Live 24! Padova-Mantova, il giorno dopo: la tanto attesa svolta non c’è stata

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Ore 21.20 – (Il Centro) In sala stampa lo staff del Teramo dimostra pacata soddisfazione. Aver conquistato un punto sul terreno del Druso, pur avendo cullato il sogno della vittoria per tre quarti di gara, rappresenta pur sempre un motivo di orgoglio e soddisfazione. Pur se pacata. Mister Nofri, ad esempio, non fa una piega. Il suo Teramo ha allungato la striscia, inanellando il terzo risultato utile consecutivo e poco importa se i biancorossi hanno perso, per una distrazione, l’opportunità di violare il terreno bolzanino. «Credo che abbiamo incontrato una squadra molto organizzata», dice l’allenatore, «dotata di quei valori tecnici che mi aspettavo e che avevo illustrato in settimana ai miei ragazzi. Se fossimo riusciti a chiudere la gara nei primo tempo, forse avremmo fatto il colpaccio. Chissà… in campo però ci vanno anche gli avversari e di questo bisogna tenerne conto. Questo per dire che sono contento di aver conquistato un pareggio su un campo veramente difficile. Teramo rinunciatario? Bisogna pensare anche alle caratteristiche dell’avversario e quindi agire di conseguenza. Quando in campo c’è equilibrio, la gara si incanala in una direzione che magari non è quella che vorremmo». Eppure la sensazione è stata che le sostituzioni di Jefferson e Petrella abbiano fatto arretrare il baricentro della squadra. «I cambi hanno condizionato il rendimento? Sono state fatte delle sostituzioni», dice il tecnico, «funzionali alle energie spese. Croce ha le stesse caratteristiche di Jefferson ed in campo ha dato quello che poteva dare». Bulevardi ha griffato il primo gol stagionale e quindi è legittima la soddisfazione dell’attaccante. Poi è arrivato il gol del pari altoatesino che ha ridimensionati il sogno, ma non ha spazzato via la felicità. «All’Alto Adige sta stretto il pari? Penso proprio che sia il contrario», dice Bulevardi, «noi nel primo tempo avevamo avuto l’occasione di chiudere la gara. Quindi se c’è qualcuno che deve rammaricarsi questo è proprio il Teramo». Eppure bisogna mettere in conto il calo che ha evidenziato il gioco biancorosso nella ripresa e che, probabilmente, ha dato spazio agli avversari. «Il calo nella ripresa può essere normale», continua l’attaccante, «ci siamo chiusi un po’, difendendoci anche perché per noi il punto sarebbe stato egualmente importante. Abbiamo provato a chiudere la gara, ma nel calcio ci stanno anche i momenti in cui ti trovi in difficoltà. Non è facile gestire queste situazioni. Ringrazio Steffè per il passaggio, più volte ho provato a fare quel taglio. Cosa è mancato? Se avessimo sfruttato meglio le occasioni nella parte iniziale della ripresa adesso saremmo qui a commentare un altro risultato». La chiusura spetta a Ilari: «Due punti persi o un punto guadagnato? Insomma, un po’ l’uno e un po’ l’altro», risponde il centrocampista, «dopo essere andati in vantaggio pensavamo di poter vincere questa partita. Poi però c’è stata la disattenzione che ci ha condannato al pareggio. Prendiamo comunque con soddisfazione questo punto fuori casa, contenti di averlo conquistato su un campo difficile e al cospetto di una squadra molto ostica e fisica. Ci prendiamo questo punto e guardiano avanti. Sofferto nel secondo tempo? Probabilmente a fine gara siamo calati fisicamente e loro sono stati bravi a metterci in difficoltà. Nonostante questo abbiamo avuto le nostre occasioni per vincere».

Ore 21.00 – (Il Centro) Tra rimpianti e pasticci che hanno rischiato di rovinare la trasferta di Bolzano, il Teramo trova il suo terzo risultato utile consecutivo e continua a muovere la sua classifica, raggiungendo quota 6 in condominio proprio con il Sudtirol. Insomma, la cura Nofri funziona ma c’è da lavorare ancora parecchio per trovare una giusta collocazione in un torneo che al momento non vede gli abruzzesi protagonisti. Un punto arrivato al termine di una gara sofferta. Meno intraprendente e brillante rispetto alla gara con il Fano ma comunque vivo e soprattutto ben messo in campo. Il Teramo che si presenta al Druso è rinunciatario ma organizzato, molto più attento a difendersi da un Sudtirol che di idee non sembra averne parecchie in più. Ne esce fuori un primo tempo noioso, poco divertente, in cui a vincere è la monotonia di due squadre che non fanno altro che pensare a non sbagliare. La sveglia per entrambe suona tardi: il Sudtirol recrimina al 38’ per un tocco di mano di D’Orazio giudicato involontario. Sugli sviluppi dell’azione il sempre presente Tait semina il panico e viene atterrato a due passi dall’area di rigore. Il Teramo incassa senza reagire, tiene duro e riesce a chiudere in avanti la ripresa. La complicità di Obodo però è evidente: perde una palla sanguinosa, gliela sradica dai piedi un attento Steffè che ha la lucidità di premiare l’inserimento coi tempi giusti di Bulevardi (42’). Il paradiso all’improvviso: nella più totale confusione e disperazione per la pochezza creata, il Teramo fa festa e si ritrova avanti. Viali però cambia presto di ritorno dagli spogliatoi e stravolge il Sudtirol. Il colpevole Obodo lascia il posto a Cia che va a sistemarsi sulla corsia di sinistra trasformando i padroni di casa che si schierano con un 4-2-4. Il suo ingresso porta vivacità e velocità che comincia a far barcollare la difesa del Teramo. Sempre attenta, fin quando non fa il suo ingresso in campo anche l’indemoniato Gliozzi. Dopo soli quattro giri di lancette insacca da due passi: dall’out di sinistra arriva l’inserimento perfetto di Sarzi Puttini, Cia lo trova con i giri giusti e il terzino mette sul piede dell’attaccante che non può sbagliare. Il Teramo accusa il colpo, soffre la freschezza degli avversari ma dimostra che qualcosa nel suo carattere è cambiato. La voglia di completare la rimonta del Sudtirol lascia praterie e spazi che il Teramo si prende ma sfrutta male. Sansovini manda alta la sua prima conclusione verso lo specchio della porta ma Croce, il suo compagno di reparto, non lo segue nelle intenzioni restando fuori da una gara che improvvisamente il Sudtirol vuole fare sua. Nofri percepisce il pericolo, affianca Capitanio al pacchetto dei centrali con gli esterni di centrocampo che arretrano ulteriormente la loro posizione formando una linea a 5 in fase passiva che lascia davvero poco al Sudtirol. Che però ha coraggio, e pure una qualità che s’intravede nella magia di Cia: calcia da fermo, dai venticinque metri, e Rossi compie il suo unico intervento in una giornata che potrebbe farsi nera. Perché Gliozzi prova a completare l’opera, s’inventa un destro al volo che per questione di centimetri non va ad insaccarsi sotto la traversa. E poi Cia, il solito e travolgente Cia che ha cambiato l’intera inerzia alla gara, decide di graziare un Teramo con un errore che ha del clamoroso da due passi. Il Teramo ringrazia, torna a casa con un punto e con la consapevolezza che la prossima volta, a staccare la spina con qualche minuto d’anticipo, c’è il pericolo di rimanere a bocca asciutta.

Ore 20.40 – (Alto Adige) In sala stampa, nell’entourage altoatesino si respira una decisa soddisfazione. Il pari non sarà anche il massimo dei risultati ma, per come è maturato, è pur sempre un bottino da leggere con la giusta chiave di lettura. Così come fa mister Viali. Mister partiamo dal risultato finale… “Lo considero positivo perché frutto della prestazione e della reazione fornita dai miei ragazzi. Sono veramente orgoglioso di allenare questo gruppo che ha fornito una risposta eccezionale, dopo che per un episodio sfortunato eravamo andati sotto in maniera immeritata. Non era facile recuperare perché avevamo di fronte una squadra dotata di un organico forte. Siamo riusciti a pareggiarla e, nel finale, meritare anche di vincerla. Faccio davvero i complimenti ai miei ragazzi”. Complimenti a parte bisogna anche dare il giusto merito ad un Teramo che nel primo aveva saputo contenere l’atteggiamento offensivo altoatesino. “Noi in difficoltà? Non più di tanto – continua Viali – anche perchè le occasioni più importanti le abbiamo avute noi. Sapevamo che se avessimo concesso campo sarebbe stato difficile, invece la squadra è rimasta più offensiva ma mantenendo il giusto equilibrio”. Però nel primo tempo l’Alto Adige non ha mai tirato in porta… “Si è vero, così come è anche vero che abbiamo mantenuto il pallino del gioco sin dal primo minuto. Gliozzi? E’ palese che è il nostro giocatore più importante sotto il profilo del gol, ma devo dare atto a Sparacello che ha fatto una prestazione importante. Entrambi hanno fatto molto bene” E magari questo tandem è destinato a diventare la coppia d’attacco del futuro, insieme ad un cambio di modulo. “Può darsi – conclude Viali – Stiamo lavorando nello specifico, puntando sempre ad avere il giusto equilibrio anche nel cambio del modulo. Quale sarà il vero Il vero dell’Alto Adige? Quello dei novanta minuti di oggi, escluso il momento dell’errore in cui abbiamo subito gol”. I complimenti fanno piacere a Sparacello che rilancia i concetti espressi dal mister. “A mio parere non abbiamo fatto un’ottima partita…ma di più. Stavamo per essere puniti dall’unica palla sbagliata durante la partita. Dobbiamo lavorare su questo cercando di sbagliare di meno. Per il resto dobbiamo ripartire da questo secondo tempo…per il momento ci sta girando tutto un pò storto però sono sicuro che tra un po’ la situazione, con queste prestazioni cambierà. Anche se nel primo tempo ci sono state poche conclusioni, abbiamo però creato tanto. Il pareggio ci sta stretto…siamo stati noi a fare la partita per tutti i novanta minuti e meritavamo i tre punti”. Cia ha timbrato il cartellino con una prestazione autorevole. “Anche oggi abbiamo dimostrato di essere un grande gruppo – dice il centrocampista – che si è reso protagonista di una reazione notevole. Per me, in questo momento, questa è la cosa più importante. La squadra c’è ed anche le opportunità. Le occasioni? Sul primo tiro il portiere ha fatto una gran parata, sulla seconda occasione potevo prendere un’altra decisione ma è andata com’è andata”. La chiusura spetta al ragazzo di Calabria Gliozzi che ha inanellato la quarta rete stagionale. “Si era visto sin dall’inizio che avevamo la partita in pugno. Dobbiamo migliorare nei particolari, perché è un periodo in cui appena sbagliamo il primo episodio tutto si gira contro. Oggi abbiamo giocato per novanta minuto solo noi”.

Ore 20.20 – (Alto Adige) Un pareggio. Un punto, una vittoria che manca da agosto, la frequentazione dei quartieri malfamati della classifica. Se l’analisi della situazione spettasse ad un’agenzia di rating sicuramente all’Alto Adige non verrebbe attribuita la “tripla A” . Insomma traducendo in valori economici il rendimento e la posizione nella graduatoria, il bilancio non sarebbe quello della Repubblica federale elvetica ed il conto corrente quello di una banca di Zurigo ma il calcio non è un rendiconto profitti e perdite e allora ecco che il pareggio con il Teramo va accolto se non con entusiasmo con positività. Il primo aspetto è legato alla presenza del pubblico per la prima volta sopra le mille unità a testimonianza che il dualismo con la Virtus Bolzano ha alimentato la voglia di calcio e che Bolzano ha voglia di vedere il pallone rimbalzare tutte le settimane. L’altra considerazione è legata alla prestazione, finalmente viva, con quell’anima invocata invano da mister Viali per quasi due mesi e che il Druso ha consegnato dopo una lunga gestazione. Il calcio accademico, elegante ma spesso sin troppo lezioso delle prime uscite ha fatto spazio ad un gioco più pratico, terreno, materiale, sporco di grasso, pane e salame, proletario nella sua accezione positiva. Perchè era il carattere, la grinta e la voglia che il tecnico chiedeva ai suoi ragazzi, quei sentimenti che per sua stessa ammissione non riusciva a trasmettere e che invece sono emersi contro il Teramo. E sono venuti fuori alla distanza dopo che gli abruzzesi erano andati in vantaggio e sembravano aver la partita in controllo grazie anche alla qualità di giocatori esperti come Sansovini. Ed è proprio dallo svantaggio che mister Viali ha tratto l’ispirazione per rimodellare la squadra e darle un assetto più coraggioso, guerrigliero, trasformando il manto erboso del Druso nella giungla del Vietnam. E allora ecco che il tecnico tira fuori Obodo, colpevole senza attenuanti in occasione del gol del Teramo quando perde una palla davanti all’area con tutta l’insostenibile leggerezza dell’essere ma anche incapace di andare oltre il passaggio facile agendo più da terzo centrale difensivo che da playmaker. Cia, che gli è subentrato, ha finalmente dimostrato di essere un giocatore eversivo e che quel 17enne biondino di Montagna destinato a San Siro e all’Olimpico non si è smarrito del tutto. Merita una maglia da titolare, anche come terzino. E a proposito di terzino finalmente Sarzi Puttini, uno che sembra il titolo di un romanzo di Bassani, si è affacciato alla finestra propiziando il gol del pari di Gliozzi. E il ragazzo di Calabria entrando a partita in corso si è scatenando, segnando e sfiorando il gol del vantaggio con un colpo spettacolare. E allora ecco che la coppia Sparacello – Gliozzi sembra quella che in questo momento può dare maggiori garanzie tanto che lo stesso Ciurria ha alzato l’ asticella del suo rendimento. Chimatelo “4-3-3” anomalo o anche “4-4-2” ma questa squadra in questo momento non può prescindere dal tandem sudista (siculo-calabrese per la precisione) e anche da Cia che dà una cifra tecnica più significativa. Un assetto più spregiudicato ma solo all’apparenza perchè l’Alto Adige non ha più rischiato niente. Eppoi anche sul piano spettacolare il calcio meno letterario ma più “hip hop” del secondo tempo ha reso di più.

