Padova, Baraldi torna a parlare: “La società era di Bonacini, poi il Carpi ha cambiato la storia”

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(Dimitri Canello) – Proponiamo oggi ai lettori l’intervista pubblicata sull’edizione odierna del Corriere del Veneto a Luca Baraldi, ex manager emiliano protagonista nell’estate 2013 della cessione societaria con la mediazione svolta per il passaggio da Marcello Cestaro a Diego Penocchio. Dopo un anno e mezzo di silenzi e di richieste di chiarimento che abbiamo rivolto invano a tutti i protagonisti del crac del Vecchio Padova, promesse mai mantenute e tanto altro, qualcuno decide finalmente di rompere il muro del silenzio. E racconta diverse cose, nella versione dei fatti fornita in questa sede. Tante domande e tante risposte. Qualche chiarimento in più all’interno di una vicenda che ha inflitto una ferita mortale al club, sparito il 15 luglio del 2014 dopo 104 anni di storia. E ricostruito da zero da Giuseppe Bergamin e da Roberto Bonetto. Nel pomeriggio vi forniremo il video integrale di 18 minuti con l’intervista che Baraldi ci ha rilasciato. Un documento importante, in merito al quale ognuno potrà farsi la propria idea.

Un anno e mezzo dopo, finalmente qualcuno parla. E quel qualcuno è Luca Baraldi, il manager emiliano chiamato al capezzale di un club che “doveva essere ceduto perché il gruppo Unicomm non voleva più investire nel calcio” e che fu autore del passaggio di consegne (da Marcello Cestaro a Diego Penocchio) più controverso che si ricordi della storia del Calcio Padova. Preludio, peraltro, alla sparizione del club di viale Nereo Rocco dal calcio professionistico italiano poco più di dodici mesi più tardi. Il vecchio Padova nel frattempo è stato messo in liquidazione con procedura di concordato, Baraldi è diventato responsabile del settore acquisizioni sportive di Segafredo-Zanetti, il nuovo Padova si è rialzato.
Baraldi, cosa accadde al termine della stagione 2012-2013?
«Fui chiamato dalla famiglia Cestaro perché i conti del club erano in disordine e il Padova spendeva quanto una squadra di media classifica in Serie A. Il club doveva passare di mano».
Vecchiato, Coli, Penocchio. Ma c’era anche il patron del Carpi Stefano Bonacini…
«Tutto vero e quest’ultima era una trattativa sostanzialmente chiusa. Poi accadde l’imponderabile e cioè la promozione in B del Carpi nella finale playoff col Lecce. Non se l’aspettava nemmeno Bonacini, che a quel punto si tirò indietro…».
Ed ecco Diego Penocchio. Una scelta rovinosa, considerata la fine che ha fatto poi la società
«Chiesi aiuto a Massimo Giacomini, patron di Gsport, chiedendogli che mi presentasse un potenziale acquirente fra quelli che conosceva nel mondo del calcio. Ecco Penocchio, ex vicepresidente del Parma e che offriva garanzie imprenditoriali e un progetto sulla carta serio. Non lo conoscevo, ma lo presentai alla famiglia Cestaro e a quel punto la decisione la presero i vertici di Unicomm, il mio compito finiva lì».
Retrocessione, mancata iscrizione, sparizione dal calcio professionistico. E pensare che fino a poco tempo prima si lottava per la A…
«Ne approfitto per precisare che io non ho mai scoraggiato Cestaro a investire dal momento del mio arrivo. Nonostante non fossi ancora all’interno del club, a gennaio gli suggerii anzi di comprare Acerbi, che era stato trattato da Rino Foschi col Chievo. La massima serie economicamente era un affare e avrebbe sistemato tutti i conti».
L’anno dopo lei fu a capo del Padova con Fabrizio Salvatori ds. Cosa si rimprovera?
«La scelta di Pea come allenatore, mentre Salvatori aveva in mano Di Francesco. Per il resto avevamo preso tanti giocatori di livello eccellente e che giocano o hanno giocato in A: Rispoli, Babacar, Viviani, Ze’ Eduardo, Farias, senza dimenticare Silvestri e Cionek, Iori e De Feudis. La volontà era fare il salto di categoria».
E’ vero che avevate in mano Iachini?
«Prima della partita col Sassuolo avevamo un accordo con Iachini. Che, però, era in parola col Siena da qualche giorno. Se il Siena non avesse perso con la Fiorentina, probabilmente sarebbe cambiata la storia del Padova».
Sono in molti a pensare che ci fosse un disegno volto a far sparire il Padova dal calcio professionistico.
«Lo escludo nella maniera più assoluta. Semplicemente purtroppo la cessione non è andata come ci aspettavamo. Ma a chi mi accusa ricordo che riuscii a salvare Lazio e Parma che versavano in gravissime difficoltà economiche».
A che punto è la liquidazione del vecchio Padova?
«C’è stato un accordo con i creditori, che verranno pagati secondo le intese raggiunte. Non c’è stato fallimento, questo è molto importante».
Capirà, però, che a un tifoso interessi poco…
«Lo capisco molto bene. Ma ognuno di noi ha sempre lavorato per il bene della società. La storia di Marcello Cestaro lo testimonia. Per lui è una ferita ancora aperta»

Fonte: Corriere del Veneto, Dimitri Canello




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