Cittadella primo, il “Corriere della Sera” dedica due pagine ai granata

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È lunga, siamo solo alla quinta giornata, da qui al 19 di maggio può ancora succedere di tutto, c’è chi fa notare che un anno fa di questi tempi il Livorno correva come un puma e poi è retrocesso con ignominia, però la classifica della B ora è lì da vedere: Cittadella 15 punti, tutte vittorie e +5 sul Verona che, per inciso, secondo gli esperti costa quattro volte di più (23,95 il valore della rosa dell’Hellas contro i 6,23 del Citta , la squadra più a buon mercato del torneo, fonte transfermarkt.it). È la serie B, bellezza, il calcio all’incontrario, o forse solo il calcio di chi corre di più anche se spende di meno, di chi s’arrangia, ed è significativo che l’uomo del momento sia Roberto Venturato, 53 anni, un po’ allenatore e un po’ promotore finanziario, nato e cresciuto fino ai dieci anni in un posto che si chiama Atherton, in Australia, perché i suoi erano emigrati laggiù in cerca di fortuna prima di tornare in Veneto. Da giocatore carriera così così, «mezzala di passo lento» l’impietosa ma veritiera definizione di Wikipedia, quindi la panca con un esordio brillante a Pizzighettone che porta dalla D alla C1. Va alla Cremonese, le cose vanno male, resta fermo due anni ed è lì che deve ingegnarsi per sbarcare il lunario: comincia a lavorare come promoter, gestione patrimoni, all’inizio pochi soldi, poi s’allarga e oggi il portafoglio clienti «è sostanzioso» assicura un collega. Sarà anche per questo che l’ufficio non l’ha mollato. Neanche adesso che, facendo finta di niente, insieme al fidato d.g. Marchetti sbircia la serie A dalla panchina del Tombolato, 7.623 posti a sedere a mezzo chilometro scarso da Porta Padova, una delle quattro della cinta muraria duecentesca che abbraccia il centro storico dove vive buona parte dei 20mila abitanti. Bel posto, sul serio. Sottovalutato, un po’ come Venturato. «Il nostro punto di forza è che qui si sentono tutti protagonisti, indipendentemente da chi gioca» spiega lui. Tutti fanno tutto, soldi pochi ma spesi con buonsenso (sponsorizzano i Gabrielli, 400mila tonnellate l’anno di prodotti siderurgici, il presidente della squadra è Andrea, acciaieria e laminatoi hanno sede in paese), rosa tutt’altro che stravolta rispetto a quella della promozione dalla Lega Pro, zero primedonne. Funziona: le statistiche assicurano che nessuno calcia in porta tanto quanto loro, anche se davanti ci sono mestieranti semisconosciuti ai più come Chiaretti o Strizzolo. Quest’ultimo, detto Striz, l’hanno preso dal Pordenone e per adesso l’ha già buttata dentro tre volte, una in meno di Litteri, l’unico della squadra con un po’ di curriculum (Ternana, Entella, due anni nelle giovanili dell’Inter, cose così). Insomma: gli ingredienti son diversi, e fra questi ci sono pure le polizze del signor Venturato. «La gestione degli obiettivi negli investimenti e nello sport è molto simile, saperli interpretare è il mio compito in entrambi gli ambiti» disse qualche tempo fa durante la magnifica sgroppata verso la B, spiegando come un lavoro aiutasse l’altro. A proposito: ha un debole per Sarri. Uno che, guarda caso, una volta stava in banca fino alle cinque e poi, borsone in mano, andava al campo. È la rivincita dei dopolavoristi, con gli interessi. Pardon, le provvigioni.

(Fonte: Corriere della Sera, Carlos Passerini)