Ore 19.50 – (Gazzetta di Reggio) Selfie, battute e tanti «dai c’andom». La comparsa del presidente Mike Piazza non ha mancato di suscitare entusiasmo tra i tifosi. Ieri il presidente prima del fischio d’inizio è passato vicino ai fan della Reggiana e si è fermato con loro per fare qualche foto e scambiare delle battute, come testimonia il video del sito internet della Gazzetta di Reggio. I granata hanno notato che la comprensione della lingua italiana del presidente è molto migliorata. L’italoamericano ha detto che le ragioni dei suoi progressi evidenti sono dovute al fatto che «vuole mangiare e bere vino». E così, per farsi capire meglio, sta facendo passi in avanti. Il patron granata ha vissuto poi in tribuna la partita con grande intensità. Tutte le volte che la squadra andava in avanti si alzava dal seggiolino e poi dava segni d’impazienza quando l’azione non si concretizzava. A fine partita Piazza era meno sorridente del solito, in linea con l’umore di tutto l’ambiente granata. «Ragiono da giocatore e mi relaziono alla situazione che si è verificata in campo, alla durezza della partita, mi immedesimo con i giocatori, con la frustrazione che possono avere. Comunque ringrazio i nostri tifosi, perché non ci fanno mai mancare il loro appoggio. Anche oggi sono stati fantastici». Il presidente sempre comunque aver già compreso che aria tira in Lega Pro. «Il Lumezzane ci ha reso la vita molto difficile e credo sarà il tema del campionato: avremo queste difficoltà in tante altre situazioni. Il risultato alla fine è positivo perché queste sono le classiche partite che puoi perdere e il nostro portiere ha fatto due parate importanti». Il presidente Piazza ha seguito tutte le partite della Reggiana, tre dal vivo e le altre in televisione. «La mia preferita? Per me è quella dell’esordio in casa con l’Ancona. Vincere 4-0 naturalmente è sempre bello. Però anche le altre partite sono state importanti. Mano a mano che il campionato va avanti dovremo essere capaci di vincere partite equilibrate». Mike Piazza sarà anche martedì sera al Città del Tricolore per la sfida con il Santarcangelo. Cosa si aspetta? «L’80% della partità consiste nell’essere pronti fisicamente e mentalmente, poi il resto dipende da tante cose, anche la fortuna. Mi aspetto che la squadra mantenga la concetrazione e si faccia trovare pronta».

Ore 19.40 – (Gazzetta di Reggio) «Sono un viscerale. Voglio subire se l’avversario ci mette in difficoltà, non se presto il fianco dando all’avversario la possibilità di farmi male. Quindi ben vengano queste partite ad inizio campionato, dove non perdi. Per questo io dico che il bicchiere è mezzo pieno». Mister Leonardo Colucci fa uno sforzo e prova a vedere qualche aspetto positivo della trasferta di Lumezzane. Il pareggio è frutto di una prestazione anonima dei granata, condita qua e là da qualche errore tecnico di troppo. Mister, qualche merito lo concediamo al Lumezzane per avervi fatto giocare così? «Sapevamo come gioca il Lumezzane, ossia bravo a chiudersi e ripartire in contropiede. Noi sapevamo quello che c’era da fare, ma non lìabbiamo fatto. O meglio, l’abbiamo fatto anticipando la moviola della domenica sportiva. So dove abbiamo sbagliato e per questo non sono preoccupato, perché so dove andare a operare». Nel complesso la partita non la può aver soddisfatta. «Bisogna essere più squadra e provare a commettere qualche errore in meno da un punto di vista tecnico». E’ d’accordo sul fatto che sia mancato un pizzico di cattiveria, specialmente nel primo tempo? «Sì, ma su quell’aspetto ero stato chiaro con i ragazzi. Quando si gioca ogni tre giorni, il serbatoio si riempie a metà, a differenza di quando hai una settimana intera per fare il pieno. L’altra metà si riempie con le energie nervose e se non ci metti questa energia, in campo, rischi di andare incontro a delle figuracce». Non vede un calo fisico? «No, almeno nel primo tempo. Semmai avrei dovuto vederlo nella ripresa, e quindi questo mi porta a pensare che si debba lavorare più nella testa dei giocatori che nel fisico». Questa partita la considera una figuraccia, allora? «Pensavo di fare una prestazione migliore, sono sincero. Ma come ho già detto, provo a vedere il bicchiere mezzo pieno: continuità di risultati, difesa imbattuta con una squadra incerottata nelle scelte». Contento del punto, quindi? «Non lo sono quando vinciamo, figuriamoci quando pareggiamo. Ma ora dobbiamo tenere botta: abbiamo altre due partite in sei giorni e quindi dobbiamo recuperare energie mentali e soprattutto fisiche». Ha fiducia nelle prossime due partite casalinghe? Ci dobbiamo aspettare un corposo turn over? «Assolutamente guardiamo con fiducia ai prossimi due impegni, dobbiamo cercare la vittoria. Il turn over? Bisogna averli i giocatori per fare un po’ di staffetta. Vediamo l’undici a disposizione, perché Marchi è entrato alla fine, ma sente ancora dolore; Guidone non ha i novanta minuti nelle gambe. Il mio compito, ora come ora, è di individuare un undici e ritardare il più possibile i cambi». Perché? «Anche io vorrei cambiare dopo dieci minuti, prima di De Boer, ma non posso farlo e quindi dalla trasferta di Lumezzane ci prendiamo in punto e ci prepariamo per il Santarcangelo».

Ore 19.30 – (Gazzetta di Reggio) Alla fine a rammaricarsi di più sono stati i padroni di casa del Lumezzane. L’unica parata della partita l’ha fatta infatti Perilli al quarto d’ora della ripresa. Nelle statistiche della Reggiana invece alla voce tiri in porta campeggia un eloquente “zero”, che ben descrive anche il gioco che si visto allo stadio Saleri. Il pareggio, visto l’andamento della gara, è comunque un buon risultato. Soltanto dopo le partite casalinghe di martedì con il Santarcangelo e sabato prossimo con il Fano si potrà capire cosa significa questo punto. Al momento, dopo due vittorie consecutive, sembra una battuta d’arresto. La squadra è mancata di energie nervose e da due gare fatica a far vedere qualcosa in avanti, mentre nei match precedenti aveva sempre dato l’impressione di avere molte soluzioni in avanti. Va detto che Marchi è stato fuori, e ieri è entrato solo nel finale, e Guidone non è al 100%. Mister Leonardo Colucci deve dunque fare i conti con una squadra incerottata. NOIA SUGLI SPALTI. Il primo tempo di una noia mortale. I padroni di casa fanno vedere qualcosa di più. Sono chiusi, ordinati e ripartono, con belle aperture sulle fasce. La Reggiana invece è compassata, non disdegna il giro palla e non arriva mai al tiro. La squadra granata ragiona e non si lascia prendere dalla frenesia, come accaduto anche con il Sudtirol, ma è evidente che manca cattiveria agonistica, quello spirito guerriero che in altre occasioni si è invece visto. Il primo tiro degno di questo nome si vede al 35’ quando Barbuti, sul filo del fuorigioco, spunta davanti a Perilli e da fuori lascia partire un tiro che il numero uno granata respinge. Poco dopo l’unica occasione per la squadra di Colucci: corner battuto corto per Nolè che mette in mezzo e Rozzio da pochi passi la mette alta di testa. BRESCIANI PIU’ IN PALLA La ripresa parte con un altro piglio. Si vedono subito più rovesciamenti di fronte. Nei primi minuti Guidone prova il gol alla Del Piero dal lato sinistro dell’area, ignorando il taglio di Nolè, ma la mira è molto imprecisa. I padroni di casa spingono di più. Alla 14’ Perilli si produce in un grande intervento su tiro dal limite di Lonetti, deviando la palla in angolo. Con il passare dei minuti le squadre perdono un po’ di compattezza e il match diventa un po’ più vivace (non certo spettacolare). Colucci gioca la carta Falcone per Manconi, meno brillante del solito, e poi Angiulli per Calvano, lasciando inalterati gli equilibri. Non succede più nulla e alla fine la Reggiana esce da Lumezzane con un punto. Nel recupero Matese, protagonista di una gara spenta, si fa espellere per un calcetto a Speziale, che a sua volta reagisce e viene cacciato. Rispetto alla partita con il Sudtirol Colucci ha schierato Calvano al posto di Angiulli e Ghiringhelli per Mogos. A fine gara l’allenatore del Lumezzane, Antonio Filippini, si disce dispiaciuto per la mancata vittoria. La squadra di casa non ha fatto moltissima, «ma ai punti avremmo meritato noi», dice il mister. Un’analisi condivisa anche su sponda reggiana. Ora è già tempo di pensare al Santarcangelo: in caso di vittoria la Reggiana raggiungerebbe il Venezia, ieri sconfitto a Pordenone, e salirebbe al secondo posto.

Ore 19.10 – (Gazzetta di Modena) La sfida col Bassano gli ha riservato la prima maglia da titolare. Alberto Cossentino si è dimostrato all’altezza della situazione. «Non abbiamo concesso nulla al Bassano. Pur con due innesti che non avevano mai avuto modo di giocare come Minarini e il sottoscritto, la difesa ha mostrato intesa ed affiatamento: è la prova che in questa squadra siamo tutti titolari. Penso che anche questa partita sia stata condizionata dall’episodio con la Reggiana: quel rigore, più il rosso al loro portiere, se concesso, ci avrebbe permesso di non perdere il derby e andare ad Ancona con un altro spirito. Invece questa partita l’abbiamo affrontata col peso di due risultati negativi. La reazione però è stata ottima. Dispiace molto per i fischi della gente ma in questo momento dobbiamo pensare ai piccoli passi. Sono felice del mio debutto. Ad inizio stagione avevo il fardello di una doppia squalifica e un acciacco che mi hanno condizionato, ma ora sono pronto a fare la mia parte e l’ho dimostrato».

Ore 19.00 – (Gazzetta di Modena) Simone Pavan è soddisfatto della prestazione del Modena e lo dichiara apertamente e con orgoglio al termine della partita con il Bassano. I numeri, però, dopo sette giornate non sono affatto dalla parte del tecnico che ancora non riesce a dare un volto nel gioco e anche nell’anima alla propria formazione. Soddisfazione, quella di Pavan, che non è certo condivisa dal popolo canarino che sta progressivamente abbandonando il Braglia, e probabilmente anche dei vertici della società anche se Antonio Caliendo e il diesse Gigi Pavarese non mettono in discussione l’allenatore gialloblù. Che incassa la fiducia della dirigenza che ieri gli ha concesso l’attenuante dei tanti infortunati. Ma col Sudtirol, che il Modena affronterà ancora al Braglia, qualcuno dovrà cominciare a tirare qualche somma.di Claudio Romiti Dopo la sconfitta e la brutta partita di Ancona, contro il Bassano tutti si aspettavano qualcosa di più. Escluso Pavan, che infatti alla fine si dichiara molto soddisfatto, ma in relazione alla difficile situazione per le tante assenze: “Come valuto questa gara del Modena? Con molta soddisfazione, sia per il risultato che per la prova offerta dalla mia squadra. Eravamo in super emergenza, perché i giocatori più esperti erano assenti e in campo sono scesi molti giovani, diversamente dal Bassano. Una delle formazioni più forti del campionato, non dimentichiamolo. E al Bassano non abbiamo concesso quasi niente, malgrado sia arrivato al Braglia forte di uno degli attacchi più prolifici in questo inizio di stagione”. Se la difesa gialloblù si è confermata su livelli di affidabilità, ancora una volta il piatto piange per quanto riguarda la fase offensiva. Un problema che Pavan ammette: “Abbiamo segnato un gol ogni 210 minuti? E’ vero, facciamo fatica a fare gol. Anche io vorrei che ne segnassimo tanti, oggi, come si chiedeva, ho cambiato schierando due punte e due esterni, ma la rete non è arrivata, nonostante due occasioni ci siano state, con Ravasi e Tulissi. Alla nostra fase offensiva manca un po’ di qualità, è vero, ma non ho la bacchetta magica e possiamo solo continuare a lavorare per risolvere il problema. D’altronde non abbiamo Maradona, nè le punte di Parma e Reggiana, insomma, i giocatori sono questi”. Anche contro il Bassano, solo pochi minuti per l’ungherese Bajner. Perché non dargli spezzoni più lunghi, anche in considerazione del fisico che ha? “In questa partita non potevo schierare una punta statica, si doveva giocare sulla profondità. Ma in futuro lo vedrete”. Perché Popescu schierato a destra nel finale? “Non avevo altri esterni in panchina e dovevo sostituire Diakitè infortunato, così Popescu si è dovuto adattare”. E le altre scelte iniziali? “Calapai è rimasto fuori per scelta tecnica, Basso invece dopo avere valutato le sue condizioni in mattinata”. Note positive, oltre al pareggio? “Minarini, che non giocava da molto, ha fatto la sua parte e Cossentino un buon debutto”. I fischi del pubblico? “Non erano per questa partita, ma per la prestazione di Ancona e in riferimento a quella gara erano meritati” . Stato d’animo e prospettive di Pavan? Il mister li spiega così: “Non sono preoccupato, ma con il Sudtirol voglio rivedere subito in campo la giusta mentalità”.

