5′ pt e al 20′ pt, Kirilov (St) al 34′ st), Giana Erminio-Padova 1-2 (Altinier (Pd) al 28′ pt, Neto Pereira (Pd) al 2′ st, Bruno (Ge) al 31′ st), Pavia-Lumezzane 0-2 (Cruz (Lu) al 23′ pt, Sarao (Lu) su rigore al 7′ st), AlbinoLeffe-Reggiana 0-1 (Siega (Re) al 16′ pt), Cittadella-FeralpiSalò 0-2 (Romero (Fs) al 10′ st, Bracaletti (Fs) al 23′ st), Pro Piacenza-Mantova 0-0, Bassano-Renate 2-0 (Stevanin (Ba) al 29′ st, Fabbro (Ba) al 47′ st).

Ore 08.10 – Se non lo hai ancora fatto, regalaci un “mi piace” e diventa fan della pagina facebook di Padovagoal a questo link. Per te tante foto esclusive e tanti contenuti imperdibili dall’universo Padova e dal mondo Cittadella lungo tutto il corso della giornata.

Ore 08.00 – Ringraziamo anche oggi i nostri sponsor Maglietteveloci.it, Macron Store, Studio Pignatelli Netstore, Birra Antoniana, Agenzia fotografica Zangirolami, Piccolo Teatro Padova, Padovanuoto e Columbus Thermal Pool perché rendono possibile questa diretta.

E’ successo, 13 dicembre: allenamento mattutino defaticante per i Biancoscudati, reduci dal successo di Gorgonzola.




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