Tra il XII e il XIII secolo Padova pensò alla sua espansione, entrando in conflitto coi comuni confinanti. Nacque per questo nel 1220 Cittadella, città murata che da avamposto militare contro Treviso (e Castelfranco) divenne baricentro amministrativo per il territorio. Sono passati i secoli ma dentro quelle mura è rimasto qualcosa di magico, un mix che adesso fa sognare gli appassionati del pallone e causa inevitabili invidie dei vicini di casa castellani, che un tempo contro il «Citta» giocavano epici derby con il Giorgione ma che adesso si devono accontentare di osservare i cugini volare sempre più in alto. Perché è accaduto quello che nessuno si immaginava: 15 punti, cinque in più del Verona, il Citta è a punteggio pieno, primo in classifica in serie B. Un primato da record celebrato da tutti i media nazionali. Dopo la retrocessione del 22 maggio 2015 in Lega Pro, arrivata dopo sette anni di serie B, e il ritorno nella serie cadetta con la festa dello scorso 18 aprile, è cominciata così una stagione impressionante. Cinque partite, cinque vittorie. Tredici gol fatti, tre subiti. Neppure nei sogni più reconditi era ipotizzabile un trend di questo genere per un manipolo di giocatori giovani (età media: 24,2 anni), già ribattezzati la «cooperativa del gol». Perché non c’è solo Gianluca Litteri con le sue quattro reti o Luca Strizzolo con i suoi tre gol. Nel tabellino dei marcatori è finito due volte pure Andrea Arrighini; un gol a testa per Lucas Cossenzo Chiaretti, il capitano Manuel Iori, Manuel Pascali e Alessandro Salvi. «Una società solida coi piedi per terra e un ambiente sano, questo il nostro segreto», gioisce il sindaco, Luca Pierobon, che ormai ha già promesso che se sarà l’anno della serie A, allora è pronto a mettere le mani sullo stadio per i lavori necessari. Invero, dicono che l’obiettivo stagionale resti la salvezza. Ma ormai i riflettori dell’Italia calcistica sono di nuovo puntati sul Veneto, dove sta nascendo qualcosa di simile al Sassuolo di Giorgio Squinzi. Grazie ad un passaggio generazionale riuscito, quello dentro la famiglia Gabrielli: lo storico paròn , Angelo, scomparso nel 2009, dopo aver creato il sogno negli anni ‘70 l’ha trasmesso al figlio Andrea, capace di una gestione oculata in un ambiente familiare. «Non ho segreti se non la costanza, l’impegno e la passione — dice — dall’ultimo degli addetti ai vertici, chiediamo a tutti di credere al progetto e di non mollare mai». C’è chi sostiene che il merito sia quello di una città piccola, poco più di ventimila anime, senza la pressione che si vive a Verona o Vicenza. Manca «l’ansia da prestazione» che si percepisce a Padova, da sempre nel mirino di sfide e rivalità. Il caso dell’ex sindaco di Cittadella, Massimo Bitonci, che ora governa il capoluogo è emblematico come i «derby» in tribuna tra rappresentanti dell’imprenditoria. Un esempio? L’incrocio tra i due industriali che si sono succeduti sulla poltrona di presidente di Confindustria Padova, prima il biancoscudato Francesco Peghin, poi proprio il cittadellese Massimo Pavin. Derby a parte, nel clima sereno cittadellese ben cresce il settore giovanile, modello a livello nazionale. Merito di una società che valorizza tutti, come nel caso di Andrea Pierobon, l’highlander dei portieri, cittadellese doc: è stato il professionista più anziano a giocare, a 46 anni, ora fa il preparatore. «C’è armonia, siamo compatti e uniti: questa la nostra ricetta». E applausi anche per l’allenatore, Roberto Venturato, allievo di Mondonico. Anche se poi, quando chiedi un nome, tutti fanno sempre il suo: Stefano Marchetti, il direttore sportivo capace di fiutare i talenti e ottenere risultati enormi. Nomi? Coralli, Meggiorini, Ardemagni, Cherubin, ora Litteri. Le cifre? Stando ai dati di TransferMarkt la società granata è quella con il valore di mercato più basso della B. I giocatori sono stimati 6,23 milioni di euro dopo un mercato da 239 mila euro. Il Verona, per dare un raffronto, vale 23,95 milioni. Ecco spiegato perché non si riesce a girare per Cittadella senza vedere bandiere granata. Gli abbonamenti, ad oggi, sono a quota 1.658. «Speriamo di battere il record storico di 1.718, la campagna chiude sabato», incrocia le dita Pierluigi Basso, portavoce del Centro coordinamento dei dieci club granata (400 tifosi), con sezioni che vanno da Jesolo alla Valle d’Aosta. Dentro le mura, si tifa al bar Cetra. Qui si trovano i Supporter Granata, gli ultrà. Cantano, ballano, niente eccessi. «Il segreto? Tutto si può con la massima umiltà», dicono. Fuori le mura, il passaggio obbligato è al Bar allo Stadio, c’è la sezione «Lady Granata». Venti iscritte, decine le simpatizzanti. «Dalla nipotina di tre anni alla pensionata sessantenne, siamo le tifose» dice la loro guida storica, titolare del bar. Personaggio noto quasi quanto Giuseppe Ferronato, capace qualche anno fa di andare da solo al San Nicola di Bari e ora capo del pulmino dei tifosi irriducibili delle trasferte. «Mercoledì siamo tornati alle sei di mattina da Avellino — saluta — dopo aver fatto 1.500 chilometri di strada ma siamo già pronti per Trapani, il sogno non è finito».

(Fonte: Corriere del Veneto, Mauro Pigozzo)




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