Ore 18.50 – (Gazzetta di Modena) Dovremmo parlare di una partita di calcio, di un incontro della settima giornata del disgraziato campionato di Lega Pro tra il Modena e il Bassano. Dovremmo parlare di un match con tiri in porta, errori, decisioni sbagliate dell’arbitro, di gol, insomma di qualcosa che anche minimamente si avvicinasse al gioco più bello del mondo. Invece dobbiamo raccontare di un calcio avvelenato dalla pochezza tecnica di un match sicuramente meno divertente ed avvincente di una partita tra scapoli e ammogliati di una sagra del porcino sul nostro Appennino. Novantacinque minuti di nulla assoluto: il Modena doveva vincere per riscattare le due sconfitte consecutive con Reggiana e Ancona e per mettere qualche punto in una classifica che lo vede già relegato sul fondo. Il Bassano doveva essere la squadra che tremare il mondo fa, ma anche da parte veneta una miseria totale. Il Modena di Pavan viaggia a fari spenti e in un buio sconcertante per la mancanza di anima, struttura di gioco e gamba: non che il tecnico abbia un organico dorato da gestire, ma qualcosa di meglio potrebbe sicuramente proporlo. Invece squadra a specchio sugli avversari per annullare sé stessi e anche i ragazzi di D’Angelo. Siccome la difesa tiene, il giochino di non perdere è riuscito, ma con pareggi in casa e sconfitte fuori si va incontro sparati verso un’altra stagione d’agonia. Un tiro in porta di Tulissi, l’unico ad avere il guizzo, e basta, nemmeno quello per il Bassano. I gialli chiedevano aiuto al Braglia nel doppio confronto consecutivo con Bassano e Sudtirol, ma a forza di proposte indecenti il popolo geminiano, che sta marciando verso i minimi storici evitati dallo zoccolo duro della Montagnani e da alcune centinaia di tifosi dalla fede pura, abbandonerà questa squadra al proprio destino e senza troppi rimpianti. Caliendo raccoglie i frutti del suo seminato, Pavan pure. Perché se in sede è pianto e stridore di denti, sul campo non va molto meglio. Il Modena non ha una manovra, è lungo 60 metri, e di, giornata in giornata, sta rinunciando anche a quel minimo di qualità che potrebbe proporre per gettarsi sulle caviglie dell’avversario e pensare soprattutto a non perdere. Di manovra offensiva non se ne parla neppure. I numeri: tre punti e un autogol in quattro uscite al Braglia; due reti e tre punti a Teramo e due ko a Salò e Ancona il bottino fuori casa. Mancano Schiavi e Basso, Calapai è fuori per scelta tecnica e anche Olivera ha problemi: Pavan, dopo aver studiato il Bassano, si mette a specchio con un 4-4-2. Manfredini tra i pali, Accardi torna in difesa sulla destra mentre a sinistra, al posto di Popescu, debutta a sorpresa Minarini. In mezzo esordio di Cossentino al fianco di Marino. Besea e Giorico i due centrocampisti centrali; a destra c’è Tulissi, a sinistra Loi. Diakite e Ravasi le due punte o presunte tali. D’Angelo si oppone con Bastianoni in porta protetto da Formiconi, Barison, Bizzotto e Crialese. Falzerano, Bianchi, Proietti e Minesso la linea centrale, Maistrello e Fabbro le due punte. Ravasi trova subito la via del gol, ma è in fuorigioco e l’arbitro Balice di Termoli non convalida a scoppio ritardato. Al 7′ Tulissi parte centralmente, sfonda, ma il suo sinistro dal limite è facile preda di Bastianoni. Stessa sorte per una conclusione da fuori di Fabbro. Il primo tempo è tutto qui. Nella ripresa, a parte un bel sombrero di Ravasi con tiro alle stelle, non accade nulla. Pavan inserisce Popescu a destra nella linea di centrocampo togliendo Diakite e alzando Tulissi al fianco di Ravasi. Popescu a destra ha le stesse possibilità di Gatto Silvestro di acchiappare Titti. Poi a una manciata di minuti dalla fine Bajner, che non è certo uno spaccapartite per struttura fisica e attitudini tecniche, rileva lo stesso Tulissi. Nulla era, nulla rimane e sono fischi con un misero punticino che va ad aggiungersi a un classifica sanguinante. Chi paga un biglietto vorrebbe assistere a una spettacolo, anche modesto, ma il calcio, in questo momento e probabilmente fino a quando Caliendo resterà al timone, non abita più a Modena.

Ore 18.30 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) La buona notizia è che la traferta di Modena conferma le potenzialità del Bassano, squadra solida e decisamente con una buona struttura di gioco. La cattiva notizia è che un punto agli uomini di mister D’Angelo sta davvero stretto: i gialloblu non pungono mai, Bastianoni rimane inoperoso per gran parte dei 90 minuti ma gli ospiti, saliti a 12 punti in classifica, non riescono a trovare la stoccata vincente in grado di portare a casa i tre punti. Finisce 0-0, quindi, un match avaro di occasioni ed emozioni. Il Bassano comincia bene, spingendo senza paura. Al 16’ Fabbro testa i riflessi di Manfredini con un gran tiro da fuori area. L’attaccante si intende bene con il partner di reparto Maistriello, preferito a Grandolfo, bravo a far valere i centimetri nel gioco aereo. I due ingaggiano fin da subito un duello appassionante con i centrali gialloblu. Falzerano ci va vicino di nuovo al 33’, gli uomini di Pavan non ci stanno e cercano di reagire, rispondendo in contropiede. Besea e Giorico provano a innescare Diakité, ma Bizzotto e Barison sono pronti a stoppare le sue ripartenze. Al 40’ Tulissi si mette in proprio e avanza per 30 metri ma il suo tiro dal limite dell’area finisce sul polpaccio di Diakité. Nella ripresa, il Modena comincia subito aggressivo con un colpo di testa pericoloso di Ravasi che prende il tempo ai difensori bassanesi ma spedisce alto. Il Bassano ha un buon giro-palla e organizza i suoi attacchi affidandosi soprattutto alle scorribande di Falzerano sulla fascia destra, anche perché in mezzo al campo Besea sembra un gigante insuperabile. Il reparto avanzato, invece, si appoggia alle sponde di Maistriello, bravo a fare da boa per gli inserimenti anche con la testa bendata a causa di un colpo ricevuto al sopracciglio in uno dei tanti duelli ingaggiati con la retroguardia modenese. Al 59’ i giallorossi ci vanno di nuovo vicini: Formiconi scambia con Falzerano e pennella un cross sulla testa di Fabbro, ma il tiro del centravanti del Bassano sorvola la traversa. Al 62’ D’Angelo cerca di dare maggior brio alla manovra e inserisce Rantier al posto di Minesso, ma il fantasista francese non fa fare il salto di qualità. Passano pochi minuti e Ravasi cerca il colpo ad effetto: supera un difensore con un sombrero, entra in area e colpisce di controbalzo. Grande zione personale, meno precisa la conclusione che non inquadra la porta. Nelle fasi finali è il Modena a cercare con più insistenza il gol: tutto inutile, finisce in parità e con i fischi dei tifosi gialloblu, insoddisfatti per la prova e per la classifica.

Ore 18.20 – (Giornale di Vicenza) Il Bassano avrebbe potuto fare decisamente di più. Questo emerge dalla sfida del Braglia. I giallorossi, tecnicamente superiori rispetto ai canarini, non sono riusciti a scardinare le maglie gialloblù strette da mister Pavan e il collega Luca D’Angelo ammette che il Bassano avrebbe dovuto osare maggiormente. Un match dai due volti quello dei veneti. «Nel primo tempo abbiamo fatto la partita che avremmo dovuto fare, quella che avevamo preparato. Siamo riusciti a giocare sugli esterni come volevamo, con Minesso e Falzerano, e se c’è un appunto che posso muovere ai miei – afferma l’ex allenatore della Fidelis Andria e dell’Alessandria – è quello di non aver sfruttare le occasioni avute. Nel primo tempo forse avremmo dovuto sfruttare meglio il fatto che il Modena non fosse pericoloso e tutto costretto in difesa». Nella ripresa il Bassano ha dato l’impressione di adeguarsi al gioco del Modena, che ha abbassato i ritmi. «Nel secondo tempo la gara è scaduta, i ritmi sono stati troppo bassi, tantissimi errori da una parte e dall’altra e alla fine non si è quasi mai giocato. Per questo il risultato è giusto».Il Bassano non ha creato tante palle-gol. «Loro si sono difesi sotto la linea della palla negli ultimi 40 metri anche con i due esterni offensivi, Loi e Tulissi – le parole di D’Angelo – e non è mai facile trovare spazio. Se nel primo tempo avevamo fatto gioco sugli esterni, nel secondo tempo abbiamo calciato troppo la palla in avanti e non siamo abituati a fare questo tipo di gioco, infatti si è visto. Il Modena ha fatto la partita che credeva di fare, ha temuto il Bassano anche perché viene da un momento non brillantissimo, quindi ha deciso di impostare la partita in un certo modo. Forse noi non abbiamo capito fino in fondo che tipo di partita dovevamo fare. Avremmo dovuto essere più veloci, calciare anche da fuori perché loro erano ammassati nella loro metà campo». Alla fine è un punto che D’Angelo si tiene stretto, anche perché, secondo lui, non saranno tante le squadre che ne faranno al Braglia. «Noi abbiamo cambiato molto e siamo in fase di costruzione. È una nota di merito aver tenuto una squadra così blasonata come il Modena sulla difensiva. È un punto che ci teniamo stretto».

Ore 18.10 – (Giornale di Vicenza) Tra Modena e Bassano ci sono due vincitori. Nel primo tempo ad avere la meglio è la tattica, nella ripresa, invece, la spunta la noia, con gli sbadigli del (già poco) pubblico del Braglia a salutare una partita che di certo non rimarrà negli annali. È un passettino in avanti per il Bassano che riesce comunque a dare continuità agli ultimi risultati, ottenendo un punticino importante contro il Modena. I canarini, che venivano da una situazione tutt’altro che semplice, con l’ambiente decisamente indispettito per le ultime prestazioni, hanno saputo imbrigliare i più quotati avversari. Appunto grazie alla tattica. Pavan l’ha studiata bene. Ha preferito mettersi a specchio rispetto al Bassano, giocando con un 4-4-2 abbastanza atipico, visto che Tulissi e Loi non hanno mai sfondato sulle corsie esterne, prediligendo la giocata centrale. Il gioco sulle fasce è stata una prerogativa del Bassano, che pure si è acceso pochissimo. Poca determinazione, però, da parte degli uomini di mister Luca D’Angelo, che tiene per tutti i 90 minuti in panchina il bomber Francesco Grandolfo. Una scelta che alla fine non paga, visto che l’attacco del Bassano resta a secco. Poca determinazione perché, nel finale, quando il Modena non ne aveva più, gli ospiti non ci hanno neppure provato. Forse poteva finire diversamente. E forse per i giallorossi sarebbero potuti arrivare i tre punti che, a fine gara, avrebbero garantito il terzo posto. Ma qui servono tanti condizionali.I presupposti in ogni caso erano stati buoni, con l’avvio di partita che aveva lasciato presagire un match divertente, visto che i ritmi sono stati sin da subito elevati. Diverse occasioni da una parte e dall’altra, anche se nessun grosso pericolo hanno corso Bastianoni e Manfredini. L’apice di un quarto d’ora positivo è rappresentato dall’azione solitaria di Tulissi che, superati tre avversari, si presenta al limite dell’area calciando addosso a Bastianoni (7′) e dalla conclusione dalla distanza di Fabbro, dopo una bella giocata solitaria, che trova il portiere di casa attento (16′). Poi la gara diventa tattica, forse fin troppo, col Modena intenzionato più a non prenderle e col Bassano che fatica a trovare sbocchi. Anche perché il duo di centrocampo della formazione veneta non riesce a costruire, visto che viene schermato ad hoc dagli emiliani. Nel finale di tempo il Bassano ha due sussulti. Il primo al 33′, quando Accardi anticipa provvidenzialmente Fabbro, pronto a deviare in porta di testa un cross pennellato da Falzerano; il secondo poco dopo con un’incornata di Maistrello fuori misura.Pochi spunti nel primo tempo, ancora meno nella ripresa che, sulla falsariga della prima frazione, dà l’impressione di poter illuminare. Invece, fatta eccezione per un colpo di testa di Fabbro di poco alto, il match scorre via senza troppe emozioni. E le azioni da segnare nel taccuino sono davvero poche. D’Angelo prova a cambiare qualcosa con l’ingresso di Rantier per lo spento Minesso, ma il francese riesce nell’impresa di fare peggio. Dopo la mezz’ora l’ex tecnico dell’Andria cambia anche la seconda punta, affidandosi a Laurenti, togliendo dal campo il più vivace (Fabbro). Il risultato è che il Bassano non è mai pericoloso, a causa di ritmi della partita decisamente calati e molto bassi. Dalla parte opposta, il neoentrato Popescu al 35′ ci prova di sinistro, facendo il solletico a Bastianoni. Nel finale praticamente non si gioca più, le squadre tirano avanti e si aspetta solo il triplice fischio. Il Bassano non crede alla vittoria e la dimostrazione sta nell’innocuo colpo di testa di Maistrello su una punizione dal centrocampo, con Manfredini che blocca centralmente. Arriva il punto («Buon punto») ma non il terzo posto.

Ore 17.50 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Un urlo che Pordenone non dimenticherà, forse il più bello degli ultimi due anni. E stiamo parlando di due anni (uno e qualcosa, in realtà) belli pregni di eventi. Si sprigiona al 94′, quando l’arbitro dice che è finita davvero, che non si può rischiare più niente. Lì il Pordenone ha vinto due partite: quella del tifo, scatenato come poche altre volte, e quella dei punti, scavalcando il Venezia in testa. Pordenone caput mundi, almeno in Lega Pro e almeno per qualche giorno. E Pordenone (città) che ha risposto alla grande, con uno stadio colorato (bello il bandierone srotolato durante la partita dai tifosi neroverdi) e pronto a privarsi di un sabato sera in centro per confermare una passione. Lovisa sarà contento: aveva ammonito i supporter qualche settimana fa, ora deve solo stringere loro la mano. Lo stadio era carico già prima del match. È esploso alla fine, quando la squadra si è ritrovata a centrocampo e all’improvviso – unita – è finita a terra come colpita da una folata di vento. In realtà a terra c’era il Venezia, che correva veloce negli spogliatoi. L’effetto scenico è piaciuto, altro boato. Ha partecipato alla festa anche la nuova tribunetta, al secondo test dopo quello contro il Parma. Tifo pordenonese da 10 e lode. E 10 con lode anche a un gesto, perché la gente non dimentica. Quando dal campo è uscito Maurizio Domizzi, eroe di mille battaglie con la maglia dell’Udinese, la tribuna del Bottecchia si è alzata in piedi: nella mente le tante partite con lui protagonista allo stadio Friuli. Ma ieri era un’altra storia, ieri contava solo il Pordenone. Lo aveva capito anche la piccola di Alex Pederzoli che, accompagnata dalla mamma, si è presentata al Bottecchia che un tempo era suo, e che sulle note dell’inno del Pordenone si è messa a cantare. Inconsapevole, o forse contagiata da un ambiente unico.

