Padova-Pro Patria, Parlato: “Il pareggio dell’andata? Vorrei tanto parlare in maniera approfondita, ma…”

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Quella tra Padova e Pro Patria non è mai stata una partita qualsiasi. Lo sarà domenica, per forza di cose, con i biancoscudati aggrappati alla speranza di raggiungere i playoff ormai ridotta al lumicino, e forse addirittura più viva di quella che tiene in piedi i bustocchi, i quali con una sconfitta all’Euganeo saluterebbero la Lega Pro con 4 turni di anticipo. Ma negli anni che furono Padova-Pro Patria valeva la Serie B. E un girone fa, proprio per non farsi mancar nulla, Pro Patria-Padova è stata lo spartiacque della stagione di Neto Pereira & C. Nel gelo dello “Speroni”, il 28 novembre 2015, la squadra offrì una prova fredda tanto quanto l’ambiente circostante, e a pagarne le conseguenze fu Carmine Parlato, l’allenatore della rinascita, esonerato e sostituito da Bepi Pillon. Nonostante siano passati più di 4 mesi, e di mezzo ci sia un intero girone, per il tecnico della promozione dalla Serie D è ancora difficile parlare di quelle settimane. Tanto più di quella partita a Busto Arsizio. «Tra me e me, essendo stato il primo esonero in carriera, non ho mai nascosto di aver accusato il colpo», confessa l’allenatore partenopeo.

«Ma molti allenatori più esperti e navigati mi hanno consigliato di non pensarci, dicendomi che prima o poi, nella carriera di un tecnico, capita sempre di attraversare un momento come questo. Un esonero aiuta a migliorare le proprie capacità, è molto costruttivo perché ti permette di riflettere». Di cose ne vorrebbe dire tante, l’ex mister del Padova. Lo si avverte nella sua viva voce, smaniosa di viaggiare a ruota libera e confessare tutto, una volta per tutte, ma strozzata da una professionalità (e da un contratto con il club di viale Rocco ancora in essere) che impone una certa diplomazia. C’è un unico momento in cui si sbottona. È riferito a ciò che disse, all’indomani del suo esonero, il fidato vice, Rino Lavezzini, che alla Guizza si presentò davanti alle telecamere e sbottò, riferendosi platealmente alla squadra: «Se gli avessimo voluto bene, avremmo potuto fare molto di più per aiutarlo». «Con il senno di poi è sempre facile parlare», puntualizza Parlato. «È come quando metti in campo una formazione, e il giorno dopo ti chiedi cosa sarebbe successo se ne avessi messa dentro una diversa. Io ho occhi e orecchie, e ho sempre vissuto con tutti, mentre ero il tecnico del Padova, in maniera coerente e rispettosa. Quello che fanno gli altri non mi interessa».

Non specifica il destinatario dell’allusione, non si dilunga in una spiegazione, ma la fotografia di quel Pro Patria-Padova è ancora bene impressa negli occhi. Una squadra morta, spenta, palesemente votata alla frenata. Se fosse stata colpa del mister, o di un disegno ordito ai suoi danni, potrà spiegarlo solo chi c’era. «Da un lato vorrei parlare in maniera approfondita, spiegare alcune cose. Ma dall’altro mi dico che forse è meglio evitare certi discorsi, perché parlare del passato, adesso, forse non è opportuno. Tutte le vicissitudini preferisco tenermele per me, per riflettere su quello che è stato». E questi primi mesi qualcosa hanno già partorito. «Le due facce della medaglia: ho riflettuto su di me, e credo ci siano stati dei lati positivi, come per esempio il fatto che credo di aver dato tutto quanto avevo verso questi colori, e altri negativi, come alcuni comportamenti, alcune relazioni con le altre persone, alcune decisioni tecniche. Il tempo e una nuova squadra riusciranno a farmi ripartire, vedremo cosa accadrà».

(Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia)




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