Padova, Nunziata: “I Biancoscudati meritano di stare in B, e spero ci arrivino presto! E domani…”

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Una ventata di azzurro in un tempio tutto biancoscudato. Domani, a ben 23 anni di distanza dall’ultima volta, lo stadio Appiani (che non si veste del tricolore da Italia-Portogallo Under 21 del lontano 1993) torna ad ospitare una partita della Nazionale. Toccherà all’Under 18, e a guidarla contro la Francia, in aiuto al Commissario tecnico Roberto Baronio, non ci sarà una persona qualunque. Perché tra Padova e Carmine Nunziata il legame è sempre stato stretto: sei stagioni in maglia biancoscudata, 199 presenze (comprensive degli spareggi di Cremona e Firenze) e un’indimenticabile promozione in Serie A fanno dell’ex centrocampista partenopeo uno dei giocatori più amati dell’ultimo trentennio. E “Nino” a Padova si è rivisto spesso, per seguire all’Euganeo le partite di una squadra che gli è rimasta nel cuore. «Ci torno sempre volentieri», spiega Nunziata, «perché dopo sei anni in questa città, dopo le tante vittorie e anche le tante sofferenze, fa sempre piacere rimettervi piede. Ho ancora molti amici, a questo posto mi legano tanti bellissimi ricordi».

In passato la vedevamo spesso all’Euganeo. Quando tornerà? «Gli anni scorsi, è vero, ho potuto assistere a diversi incontri del Padova. Ma quest’anno, invece, mi è sempre stato impossibile: il sabato e la domenica vado ad osservare e a valutare coloro che potrebbero far parte dell’Under 21». Domani tornerà nel “suo” Appiani: ha raccontato alla squadra cosa significano quelle tribune per lei e per Padova? «I ragazzi che sono qui non lo conoscono, ma per me sarà una vera emozione. Forse non sarà facile far capire loro il valore di quello stadio, tutto il calcio è un’altra cosa rispetto ad allora, ma proverò comunque a spiegare cosa significa l’Appiani per il calcio, per Padova, e per il sottoscritto». Segue ancora le sorti della squadra biancoscudata? «Sempre, e anche se non riesco ad essere all’Euganeo m’informo sui risultati dei biancoscudati. Ormai non conosco nel dettaglio tutte le vicissitudini che ci sono dietro, ma che sia il sabato o la domenica uno sguardo a cosa abbia fatto il Padova non manca mai».

Dopo il fallimento e il ritorno immediato in Lega Pro, quest’anno la squadra si è salvata in anticipo. Pensa si stiano gettando buone basi per il futuro? «Il problema, se così possiamo chiamarlo, è che comunque stiamo parlando di Padova: una città importante, dov’è normale che per i tifosi la speranza sia quella di fare come minimo la Serie B. Quella biancoscudata è una piazza importante e ambiziosa, sono contento di vederli risalire in fretta, ma credo sia giusto, dopo essere ripartiti da zero, mettere a terra basi adeguate per arrivare in certe categorie con una buona solidità, societaria e tecnica». Se la sente di dare un piccolo consiglio alla nuova società? «Da fuori è sempre difficile. Quello che mi sento di fare è un semplice augurio, sia per i tifosi che per la società: spero che il Padova arrivi al più presto in una categoria superiore, in un campionato che conti e nel quale merita di stare». Torniamo a lei, invece: cosa le sta dando questa esperienza in azzurro? «Qualcosa di unico, di fantastico. Essere in Nazionale significa confrontarsi con un calcio europeo, totalmente diverso dal nostro, ed avere a che fare con gente che di calcio sa davvero molto, dalla quale imparare».

(Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia)




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