Ore 17.40 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) «Sono molto felice per tutto l’ambiente, questa vittoria ci fa bene sotto ogni punto di vista, è di prestigio. A livello psicologico di certo conta molto». Mauro Lovisa spazia in sala stampa: «Avessimo avuto Ingegneri contro il Parma, so io dove saremmo adesso», rincara. E ancora: «Devono essere meno presuntuosi», riferito agli avversari. Aggiungiamoci il record di pubblico e, soprattutto, il primato nella classifica di Lega Pro. «Finalmente una marea neroverde – va avanti il presidente dei ramarri – a supporto di una squadra bella da vedere. Noi ci crediamo, abbiamo dato un bel segnale. Siamo già nella storia». «Decisamente è un bel segnale – si aggancia Bruno Tedino -. Stiamo lavorando e questi sono i risultati». Poi l’allenatore neroverde evidenzia tre fattori importanti: «Il primo che mi fa contento è la disponibilità mostrata dai giocatori a cambiare sistema di gioco. Il secondo sta nel contatto della squadra con il pubblico e viceversa. Come terza c’è la vittoria». Bilancio da primo in classifica? «Ci siamo confrontati con squadre forti – risponde Tedino -. Se continuiamo a migliorare possiamo toglierci altre soddisfazioni. Oltre al gol, in partita ci siamo consolidati. Comunque le parole non ci danno punti, soltanto lavorando potremo continuare così. La differenza la fa il gruppo. Ci sono giocatori importanti che non giocano, soffrono in silenzio, partecipando al crescendo». Vittoria è il nome di sua figlia, alla quale dedica il gol-partita con i 3 punti più pesanti. Il difensore Daniel Semenzato evidenzia come «questo successo sia importante a livello personale». «Ma anche per la squadra», si congeda, fornendo la chiusura neroverde da match winner.

Ore 17.30 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Anche stasera è festa verdenera. E che festa. Il ramarro batte il Venezia americano di Superpippo Inzaghi, lo sorpassa e riagguanta il primato in classifica davanti a 2400 spettatori, record di pubblico in Lega Pro. «Questa sera si parla solo di Pordenone Venezia»: l’ha detto Fabio Caressa su Sky, a conferma che il Pordenone è già arrivato nel calcio dei grandi. Vittoria strameritata. Stefani e compagni hanno sofferto per i primi 25′. Poi un’iniziativa di Semenzato (27′), complice Facchin, ha sparigliato carte e match. Il leone si è spaventato e il ramarro è cresciuto sino a sfiorare tre volte il raddoppio, giustificando ampiamente successo e primato. Tedino cambia e propone un 4-4-2, con Martignago arretrato sulla linea dei centrocampisti. In difesa preferisce ancora Semenzato a Pellegrini. I fatti gli daranno ragione. Nel Venezia di Inzaghi è Pederzoli a fare il regista davanti alla difesa. In prima linea giostrano Marsura, Geijo e Moreo. I primi applausi sentiti sono per Geijo (11′), che va in slalom fra la retroguardia di casa e calcia fra le braccia di Tomei. Insiste il Venezia. Marsura (17′) spara un siluro che scheggia la traversa di Tomei. Tre minuti dopo l’estremo neroverde alza una botta ravvicinata di Fabris. È Venezia show. Al 25′ si strappa Buratto, che non era apparso in serata. Non fa tempo a entrare Suciu che il Pordenone alla prima occasione passa. A segno va Semenzato, che fa tutto da solo. Il laterale (un ex) parte in progressione da centrocampo e, giunto al limite, calcia trovando il gol (27′) con la complicità di Facchin che non trattiene. Accusa il Venezia, che prova a reagire solo al 36′ con un tiro di Pederzoli mezzo metro sopra la traversa. I lagunari hanno perso certezze. Un piazzato di Burrai sfiora il legno alla sinistra di Facchin (41′) e al 45′ De Agostini prova a imitare il collega della fascia opposta senza uguale fortuna. In avvio di ripresa (50′) si infortuna anche Domizzi. Inzaghi inserisce Tortori e arretra Fabris. Fa possesso il Venezia, ma l’occasione per andare ancora a bersaglio capita sui piedi di Martignago, che da posizione favorevole calcia alto (57′). Inzaghi gioca la carta Ferrari per uno spento Geijo. Pederzoli si vede al 66′ con la sua specialità: il tiro da fermo. La palla sfiora soltanto il legno alla sua sinistra. Arriva il momento di Cattaneo che prende il posto di Martignago, salutato a gran voce dal popolo neroverde. Occasionissima per Ferrari (72′), liberato solo davanti a Tomei da Marsura. Matteo con grande reattività gli nega la gioia del gol. Dalla parte opposta lo supera addirittura Facchin, che alza in angolo una botta di testa a colpo sicuro di Arma (74′) e poi devia in tuffo (78′) una conclusione di Berrettoni e un’altra di Cattaneo (79′). Adesso è Pordenone show. Sul forcing finale dei lagunari si copre Tedino, facendo entrare Pellegrini per Berrettoni. È ancora il Pordenone in contropiede, però, a mancare il raddoppio con Arma che su delizioso assist di Cattaneo si fa ribattere il pallone da Facchin. Il triplice fischio di Amoroso scatena l’entusiamo del Bottecchia da record. Il popolo neroverde libera il coro per Tedino, mentre Stefani e compagni vanno a raccogliere gli applausi, prima sotto la gradinata e poi sotto la curva.

Ore 17.20 – (Messaggero Veneto) Del primato – conoscendolo – gli interessa poco. «Essere primi ora non conta nulla», afferma. Però Bruno Tedino, stavolta, si sbilancia. «E’ una vittoria che dà un bel segnale», afferma il tecnico dei neroverdi, molto soddisfatto per l’esito della serata. Nel giorno del suo 96º compleanno il Pordenone torna in testa al girone B di Lega Pro e lo fa dopo aver battuto il Venezia, la corazzata costruita per vincere il campionato. «Io non ho le vertigini – interviene poi il presidente Mauro Lovisa –, è bello stare lassù e ci darà ulteriori stimoli». Alla fine arrivano anche i complimenti di Pippo Inzaghi: «Bravo Pordenone», afferma il trainer del Venezia. Contento. Tedino soffoca la gioia, giustamente deve fare il pompiere perché l’adrenalina è a mille. «C’è sempre da lavorare e noi dobbiamo continuare a farlo – attacca il mister dei “ramarri” in sala stampa dopo il 90º –. Non facciamo proclami e andiamo avanti così, se proseguiamo su questa strada ci togliamo belle soddisfazioni. Non è stato facile: il Venezia è partito fortissimo, ha fatto 20’ di alto livello e non ci ha permesso di attaccare la profondità. Il gol di Semenzato ci ha dato una mano, ma, si sa, il calcio è fatto di episodi». Tedino è molto soddisfatto di un altro aspetto. «Il contatto tra la squadra e il pubblico – spiega –: fa molto piacere vedere questa unità di intenti. Poi voglio elogiare il gruppo, perché in questo momento ci sono giocatori importanti che stanno fuori e, ciononostante, in silenzio danno il loro contributo alla squadra». Rammaricato. Filippo Inzaghi esce mesto dal Bottecchia. «Dovevamo andare in vantaggio dopo un primo tempo del genere – afferma il tecnico del Venezia, ex bomber del Milan –: sono stati i migliori 45’ che abbiamo disputato, dobbiamo imparare a essere più cinici perché in Lega Pro bisogna essere svegli. Complimenti al Pordenone, perché se sta lassù ha molti meriti, ma se la mia squadra è quella vista al Bottecchia posso dire che ce la giocheremo con tutti da qui sino alla fine del campionato e torneremo presto a vincere. Peccato, perché l’avversario al primo mezzo tiro ci ha segnato». Raggiante. Ovviamente su di giri il presidente del Pordenone Lovisa. «Serata perfetta – afferma –: abbiamo dato un grande segnale al campionato. Vedo che la città risponde e di questo sono molto soddisfatto». Chiusura col match-winner, Daniel Semenzato. «Dedico questo gol a mia figlia Vittoria e alla squadra – così il terzino –. E’ una grande gioia e sono soddisfatto per me e per questo primato, figlio di un grande lavoro da luglio in poi. Adesso pensiamo a Bassano (di cui è fresco ex, ndr), dove sarà una grande battaglia».

Ore 17.10 – (Messaggero Veneto) Il sabato sera è di festa solo per uno dei fratelli Inzaghi, quello più giovane e meno famoso: se Simone con la sua Lazio sbanca Udine, Pippo si dimostra molto meno “super” di Bruno Tedino, ed esce dal Bottecchia con un pesante ko sul groppone, che costa al suo Venezia delle meraviglie la prima sconfitta in campionato e, soprattutto, il primato in classifica. The champions. È un magnifico Pordenone quello che in un catino trepidante (2.400 spettatori, record di presenze) manda in tilt l’ormai ex capolista del girone B di Lega pro, grazie a una prova a dir poco maiuscola, soprattutto sotto l’aspetto del ritmo. Incredibile velocità nelle giocate, geometrie precise, concentrazione massima in difesa, dove il rientro di Ingegneri fa capire che, forse, col Parma sarebbe stata un’altra storia con lui in campo. Neroverdi in paradiso, mai così in alto: erano già stati al comando dopo la vittoria col Mantova, ma non dopo una vittoria così importante, per giunta nella giornata ideale, in cui ben sette partite su nove (Albinoleffe-Gubbio si gioca domani alle 18.30) finiscono in parità. Il passo avanti dei ramarri, dunque, vale doppio e autorizza a sognare in grande. Avvio surreale. Nessun timore reverenziale per Tedino, che si affida al consueto 4-3-3 “casalingo”. La prima conclusione è del Venezia con Moreo al 12’. L’inizio di gara è surreale: in “curva” mancano gli ultras neroverdi, bloccati fuori perché non autorizzati a portare tamburi e megafoni. Il gruppo sale in gradinata al quarto d’ora e subito sale alto l’urlo “Pienne”. Però gli ospiti guadagnano metri e al 17′ Marsura dopo una bella azione personale, dai 20 metri lascia partire un siluro che supera Tomei e sbatte sulla traversa prima di spegnersi sul fondo. Al 21′ è Fabris a farsi largo sulla destra, convergere verso il centro e a impegnare il portiere di casa. Audacia e fortuna. I ramarri intanto crescono nell’intensità e pian piano prendono le misure a Geijo e compagni, fino a trovare – sia pure con un pizzico di fortuna – il gol decisivo: Semenzato recupera palla a centrocampo e si accentra in una delle sue serpentine. Poco prima di entrare in area lascia partire un destro che non sembra irresistibile, ma Facchini, che pure intercetta il tiro, non trattiene e guarda la palla finire in fondo al sacco. Una papera che costa carissima. Entra Suciu per Buratto, stiratosi tentando un allungo, e fa valere la sua esperienza in mezzo al campo. Il gol subìto è una mazzata per il Venezia, che non riesce a riorganizzarsi e a produrre neanche in minima parte la mole di gioco dei primi 20-25 minuti. Sembrano in trance gli uomini di Inzaghi, timorosi di lasciare spazio agli intraprendenti ramarri, che con Misuraca e Martignago tengono sempre in ansia la difesa ospite. Dominio. Nella ripresa ci si aspetta un Venezia rabbioso, invece il Pordenone continua a dettare i tempi del gioco e a gestire l’incontro con il piglio del leader, imponendo la propria capacità di palleggio e mandando in tilt ogni abbozzo di manovra ospite. All’8′ Berrettoni ci prova dalla distanza, al 13′ ancora il numero 10 di casa, a suo agio anche come trequartista, innesca Suciu, il quale vede l’inserimento di Martignago che, da posizione leggermente decentrata ma indisturbato, non si coordina bene e spara alto. L’ex Pederzoli perde nettamente il confronto col suo “erede” Burrai e prova invano al 22’ a spaventare Tomei su punizione. Al 27 Marsura sfugge a Semenzato e dà un gran pallone in profondità a Ferrari, pronta conclusione e gran parata in due tempi di Tomei. Al 29′ angolo di Burrai e sul secondo palo sbuca Arma, colpo di testa a botta sicura e miracolo di Facchin. Il Venezia non c’è più: al 33′ staffilata di Berrettoni, Facchin respinge; un minuto dopo altra “sberla”, stavolta di Cattaneo: vola Facchin. L’ultima emozione è un’occasionissima per Arma, chiuso ancora da Facchin. È il trionfo.

Ore 16.50 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Davide Facchin è davanti a una telecamera. Per questo deve contenersi, anche se nelle mani avrebbe la voglia di spaccare tutto. Le stesse mani, per una volta sciagurate, che hanno lasciato passare il destro fiacco di Daniel Semenzato. Pordenone-Venezia è tutta lì, è un attimo, un errore che per tutta una stagione probabilmente non si ripeterà. «Ho fatto una cavolata – ammette candidamente il portiere che nella ripresa ha salvato tre volte la porta lagunare – ed è inutile dire altro. Il ruolo del portiere è questo qui: ti dà tutto e ti toglie tutto. Per fortuna già sabato si gioca di nuovo e c’è la possibilità di rifarsi». Ma Facchin non si dà pace: «In settimana si può lavorare poco su queste cose – spiega ancora nel post-gara – perché si tratta di veri infortuni. La palla mi è rimbalzata davanti, anche se non cerco scuse. È andata così e basta. È stata una sconfitta pesantissima». Poi, forse per la troppa rabbia, lancia una stoccata nei confronti di chi ha vinto sul campo: «Non so come si possa esultare dopo una vittoria così – dice rivolgendosi al Pordenone – Abbiamo dominato e nel primo tempo non c’è stata partita». In conferenza arriva anche Davide Marsura. Nel primo tempo ha arato la fascia. Il prodotto del settore giovanile dell’Udinese ha sbattuto solo sulla traversa, sennò staremmo raccontando un altro film: «Per tutta la prima frazione – spiega – abbiamo condotto noi. Anche nel secondo tempo non giudico male la squadra, anzi. Solamente ci siamo allungati un po’, concedendo spazio al Pordenone. Era normale. Peccato per quel gol subìto, che non ci voleva proprio. Non abbiamo mai sofferto più del dovuto e meritavamo il vantaggio». Chiusura dedicata al jolly Vittorio Fabris, spostato come un birillo da Inzaghi per tutta la partita: «Il mio ruolo è un pò indefinito – spiega – ho iniziato davanti e finito dietro, ma va bene così. Nella ripresa dovevamo fare qualcosa di più, era nelle nostre possibilità. È un peccato, perché le altre avevano pareggiato e potevamo fare il primo buco vero in classifica. È andata così, ci tenevamo particolarmente: il Pordenone è un’avversaria per la testa della classifica».

Ore 16.40 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Nervoso, ma non demoralizzato. Deluso, ma non giustizialista. Filippo Inzaghi sceglie la via dell’orgoglio. Ha visto i primi venti minuti di partita, come tutti, e li ha etichettati – come tutti – come i migliori della stagione: «Sì – ha ammesso Superpippo in conferenza stampa – è stato il Venezia più bello dell’anno. Ma non è bastato, perché grazie ad una casualità il Pordenone è riuscito a passare. Abbiamo dominato in lungo e in largo – ha aggiunto Inzaghi – e non abbiamo mai sofferto». L’amaro in bocca è una conseguenza scritta: «Con quella supermazia – ha allargato le braccia l’ex tecnico del Milan – dovevamo andare in vantaggio noi, non loro. È stato questo il nostro errore: dovevamo essere più cinici e impareremo ad esserlo. La Lega pro è fatta così e lo capiremo in fretta, nonostante il gol del Pordenone sia stato fondamentalmente una casualità». Venezia che ha sorpreso il Pordenone: Tedino si aspettava il 4-4-2, invece Inzaghi ha potenziato la fascia destra: «Volevo giocare proprio così – ha ammesso il tecnico del Venezia – e nei primi minuti la strategia ha avuto successo. Dalla destra piovevano tantissimi palloni verso l’area di rigore, purtroppo però non li abbiamo messi in porta». Poi l’analisi passa alla ripresa: «Peccato per l’occasione capitata a Ferrari (parata di Tomei su piattone sinistro da posizione ravvicinata ndr), poteva riaprire l’intero discorso. Alla mia squadra non imputo un bel niente. Nell’ultimo quarto d’ora, poi, ho dovuto operare dei cambi per tentare il tutto per tutto, ed era normale che si soffrisse un pò in fase di ripiegamento. Se dovessimo giocare sempre così, vinceremmo molte altre partite. Sono fiducioso e credo che si debba andare avanti così, dobbiamo solo diventare più cattivi sotto porta. Resta solo da capire come sia possibile andare sotto durante una fase di dominio, ma ci lavoreremo. Dopo il gol del Pordenone abbiamo subìto un contraccolpo naturale, poi però abbiamo ripreso a giocare. Il club allenato da Tedino? Ha lo stesso allenatore dell’anno scorso e si conosce a memoria. Inoltre non ha l’assillo di vincere (in realtà il presidente neroverde chiede proprio questo alla sua squadra ndr) che è importante. Il mio Venezia se la giocherà alla grande».

Ore 16.30 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Arriva contro un bellissimo Pordenone la prima sconfitta del Venezia, che porta al cambio di posizione tra i due team in vetta alla classifica. L’arrivo del team lagunare al Bottecchia per il super derby del Nordest ha portato al tutto esaurito per una serata di grande festa e spettacolo. Al Venezia però non è riuscito di ripetere l’impresa di Parma dove rovesciò il risultato negativo portandosi a casa i tre punti. Il Pordenone si è dimostrato la squadra più forte tra quelle incontrate dagli uomini di Inzaghi sinora. Di sicuro la truppa di Tedino propone un gioco brillante e veloce, fatto di tanti scambi e di capacità di muoversi armonicamente a tutto campo: chiusure dietro, in particolare sullo scatenato Marsura, che hanno lasciato poco spazio e poche possibilità ai lagunari. E poi tanta grinta e grande voglia di lottare sino all’ultimo. Il Venezia parte con lo schieramento proposto anche il sabato prima: 4-4-2 con Marsura che dall’esterno di sinistra avanza il suo gioco con frequenza, anticipando il 4-3-3 che sarà utilizzato dopo il gol. Ma per tutta la prima mezz’ora il Venezia domina il campo e crea numerose occasioni non sfruttate, con una traversa di Marsura che trema ancora. Arriva casualmente la rete di Semenzato che cambia volto al match, realizzata quando i neroverdi sono in dieci uomini con la complicità di un Facchin che si tuffa in ritardo ma è anche beffato da un rimbalzo in più proprio a un passo da lui. Da quel momento il Pordenone si sblocca e avanza il suo baricentro continuando a crescere in pressione e qualità offensiva anche durante tutta la ripresa. Il Venezia continua con il suo gioco apprezzabile che sacrifica un po’ con l’andare del tempo per intensificare i tentativi di pareggio anche con qualche giocata improvvisata. La voglia di fare c’è nel Venezia, la grinta anche, ma nel Pordenone ci sono più lucidità e capacità di trasformare ogni palla in una giocata pericolosa. Si chiude con il successo del Pordenone un match davvero gradevole che ha proposto bel gioco da parte di entrambi i team, confermando la qualità che contraddistingue le due protagoniste del caampionato. La cronaca. 11’ Moreo controlla palla sulla trequarti si sposta dal centro a sinistra e calcia su Tomei che controlla. 17’ Marsura sale di forza e da fuori area calcia un fendente che fa tremare la traversa. 21’ Fabris in area dalla destra centra una palla che Tomei smanaccia togliendo a Bentivoglio la possibilità di intervenire. 27’ tiro dal limite di Semenzato che rimbalza davanti a un Facchin tuffatosi in leggero ritardo: il portiere tocca la palla ma non riesce a tenerla in campo. Il gol neroverde arriva in inferiorità numerica per l’uscita per infortunio di Buratto. 29’ Marsura dal limite con Tomei che controlla a terra in due tempi. 36’ Pederzoli da fuori spedisce alto. 41’ punizione di Burrai dal limite di sinistra sul palo distante con Facchin che la devia all’ultimo. 46’ De Agostini dal limite sinistro su Facchin che controlla. Ripresa. 9’ Misuraca dalla destra su Facchin che controlla. 12’ Suciu dal limite serve Martignago che conclude alto. 22’ punizione di Pederzoli sul fondo. 27’ Marsura in area di sinistra per Ferrari che conclude addosso a Tomei. 29’ Facchin toglie in acrobazia una girata di testa di Arma. 33’ Berrettoni dalla distanza impegna Facchin. 34’ botta di Cattaneo dalla distanza con Facchin che vola. 40’ Bentivoglio da fuori, Tomei controlla a terra. 48’ Cattaneo lancia Arma solo in area che conclude sui piedi di Facchin. 49’ Misuraca lancia Arma che calcia sul fondo. Sabato al Penzo altra gatta da pelare per i lagunari: arriva la Sambenedettese che insegue ad un punto e ha una gara in meno.

Ore 16.10 – (Corriere del Veneto, edizione di Venezia) Prima sconfitta e addio alla vetta. Notte da dimenticare per il Venezia che in novanta minuti vive una doppia amarezza. Al Bottecchia di Pordenone la squadra di Pippo Inzaghi conosce il sapore della prima sconfitta stagionale che gli costa anche la vetta della classifica. La vittoria infatti permette ai «ramarri» di superare gli avversari e di accaparrarsi il primo posto a danno proprio dei lagunari. Il big match della settima giornata di andata del girone B di Lega Pro si decide su un’incertezza di Facchin, che non trattiene un tiro dalla distanza di Semenzato cambiando di fatto il corso della gara. Peccato, perché prima della rete subita il Venezia aveva dominato la partita, colpendo una traversa e creando diverse occasioni. Per il derby tra le prime della classe Inzaghi conferma le indiscrezioni della vigilia con la sola novità di Moreo in avanti come terminale offensivo in coppia con lo spagnolo Gejo. La regia è affidata al solito Pederzoli, ex della sfida, tra i più applauditi dal pubblico sugli spalti (1.500 presenti circa con circa 300 tifosi veneziani). Il 4-4-2 classico dell’ex punta del Milan si trasforma spesso in un 4-3-3, nel tentativo di sfondare sia per vie esterne sia per vie centrali. Nella giornata in cui tutte le altre pareggiano anche al Bottecchia è difficile creare occasioni e allora tocca a Moreo il primo tiro in porta dopo dieci giri di lancette. Il Venezia lentamente si conquista un predominio territoriale, spostando il baricentro in avanti e sfiorando al 17’ il gol con Marsura che dopo essersi fatto trenta metri palla al piede stampa un destro dal limite sulla traversa. La clamorosa occasione non fa altro che galvanizzare il Venezia che per quasi mezzora domina in lungo e in largo. Poi accade il patatrac che cambia il corso della gara. I padroni di casa restano momentaneamente in dieci: si fa male Buratto e Bruno Tedino è costretto al cambio. Mentre i friulani sono in inferiorità e senza aver mai creato problemi trovano il vantaggio inaspettato al 27’ con un destro di Semenzato dalla distanza che Facchin non trattiene. La papera è abbastanza clamorosa e si rivela una doccia gelata per Pederzoli e compagni, che sino a quel momento avevano condotto il match senza patemi d’animo. Dopo il vantaggio il Venezia accusa il colpo, perdendo in lucidità e brillantezza. Il Pordenone conquista metri e sfiora il raddoppio su punizione con Burrai che lambisce il palo. Al cambio di campo il tema tattico non cambia con gli arancioneroverdi a tentare di acciuffare il pari. Si fa male Domizzi, per lui problemi muscolari e Inzaghi deve mandare in campo prima Tortori, poi Ferrari. L’innesto della punta non cambia di molto il corso della gara, col Pordenone che agisce di rimessa e il Venezia che non riescono a riordinare le idee. Facchin sul finale si riscatta prima con una parata da antologia su Arma, poi con due interventi egregi su Cattaneo evitando la capitolazione lagunare. Gli assalti finali del Venezia non portano a grandi grattacapi. Bentivoglio sfiora il palo prima del novantesimo, il Bottecchia va in apnea per tutto il recupero ma alla fine può esplodere di gioia. E a cantare a squarciagola «Salutate la capolista» sono i tifosi del Pordenone.

Ore 15.50 – (La Nuova Venezia) Poteva essere il sabato dei pareggi, a guardare i risultati del pomeriggio. Invece no, primo stop del Venezia, freccia e sorpasso del Pordenone, che chiude il big match sull’1-0 e, tanto per essere chiari e onesti, non ruba niente. Può essere una consolazione dire che il Venezia ha perso con la miglior squadra finora incontrata? Mah. Parliamo di sconfitta a testa alta, ma poco cambia. E dà un certo fastidio pensare alle circostanze (l’uomo in più, nonostante) nelle quali è maturato l’episodio decisivo. Ma andiamo con ordine. La fresca serata pordenonese si scalda presto. Primo tempo strano, le squadre sembrano quasi non voler svelare idee e moduli, trovare i numeri per indicare la disposizione è una sorta di caccia bingo, anche se l’elasticità tattica è un pregio, non un difetto. Burrai è un gigante davanti alla difesa, protegge ma soprattutto propone idee e palloni, pescando bene talvolta anche in verticale. Idem Pederzoli, che però ha meno supporto dai compagni. Detto questo, per venti minuti abbondanti brilla di più il Venezia, che timbra la traversa con Marsura (17’) e punge con inserimenti di Fabris e Moreo. Momento chiave al 22’: Buratto scatta e si stira, partita per lui finita, mentre Tedino fa scaldare due giocatori e gioca quasi 4’ in dieci. Qualcuno si chiede cosa aspetti a fare il cambio. La sua squadra ha un impulso di grande mentalità vincente: no al possesso sterile, al pallone messo fuori per il cambio, Semenzato si lancia in avanti, non trova contrasti e dal limite dell’area spedisce un destro sporco di rimbalzo che trova Facchin poco o niente reattivo: gol. Incassare un gol in superiorità numerica deve far riflettere. È la “sliding door” che cambia lo scorrere della sfida. Pordenone in cattedra, Venezia in difficoltà fino all’intervallo, neroverdi di quantità, Facchin fa una paratona al 41’ su Burrai e l’arbitro nemmeno se ne accorge perché non rileva il calcio d’angolo. Non gira bene, qualche minuto del secondo tempo e Domizzi esce con una mano sull’inguine. Non è uno scongiuro, sarà da sperare che non sia nulla di grave. Inzaghi piazza Tortori sui trequarti, Malomo centrale con Modolo, Fabris esterno di scarificio, e poi dentro anche Ferrari. Il tema diventa scontato, il Venezia riprende in pugno le operazioni, il Pordenone è messo benissimo e controlla le ondate arancioneroverdi, si fa vivo in contropiede e crea parecchie rogne. Occasioni vere e proprie quelle di Ferrari a metà ripresa – un po’ errore della punta e molto merito di Tomei – e poi una conclusione aerea del capocannoniere Arma, con straordinaria risposta di Facchin. Il portiere si distende anche sul bolide di Berrettoni al 33’ e pulisce la macchia del primo tempo. Fase finale con un buon Venezia, grande impegno, voglia dannata di arrivare al pari, ma il Pordenone è attentissimo. E il finale, con squadre lunghe e stanche risparmia il colpo di grazia. Rachid Arma, a secco ma gran giocatore, arriva solo davanti a Facchin ma si fa ipnotizzare dal portiere che ridiventa eroe. Peccato, anche perché proprio ieri sera il Venezia ha ritrovato il calore dei tifosi. Ma il campionato è ancora lungo, come dicono gli allenatori.

Ore 15.30 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) Il Vicenza perde nettamente al termine di una partita il risultato di 4-1 rispecchia quanto visto in campo. In sala stampa le parole più oneste e corrette sono quelle del portiere Francesco Benussi che non cerca scuse e chiede da parte di tutti i giocatori un’ammissione di colpa e una sana autocritica per cercare di cambiare lo stato delle cose. «Abbiamo giocato male, non abbiamo messo in campo quella grinta e quella determinazione — dice l’estremo difensore biancorosso — che una squadra come la nostra deve avere in tutte le partite. I fatti dicono che cosi proprio non va e spetta a noi cambiare lo stato delle cose. Questa partita deve farci capire che abbiamo toccato il fondo, adesso dobbiamo avere una reazione perché cosi non si può andare avanti». Parole chiare ma che non avevano trovato d’accordo Franco Lerda nell’analisi del dopopartita. «Non sono d’accordo sul fatto che il nostro primo tempo sia stato negativo – spiega Lerda – la Virtus Entella è stata cinica, ha tirato in porta cinque volte e ha fatto quattro gol. Credo che l’unico modo per uscire da questa situazione sia lavorare, altri modi per uscirne io non ne conosco».

Ore 15.20 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) Regalando un tempo agli avversari si va poco distanti. Ancora meno se lo scopo è quello di raggiungere la salvezza il prima possibile provando a strappare punti in ogni giornata. Notte fonda per il Vicenza che ieri pomeriggio ha incassato una pesante sconfitta sul sintetico di Chiavari contro l’Entella e a pagare è il tecnico biancorosso: esonero certo per Franco Lerda dopo una serrata riunione ai vertici societari ieri, subito dopo la fine del match. Già questa mattina il presidente Alfredo Pastorelli e i suoi collaboratori si incontreranno con il sostituto. I nomi papabili: Cristian Panucci, Angelo Gregucci, Alberto Bollini, Gianluca Atzori. Numeri impietosi per i biancorossi fin qui, anche se il ko di Chiavari è forse fin troppo pesante: penultimo posto in classifica con Trapani e Novara, quattro sconfitte su sette gare, una vittoria e una sterilità offensiva preoccupante. La squadra biancorossa è stata superata per 4-1 dalla Virtus, in una partita segnata da due reti subite nei primi 45 minuti, riaperta da Siega in avvio di ripresa e chiusa definitivamente dai gol in successione di Caputo e Tremolada. Ci impiega dieci minuti la formazione ligure a scardinare la difesa del Vicenza. Se per vie verticali l’Entella non riesce a sfondare, la gara si sblocca con un calcio piazzato. La punizione defilata battuta da Cutolo è millimetrica a centro dell’area, dove svetta Ceccarelli che di testa appoggia in rete senza troppi ostacoli con un concorso di colpa tra Bianchi e Siega che si dimenticano il giocatore. La reazione al gol subito del Vicenza è però quasi nulla per tutta la frazione. Anzi, i biancorossi devono fare gli straordinari per non subire ulteriori reti riuscendoci fino alla mezzora, quando la Virtus raddoppia con un’invenzione dell’ispiratissimo Cutolo. L’ex giocatore del Padova, in assoluto il migliore in campo, si libera di Russo al limite dell’area, fa un passo a sinistra e sgancia una sassata a fil di palo. Inutili le proteste dei giocatori del Vicenza per una presunta scorrettezza dell’attaccante. Le cose non cambiano fino quasi all’intervallo, quando si vede il primo squillo di marca vicentina con un’azione personale di Raicevic. La punta salta due volte Pellizzer e dal limite fa partire un diagonale che sfiora il palo e termina sul fondo. Lerda corre ai ripari subito dopo l’intervallo mandando in campo Fabinho per Vita, il Vicenza è più convinto e accorcia le distanze: Galano arriva sul fondo, mette in mezzo per Raicevic che protegge la palla e scarica su Siega che deve solo appoggiarla in rete. Il gol sembra sbloccare il Vicenza, che per mezzora è padrone del campo sfiorando il pareggio in almeno due occasioni con Raicevic e Galano attraverso un coraggioso 4-2-4 a trazione anteriore. Ma proprio nel momento migliore dei vicentini l’Entella azzecca la giocata che chiude il match: cross di Masucci da destra, Adejo si perde Caputo che di testa mette la palla all’incrocio. C’è tempo anche per la quarta rete, con Tremolada che dal limite centra il poker. Non succede altro, su Chiavari diluvia e le nuvole nere che appesantiscono il cielo della Liguria sembrano lo specchio del Vicenza.

Ore 15.00 – (Giornale di Vicenza) Vale molto, ma vale poco. Nicholas Siega ha realizzato a Chiavari il primo gol in carriera in serie B, con una zampata in scivolata a porta sguarnita dopo appena due minuti nella ripresa.Il sorriso a fine gara non c’è, per l’ex giocatore della Reggiana in cui Franco Lerda ha dimostrato di credere in questo inizio di stagione. «Non può esserci, la mia rete è l’ultima cosa che mi interessa in questo momento. Avrei preferito – ha detto l’esterno – che la mia squadra avesse vinto o disputato quantomeno una partita importante, di valore. Dispiace che sia andata così e chiediamo scusa a tutti».Un merito, per quanto piccolo, ce l’ha Siega, arrivato al Vicenza in estate. Quando ha accorciato le distanze, il Vicenza si è trovato improvvisamente di nuovo in partita, anche perché la Virtus Entella probabilmente era rimasta con la testa nello spogliatoio. «Quando ho segnato, eravamo tutti convinti di poter riprendere la gara. C’è stata una bella reazione da parte nostra dopo la pausa. I segnali erano positivi, confortanti, c’erano tutti per poter raddrizzare le cose». E invece cosa vi ha impedito di farlo? «Quando Caputo ha portato la propria squadra sul 3-1, è stata una mazzata per noi. A quel punto la situazione è diventata tragica, è stato difficile crederci ancora».Non resta che «tirarci su», allarga le braccia sconsolato Siega. «Non ho parole per descrivere questo momento, non ci va bene niente in nessuna situazione. Pensiamo al prossimo impegno, di buono c’è che ogni sfida ha la sua storia e dobbiamo continuare a lottare per perseguire il nostro obiettivo».

Ore 14.50 – (Giornale di Vicenza) Riflettete gente, riflettete. Sembra essere questo il messaggio-chiave contenuto nelle dichiarazioni di Daniel Adejo, che ha commentato così i quattro schiaffi di Chiavari. «Dove sta la realtà? Da qualche parte, ma chiedete alla società, non a noi».Il difensore biancorosso, che si è battuto con la solita grinta – accompagnata stavolta da qualche sbavatura di troppo che ha riguardato tutto il comparto arretrato – per contenere l’attacco delle meraviglie della Virtus Entella, è andato al nocciolo della questione. «È evidente che se nelle sette gare fin qui disputate abbiamo portato a casa soltanto cinque punti, i gol subìti iniziano ad essere parecchi, qualche problema l’abbiamo. Dobbiamo ritrovare qualcosa – ha proseguito – soprattutto equilibrio. C’è qualche elemento, in primis dentro noi stessi, che va trovato e recuperato per poter andare avanti a giocarci questo campionato, altrimenti è dura».Adejo, che in campo come davanti ai microfoni non è uno che si nasconde, ha ammesso con onestà: «Non è facile essere qui a commentare una simile partita, perchè ripetiamo sempre le stesse cose. Capisco che sia difficile, per i tifosi, accettare una prova e un risultato simili, ma per quanto ci riguarda – ha detto – noi giocatori scendiamo in campo con la voglia di vincere e cerchiamo di dare quello che riusciamo, ma è evidente non sempre possa andare nel verso giusto. Ieri, per esempio, la gara è andata malissimo sotto molti punti di vista, com’è già accaduto in altre circostanze».Cosa deve ritrovare allora il Vicenza, che ora vivrà una prima rivoluzione con il cambio di allenatore? «Dobbiamo recuperare soprattutto la compattezza e la fiducia che ci permetteranno di andare avanti e ottenere i risultati che ci serviranno a conquistare la salvezza, che rimane il nostro principale obiettivo. Non è una frase fatta. Non c’è bisogno di fare tanti commenti, dobbiamo solo cercare di farci perdonare dall’ambiente, dai nostri tifosi quando affronteremo la prossima partita».

Ore 14.40 – (Giornale di Vicenza) Franco Lerda ha pronunciato le sue ultime parole da allenatore del Vicenza a Chiavari. E anche se al termine della partita non c’era il crisma dell’ufficialità – anzi il tecnico si sentiva ancora in sella – l’atmosfera, unita alle dichiarazioni e ai volti dei protagonisti, non lasciava presagire nulla di buono.Non sarebbe bastato un ombrello, infatti, per ripararsi dalle quattro secchiate d’acqua che hanno fatto uscire dal campo il Vicenza completamente fradicio. La pioggia ha fatto il suo, la Virtus Entella dell’ex Roberto Breda ha fatto il resto e Lerda ha pagato con l’esonero. L’allenatore, poco dopo il fischio finale e quindi prima di conoscere il proprio destino, a precisa domanda (quanto fosse preoccupato per il possibile esonero) aveva risposto così: «Sono sereno e non ho particolari sensazioni in merito. La squadra c’è, la vedo lavorare. Magari ecco, sono un po’ meno tranquillo dopo questo 4-1».Lerda, l’Entella non vi ha dato scampo e il risultato è ineccepibile.I nostri avversari hanno grandi meriti e noi non possiamo trovare nessuna scusa. Ci ha affondato il loro cinismo e gli attaccanti, per colpirci così, evidentemente erano in giornata di grazia.Perdoni, ma il primo tempo del Vicenza non ha convinto per nulla.Se mi dite che è stato vergognoso, non ci sto, mi dispiace. Non sono proprio d’accordo. Nel primo tempo non abbiamo fatto così male, forse siamo stati un po’ troppo lenti nel giro palla. Ma cosa si può dire ai ragazzi? Per me ci hanno messo il massimo impegno.Qual è la sua analisi?Abbiamo subìto il primo gol sul loro primo calcio di punizione. La rete di Cutolo è stata una prodezza e forse l’attaccante ha spinto Urso, ma non cerco alibi.Nella ripresa la sua squadra è entrata in campo con ben altro spirito, tanto che ha accorciato subito le distanze. Cos’è cambiato?C’è stata un’immediata reazione con il gol di Siega e a quel punto ci abbiamo creduto, è la rete che ci ha dato coraggio e ha messo un po’ di paura all’Entella. Ci siamo detti che potevamo ancora recuperare la partita dopo un primo tempo che comunque è stato sostanzialmente equilibrato. Nella ripresa abbiamo disputato venticinque minuti in cui abbiamo premuto, finchè il terzo gol con quella palla mandata all’incrocio dei pali ci ha ammazzato.È arrivato anche il poker.Il quarto gol non lo commento, c’era un evidente fallo di mano di Troiano. In ogni caso ritengo che il punteggio sia stato eccessivo, troppo pesante per la mia formazione. E rinnovo i complimenti all’Entella.Nel corso della gara ha provato anche a dare delle scosse tattiche alla squadra…Abbiamo giocato sempre a due punte, sono cambiati gli interpreti.Perchè Esposito e non Bogdan?Ha senso parlare dei singoli dopo un 4-1? Stringiamo la mano a loro, ed è evidente che il Vicenza ha i suoi problemi. Tutto qui.Dopo la settima giornata, i numeri sono impietosi…I numeri in questo momento ci fanno perdere, ci danno per sconfitti, ma siete più bravi voi giornalisti a commentarli, io li lascio perdere.

Ore 14.30 – (Giornale di Vicenza) L’Entella in piena travolge la panchina di Franco Lerda. Ieri sera non era ancora giunta l’ufficialità, ma di fatto il tecnico di Fossano non è più alla guida del Vicenza. I dirigenti del club biancorosso, alle prese nel dopogara con una lunga riunione, ieri non hanno diffuso alcuna comunicazione. Ma sul fatto che il prossimo allenamento sarà diretto da un altro tecnico non sembrano esserci dubbi.IL SOSTITUTO. Chi prenderà il posto di Lerda? Nella giornata di ieri varie ipotesi si sono inseguite. Al momento la candidatura più autorevole è quella di Alberto Bollini, classe 1966, mantovano di Poggio Rusco, coordinatore del settore giovanile della Lazio. Curiosamente le strade di Bollini e Lerda si erano già incrociate. Nel 2015, a Lecce, l’allenatore lombardo aveva preso il posto di Pagliari, che a sua volta aveva sostituito Lerda. Circola però con una certa insistenza anche il nome dell’ex Angelo Gregucci, a Vicenza tra il 2006 e il 2009. Ieri si era parlato pure di Cristiano Scazzola, ex nume tutelare della Pro Vercelli, oltre che di Gianluca Atzori (ultima esperienza al Siena e un passato alla Sampdoria) .Ma in entrambi i casi si tratta di candidature già messe da parte, forse portate avanti perchè i tecnici erano stati avvistati ieri in tribuna al Comunale di Chiavari. In serata è spuntato anche il nome di Cristian Panucci, già a Livorno e per poche settimane a Terni.L’ASSIST. Lerda non verrà esonerato solo perchè il Vicenza ha perso male con l’Entella. La situazione era complicata da tempo e la formazione dell’ex Breda (pure lui a suo tempo cacciato dalla panca biancorossa) ha dato solo la spinta decisiva. Raicevic e compagni hanno giocato male. La sconfitta ci sta tutta e a poco è servito un avvio di ripresa nel corso del quale per un po’ si è sperato di poter raddrizzare la situazione. ED È SUBITO BUIO. Minuto numero nove: punizione da sinistra di Cutolo, Ceccarelli colpisce di testa sul secondo palo, Bianchi e Siega non contrastano efficacemente e l’Entella è in vantaggio. Il Vicenza accusa il colpo e non riesce a reagire. E così al 14′ una punizione dal limite di Cutolo termina di poco a lato. Non… vale come reazione un tiro da fuori di Siega che non trova la porta (17′).PARTITA CHIUSA. I liguri continuano a premere e al 22′ Masucci colpisce di testa in area e spedisce fuori. Al 29′ arriva il raddoppio. Bello e illegale. Bello perchè Cutolo controlla splendidamente dal limite, si gira e fa partire una sassata potente e precisa che non dà scampo a Benussi. Illegale perchè nell’occasione l’attaccante biancoceleste spinge Urso. Che però è troppo molle nel contrasto. La sensazione è che non ci sia più niente da fare, anche se Vita al 37′ ha un buon pallone in area ma viene chiuso da Sini mentre un minuto dopo un tiro dalla distanza di Galano termina fuori. Al 43′ si registra una delle poche cose belle fatte vedere dal Vicenza: Raicevic si fa quasi metà campo da solo, arriva al limite e fa partire un diagonale basso che esce di poco.E INVECE SI RIAPRE. Guardi con grande sfiducia alla ripresa… e arriva il colpo di scena. Galano al 2′ lavora un pallone sulla destra, Raicevic tocca in prossimità del primo palo, la sfera attraversa lo specchio della porta e in scivolata Siega devia in rete. Il Vicenza in questa fase cambia volto: a livello di atteggiamento, perchè finalmente prova a fare la partita, e dal punto di vista tattico. Si inizia con un 4-3-3 (Galano e Fabinho sulle fasce, Raicevic in mezzo) per poi passare a un 4-2-3-1 (con Di Piazza al centro dietro al montenegrino) che in fase di possesso diventa un 4-2-4.MA POI SI RICHIUDE. Il calcio è bello anche perchè è bastardo. Lungi dal dire che il Vicenza non meritasse la sconfitta, anzi. Ma proprio nel momento in cui l’impressione era che il corso del match potesse cambiare, ecco che arriva il patatrac. Cross da destra, grande torsione in area di Caputo e pallone che finisce dove Benussi non può arrivare (25′). Magnà fora tuto. Partita finita, scatta il totoallenatore. Il quarto gol serve solo per le statistiche. È il 33′: Benussi esce (non benissimo) su Caputo, il pallone finisce al limite e da lì Tremolada va a segno con un tiro angolato. É finita la partita. É finita l’esperienza di Lerda sulla panchina del Vicenza. Ma i problemi, ahinoi, non sono finiti.

Ore 14.10 – (Gazzettino) Un Cittadella cinico e spietato torna a vincere in trasferta, dove finora ha raccolto quattro successi in altrettante partite. La squadra di Venturato sfrutta la prima occasione dell’incontro, capitata a Iori in avvio di secondo tempo, dopo che i primi 45 minuti erano scivolati via senza alcun tiro in porta da parte dei granata ma anche, se vogliamo, senza reali pericoli per la porta difesa da Alfonso, impegnato soltanto in avvio di partita. Colpire e fare male alla prima palla gol: anche questo è un segnale di grande squadra. Da capolista. Venturato conferma le indiscrezioni della vigilia, riproponendo Pascali al centro della difesa, Valzania è preferito a Paolucci in mediana, Litteri e Arrighini compongono la coppia di attaccanti. Il Trapani – alla ricerca della prima vittoria in campionato – comincia con grande determinazione: pressing e ritmi alti per l’undici schierato da Cosmi sul campo di erba sintetica del Provinciale. Il primo sussulto è dei padroni di casa al 5′, con un doppio De Cenco: il secondo colpo di testa chiama Alfonso alla difficile deviazione in angolo. Il predominio territoriale è del Trapani, mentre il Cittadella fatica a guadagnare metri, con Litteri e soprattutto Arrighini isolati in avanti. Dopo il naturale “adattamento” a un terreno di gioco sconosciuto, il Cittadella alza il proprio baricentro, ma la partita resta spigolosa, con i giocatori di casa che non lasciano giocare i ragazzi di Venturato anche ricorrendo a interventi rudi. Alfonso alza sulla traversa la punizione di Colombatto (38′), il “collega” Guerrieri resta sempre inoperoso, chiamato in causa soltanto su qualche pallone alto. Allo scadere brivido nell’area del Cittadella, con il colpo di testa di De Cenco che non inquadra lo specchio della porta. Più Trapani che Cittadella al rientro negli spogliatoi, ma un solo intervento di Alfonso. Si ricomincia e i granata (in tenuta bianca) sbloccano subito il risultato (6′): gran destro di Iori dai 25 metri, il portiere tocca ma non evita il gol. Primo tiro del Cittadella di tutto l’incontro. Il vantaggio sblocca i granata, Martin su punizione sfiora il raddoppio, ci vuole un grande intervento di Guerrieri a deviare in angolo, poi ci prova Valzania, pallone a lato. Trapani vicinissimo al pari al 17′ con il sinistro di Ferretti che si stampa sulla traversa, l’attaccante ci riprova poco dopo e questa volta Alfonso gli devia il tiro in angolo. Le squadre adesso sono allungate sul rettangolo di gioco, Venturato inserisce Kouamé per sfruttare le ripartenze, e il giocatore si fa subito vedere con una grande sgroppata conclusa con un destro sull’esterno della rete. Trapani pericoloso al 34′ con il sinistro di Citro in area, Scaglia ci mette il piede e devia in angolo. Un minuto dopo il Cittadella chiude virtualmente l’incontro: Kouamé soffia il pallone a Guerrieri, che aveva provato un rischiosissimo dribbling in area, e serve al centro il liberissimo Litteri che appoggia nella porta sguarnita. Gli ultimi sussulti sono di un generoso Trapani: al 38′ il colpo di testa di De Cenco è centrale, allo scadere la conclusione di Ferretti è deviata sulla linea di porta da Iori.

Ore 14.00 – (Gazzettino) Le emozioni più forti – se così vogliamo definirle – le ha regalate Roberto Venturato a fine partita. Il tecnico del Cittadella ha lasciato tutti con il fiato sospeso a fine partita, disertando la sala stampa per un leggero malore. È stato il direttore generale Stefano Marchetti a spiegare quanto successo: «Dopo il triplice fischio dell’arbitro, al rientro negli spogliatoi, Venturato non si è sentito bene, era pallido e aveva il battito accelerato. È stato immediatamente soccorso e si è ripreso in fretta, ma su consiglio dello staff medico presente allo stadio gli è stato suggerito di recarsi al vicino ospedale per un elettrocardiogramma di controllo. Tempo ne avevamo in quanto la squadra si fermava a Trapani dopo la partita per trascorrere la notte. Tranquillizzo tutti dicendo che Venturato è rientrato in albergo, nessun problema per lui. Ha accusato i sintomi dello stress post partita». In effetti quella di Trapani è stata una vera battaglia. «Abbiamo vinto una gara molto difficile, su un campo dove saranno in pochi a portarsi a casa i tre punti. La squadra di Cosmi ha interpretato l’incontro in maniera molto aggressiva, lottando su ogni pallone». Complicato e sofferto il primo tempo del Cittadella. «Abbiamo stretto i denti senza però mai cedere di un centimetro, ribattendo colpo su colpo. È stata una partita maschia, dura sotto certi aspetti, per questo il nostro successo è ancora più significativo. Sono emersi valori importanti di questo Cittadella, carattere e personalità, segni di grande squadra».
Meglio la ripresa. «Venturato negli spogliatoi ha chiesto di alzare il baricentro e giocare palla a terra. Così hanno fatto i ragazzi guadagnando subito metri di campo. Il gran gol di Iori ha spianato la strada, il raddoppio su un caparbio pallone conquistato da Kouamé e offerto a Litteri ci ha messo nelle condizioni di gestire la gara sino alla fine in maniera ottimale». È il successo del collettivo. «Tre punti che sono merito dei giocatori in campo, dell’allenatore in panchina e della società tutta». E fanno 18 sui 21 disponibili. Quattro vittorie su altrettante gare disputate in trasferta: numeri impressionanti. «Numeri davvero importanti e significativi – sottolinea anche il diggì Marchetti – che stanno a confermare i grandi meriti di questo Cittadella, primo in classifica». Logora mentalmente essere in vetta al campionato? «Lo dico sempre, il primo posto mi piace un sacco, non mi stressa affatto, mi restituisce invece grande gioia». La squadra granata si è fermata a Trapani per la notte, rientrerà a Cittadella in tarda mattinata. Nel pomeriggio l’allenamento al Tombolato, poi un giorno di riposo: si tornerà al lavoro martedì.

Ore 13.50 – (Mattino di Padova) E adesso? Altro che segnali di crisi, dopo l’inopinato ko casalingo con il Brescia di otto giorni fa il Cittadella ha ripreso a veleggiare in mare aperto allungando sulle rivali. Solo il Verona gli tiene il passo, staccato di due lunghezze, e poi c’è il Benevento, terzo da solo. Ma il resto del plotone è di nuovo staccato, e di ben sette punti. Sesta vittoria in sette giornate, quarta consecutiva in trasferta, con altri due gol nel carniere. Quella di Roberto Venturato non è più una sorpresa (o, come voleva far credere qualcuno, una meteora), ma una splendida realtà del campionato cadetto. E che il passo dei granata sia da autentici caterpillar lo dimostra anche il fatto che nel suo stadio il Trapani di Serse Cosmi (arrivato in finale playoff la passata stagione) non perdeva dal 23 gennaio scorso (1-2 con il Latina): più di 8 mesi fa. Brutto primo tempo. Alla caccia del primo successo (sin qui solo 5 pareggi e 1 sconfitta), i siciliani sono partiti subito all’assalto della porta padovana, ma senza combinare granchè. Tanta buona volontà, un pressing insistito, soprattutto su Iori, ma a parte un colpo di testa di De Cenco, dopo una palla rimasta in bilico in mezzo all’aria, smanacciato in angolo da Alfonso (5’), non sono andati nel loro inizio brioso. Il Cittadella, complice anche il sintetico del Provinciale, non ha disputato una prima parte di gara trascendentale, preoccupato com’era di non allungarsi troppo e di proporre le sue consuete trame con palla rasoterra e combinazioni in velocità. Mai pericolosa dalle parti di Guerrieri, la prima della classe ha gestito comunque abbastanza tranquillamente la gara, rifugiandosi in angolo quando doveva sbrogliare situazioni pericolose nella propria area o comunque attutendo la pressione dei granata di casa con mestiere ma anche con qualche ammonizione di troppo. Prima del riposo, ancora il Trapani ha chiamato al lavoro l’estremo difensore ospite, su punizione di Colombatto, con Alfonso bravo ad inarcarsi e a smanacciare oltre la traversa (38’). Infine, su un angolo dalla sinistra De Cenco di testa ha messo sul fondo (44’). La stoccata di Iori. Ben altra la musica in avvio di ripresa, con il Citta trasformato e finalmente più convinto nel mettere il naso oltre la metà campo. Cambio di passo concretizzatosi nel gol del capitano: un gran destro dai 30 metri che ha sorpreso Guerrieri, distesosi sulla sua destra, ma non in grado di respingere la conclusione angolatissima. Secondo centro stagionale per il regista e 14º in carriera, per la gioia dei soliti nove tifosi al seguito. I padovani hanno insitito sfiorando il raddoppio sempre con tiri dalla distanza: una punizione a due Chiaretti-Bartolomei con staffilata di Martin neutralizzata da Guerrieri con un balzo prodigioso (10’) e una “botta” di destro di Valzania non molto distante dal palo di destra della porta siciliana (14’). Traversa di Ferretti. Il Trapani ovviamente si è scosso e ha ripreso a premere, ma senza molto raziocinio: traversa piena colta da Ferretti in mischia (17’), poi ancora l’attaccante pericoloso, con Alfonso bravissimo a deviare in corner (21’), infine Citro di sinistro e Scaglia provvidenziale a metterci il piede e a salvare in corner (33’). Che regalo! Sul più bello, ecco il grazioso omaggio alla capolista: il neo-entrato Kouamé (19 anni a dicembre) è andato deciso su Guerrieri, che cincischiava con il pallone e glielo ha sottratto, per poi servire l’accorrente Litteri che ha messo dentro a porta vuota (34’). Quinto sigillo per il bomber. Prima della fine, Alfonso si è trovato tra i piedi la sfera del possibile 2-1, dopo il colpo di testa di De Cenco da due passi (38’), ed è stato salvato da Iori, dopo che Ferretti di testa lo aveva scavalcato (47’). Avanti così, Citta, miglior riscatto non poteva esserci. Attenzione, perché Iori & C. fanno davvero sul serio.

Ore 13.40 – (Mattino di Padova) Roberto Venturato ha tenuto tutti in apprensione nel dopo-partita. Il tecnico del Cittadella non si è presentato nella sala stampa dello stadio Provinciale perché, probabilmente a causa della tensione accumulata nel corso dell’incontro, ha accusato alcune irregolarità nel battito cardiaco al termine del match vinto dai suoi uomini a spese del Trapani. Un po’ pallido e con il polso accelerato è stato visitato dal personale medico presente sul posto, che gli ha consigliato di raggiungere il vicino ospedale di Trapani per un elettrocardiogramma di controllo. Già attorno alle 19 Venturato ha però potuto far rientro in albergo, tranquillizzando tutti e cenando con i suoi uomini. «Abbiamo capito subito che non era niente di grave, ma visto che l’ospedale è vicino allo stadio e che il rientro non sarebbe avvenuto subito era il caso che si sottoponesse a ulteriori accertamenti, che hanno confermato le prime impressioni», racconta il direttore generale Stefano Marchetti. Già oggi Venturato sarà regolarmente in campo al Tombolato a guidare l’allenamento di Iori e compagni al rientro dalla Sicilia, che avverrà stamattina con un volo diretto da Palermo, con arrivo a Venezia alle 12.30. Alle 14.30 è fissata la seduta defaticante, mentre domani sarà concesso un giorno di riposo al gruppo. Rassicurato l’ambiente granata, Marchetti si complimenta con i suoi uomini: «Questa è una vittoria importante, contro un Trapani che, nel primo tempo, ci ha dato battaglia. All’intervallo Venturato ha incitato la squadra ad alzare il proprio baricentro e a giocare di più palla a terra e i risultati si sono visti, anche grazie al gran gol realizzato da Iori. In generale mi è piaciuta la capacità di soffrire, rimanendo compatti. In questo campo non sarà facile per nessuno spuntarla». Tra gli ostacoli incontrati anche il vento, che ha creato qualche problema nei 45′ iniziali, quando soffiava con intensità in direzione contraria. «Nel primo tempo ci ha dato molto fastidio, in particolare sui rinvii», precisa il dg. Che, per una volta, tiene a spendere un pubblico elogio per un suo giocatore, l’ivoriano Christian Kouamé: «Non dimentichiamo che questo è un ragazzo del ’97. Si è subito fatto ben volere da tutti i compagni e, in campo, ha dimostrato quanto vale, rubando il pallone al portiere con caparbietà e offrendolo poi a Litteri». Ben diverso l’umore di Serse Cosmi, ancora a secco di successi con il suo Trapani: «Vorrei capire cosa ha fatto il Cittadella per meritare questa vittoria. Abbiamo avuto chance clamorose per segnare, ma non ci siamo riusciti e questo è grave. Dobbiamo andare in campo solo e soltanto per andare a prenderci il sest’ultimo posto, nulla di più. Qui è troppo facile passare dai caroselli ai fischi», la sua disamina amara.

Ore 13.30 – (Corriere del Veneto) Se anche quando la giornata non è proprio di luna buona, sul taccuino per quasi un’ora non c’è nemmeno un tiro in porta e ti trovi in tasca un successo d’oro, allora potrebbe essere l’anno buono. A Cittadella si sfregano le mani, il 2-0 che esce da Trapani è un segnale chiarissimo alla concorrenza. Con Roberto Venturato, accompagnato in ospedale per accertamenti cardiaci a fine partita, non si scherza e la precisione chirurgica dei suoi che passano al primo vero tentativo la dice lunga sulla solidità della squadra e del gruppo costruito da Stefano Marchetti e gestito in modo eccellente dall’allenatore italo australiano. Per il quale la paura passa in fretta nel dopogara, dopo l’allarme dovuto a un battito accelerato: «Non si è sentito bene, aveva il battito accelerato — ha spiegato al telefono il dg Marchetti — non c’era pericolo immediato ma il medico gli ha suggerito di andare in ospedale per un elettrocardiogramma di controllo. Vorrei rasserenare tutti, perché le sue condizioni non sono preoccupanti. E’ stata scelta questa misura per precauzione». E infatti il tecnico granata già verso le 19 è rientrato in albergo per unirsi alla squadra. Per fortuna, dunque, si può parlare di calcio giocato. Le scelte iniziali tutto sommato ricalcano le previsioni della vigilia: gli unici due dubbi erano sulla corsia destra, dove Salvi vince il ballottaggio con Pedrelli ricevendo in dote una seconda chance dopo la giornataccia di sette giorni fa col Brescia, mentre a centrocampo Valzania viene preferito a Schenetti. Partita davvero strana, quella del Provinciale, brutta per almeno 60 minuti, decisa da un gol capolavoro di Iori, che al 7’ della ripresa fulmina dalla distanza Guerrieri. Il vantaggio non ferma il Trapani, che costruisce almeno quattro palle gol nitide: in tre di queste bravissimo Alfonso, davvero insuperabile, nella quarta Ferretti colpisce la traversa al 17’. Poi arriva pure il raddoppio che chiude, di fatto, l’incontro: al 34’ clamoroso errore del portiere del Trapani che dà via libera al neo entrato Kouame, che apre per Litteri il quale non sbaglia e firma il suo quinto gol stagionale. Insomma, chiaro che in questa situazione Serse Cosmi fatichi a mandare giù il boccone amaro: «Non meritavamo di perdere — tuona il tecnico — gli altri hanno messo la palla in rete due volte, noi no. Nel Cittadella non ho visto fuoriclasse, potrebbe anche essere che ci sia qualche limite tecnico ma vi dico che non è così. Si è passati dai caroselli ai fischi: non sono d’accordo».

Ore 13.10 – (Gazzettino) Le formazioni padovane in campo oggi alle 15 per la quinta giornata di campionato. CAMPODARSEGO. Va a fare visita ai veronesi della Virtus Vecomp nell’auspicio di centrare il quarto acuto stagionale. «Sono contento di affrontarli in questo momento nel quale stiamo bene fisicamente e mentalmente – sottolinea Enrico Cunico – Abbiamo ritrovato entusiasmo, anche se siamo consci di affrontare una squadra che lotterà per le zone alte della classifica. Dobbiamo dare continuità a quello che stiamo facendo, soprattutto a livello di squadra. Mi aspetto un passettino in più in avanti, ho tutti i ragazzi a disposizione e andremo a fare una grande prestazione». ESTE. Vuole riscattare il passo falso con il Calvi Noale nella trasferta con il Belluno ed è il presidente Renzo Lucchiari a indicare la rotta: «Domenica scorsa è stato un incidente di percorso, è mancato un po’ lo spirito giusto. Spero che questa volta la squadra riprenda a giocare come nelle uscite precedenti. I ragazzi sanno dell’importanza dell’impegno, il Belluno è anche la nostra “bestia nera” e mi auguro di invertire questo trend. Ci siamo preparati bene, il gruppo è consapevole dei propri mezzi e l’auspicio è fare risultato, anche perché nel prossimo turno abbiamo un altro cliente duro come la Triestina ed è importante fare punti». L’unico indisponibile è l’attaccante Dovico. ABANO. Punta ad allungare la striscia utile centrando il secondo successo nella sfida a Monteortone con l’Eclisse Carenipievigina. «In questo momento i punti sono importanti fino a un certo punto – spiega il tecnico Luca Tiozzo – Mi confortano soprattutto le prestazioni, compresa quella fornita in Coppa italia. Sono convinto che l’Abano disputerà una grandissima partita perché negli ultimi giorni ci siamo allenati bene e i ragazzi sono molto carichi. Davanti abbiamo un avversario da non sottovalutare che è reduce dalla vittoria con il Belluno, ma guardo i miei e dico che stanno bene e hanno voglia di stupire». VIGONTINA SAN PAOLO. Dopo avere centrato la prima vittoria con il Montebelluna, punta a ripetersi subito nella trasferta con il Calvi Noale. Ecco Vincenzo Italiano: «È importante dare continuità sul piano della prestazione e del risultato per dare valore anche al successo di domenica scorsa e continuare così il nostro percorso di crescita. Il Calvi Noale? L’abbiamo affrontato in amichevole in agosto, è una squadra organizzata che fa dell’aggressività la sua peculiarità. Ci aspetto un impegno difficile, ma sono fiducioso perché i ragazzi stanno crescendo di partita in partita applicandosi con grande disponibilità».

Ore 13.00 – (Mattino di Padova) Quinta giornata e altri “esami di maturità” per le quattro squadre padovane di Serie D (calcio d’inizio alle 15). Il Campodarsego dovrà provare a conquistare la vetta in casa della Virtus Vecomp Verona, mentre Este e Vigontina San Paolo saranno di scena rispettivamente a Belluno e Noale. Allo stadio delle Terme di Monteortone resterà invece l’Abano, che dovrà vedersela con l’Eclisse Carenipievigina. CAMPODARSEGO. Due vittorie in sei giorni. Il Campodarsego non poteva sperare di meglio per rilanciarsi dopo la batosta di due settimane fa (1-4 nel derby con l’Abano). I biancorossi di Enrico Cunico, domenica scorsa, si sono sbarazzati del Mestre, diretta concorrente nella corsa alla Lega Pro. Mercoledì scorso è poi arrivato il bis in Coppa contro la Vigontina, un 1-0 che ha permesso di preparare con la giusta carica la sfida odierna del “Gavagnin Nocini” di Montorio a Verona (arbitro Manuel Berti di Varese), tana della Virtus Vecomp. Una squadra, quella allenata da Gigi Fresco, che in quarta serie ha disputato sempre ottimi campionati e che nell’ultima giornata ha limitato l’exploit dell’Abano fermandolo sullo 0-0. Tuttavia, il Campo, con una grande prestazione, potrebbe provare a sfruttare il turno diffcilledella capolista Triestina (impegnata con l’Altovicentino) per mettersi davanti a tutti. Formazione Campodarsego (3-5-2): Brino; Beccaro, Lebran, Severgnini; Dario, Callegaro, Bedin, Pignat, Sanavia; Aliù, D’Appolonia. All. Cunico. ESTE. Partita tutta da decifrare per l’Este, che dovrà rimediare al “Polisportivo” di Belluno (arbitro Costin Spataru di Siena) la figuraccia di domenica scorsa con la Calvi Noale. Stesso discorso, fra l’altro, vale per i gialloblù di Roberto Vecchiato, usciti da Oderzo con due gol sul groppone e un clamoroso dodicesimo posto in classifica. L’inizio di campionato balbettante del Belluno non deve però confondere le idee ai giallorossi (privi del giovane bomber Marco Dovico, infortunatosi alla spalla con la Calvi) che con il terzo successo stagionale potrebbero confermarsi fra le big del girone. Formazione Este (3-5-2): Lorello; Arcaba, Montin, Busatto; Gilli, Longato, Cavallini, M. Faggin, E. Faggin; Munarini, Ferrara. All. Florindo. ABANO. Dopo il pareggio di Verona con la Virtus e la sconfitta (seppure ai rigori) in Coppa con l’Adriese, l’Abano avrà un turno apparentemente abbordabile con la Carenipievigina (arbitro Emanuele Frascaro di Firenze) compagine trevigiana costruita per la salvezza ma reduce da una vittoria clamorosa col Belluno. I neroverdi di mister Luca Tiozzo, che hanno dimostrato di avere gioco e idee, avranno la possibilità di acciuffare le squadre di testa, staccate di appena 3-4 punti. Formazione Abano (4-2-3-1): Cottignoli; Tescaro, Cuccato, Frison, Zattarin; Busetto, Pagan; Fracaro, Nobile, Serena; Ferrante. All. Tiozz. VIGONTINA. Nonostante il ko di Coppa Italia, che ha leggermente ridimensionato gli entusiasmi del post-Montebelluna (2-1 ai trevigiani), i bianconeri di mister Vincenzo italiano potranno affrontare la Calvi Noale (arbitro Simone Piazzini di Prato), squadra molto fastidiosa, con un po’ più di tranquillità. L’obbiettivo, in questo momento, è la continuità e la “Vigo” oggi avrà un’occasione d’oro per rilanciarsi nella media classifica, alla portata di capitan Thomassen e colleghi. Formazione Vigontina (4-3-3): Rossi Chauvenet; Amato, Rumleanschi, Thomassen, Scandilori; Antonello, Pelizzer, Casagrande; Cacurio, Scarpa, Zuin. All. Italiano.

Ore 12.40 – (Gazzetta di Mantova) Al fischio finale tra i biancorossi la parola d’ordine è soddisfazione. «Fondamentale fare risultato – riflette Andrea Bandini -. Dopo 3 ko consecutivi era troppo importante tornare a muovere la classifica. Abbiamo giocato una buona gara sul campo di una della squadre sulla carta più attrezzate. Ne è uscito un confronto equilibrato e se è vero che sul fronte offensivo non siamo riusciti ad essere granché pericolosi è doveroso sottolineare di come le responsabilità non siano dei soli attaccanti ma da dividere per tutta la squadra. Siamo consapevoli di dover migliorare ancora parecchio. Le vicende societarie? Non ci scalfiscono. Siamo un buon gruppo totalmente concentrato sul nostro obiettivo è risultati come quello di stasera (ieri, ndr) ci rendono fiduciosi di poterlo concretizzare». Per Pietro Tripoli il punto dell’Euganeo è il risultato che serviva all’Acm per riacquisire autostima. «L’abbiamo ottenuto con cattiveria, quella che deve caratterizzare il prosieguo della nostra stagione. Tutti sappiamo come sono andate le partite più recenti: sconfitti da un rigore dubbio a Bergamo e puniti immeritatamente al 90′ contro il Salò. Ma se guardiamo ad ogni singolo impegno nessun avversario ci ha messo sotto. Dobbiamo ripartire da qui, bel gioco e gol arriveranno presto». «Ripartiamo da questo pari – è sulla stessa lunghezza d’onda dei compagni Filippo Carini -, abbiamo messo la partita sui binari che desideravamo. Nessuna difficoltà in retroguardia, devo anzi fare i complimenti a Gargiulo per il debutto».

Ore 12.30 – (Gazzetta di Mantova) A Luca Prina è piaciuto di più il Mantova del primo tempo rispetto a quello della ripresa ma la sostanza non cambia di molto e il nulla di fatto restituisce credibilità ad un complesso che pìù di complimenti ha bisogno di punti. «Anche se alla distanza verrà premiato chi esprime un bel gioco» sentenzia il tecnico dell’Acm dopo aver ammesso di guardare sì ma nemmeno troppo la classifica. «È troppo presto – aggiunge -. Tiriamo poco in porta e dobbiamo migliorare sulle palle inattive, così come concediamo troppo agli avversari, sempre sui piazzati. Ma ad esempio abbiamo già un buon rendimento in trasferta e siamo quarti nel girone per possesso palla nella metà campo avversaria. Tutti dati che qualcosa vorranno pur dire». Poi sulla gara di Padova: «I ragazzi hanno giocato con personalità e a tratti anche con qualità, compatibilmente con le nostre attuali possibilità, senza dimenticare delle nostre numerose assenze. Soprattutto in retroguardia ci siamo difesi con grande lucidità. La squadra ha risposto nel migliore dei modi alle ultime sfortunate esibizioni. Nella prima parte del match abbiamo anche cercato di fare di più, mentre alla distanza si è basato a non compromettere il buon punto che stava maturando. Siamo soddisfatti ma non mi accontento e sono consapevole che negli ultimi 30 metri possiamo essere più incisivi. Non dedichiamo troppo tempo alla classifica, perché è ancora molto corta. Pensiamo piuttosto che avevo in campo due ’94, un ’95 ed un ’96 e abbiamo tenuto testa al Padova senza sbavature sino alla fine». Intanto l’infermeria biancorossa è sempre più affollata. Sali fu è uscito dopo meno di mezz’ora ma dopo la paura iniziale fortunatamente sta bene. Travolto da un avversario in un’azione di gioco ha rimediato una concussione cerebrale. Si è ripreso negli spogliatoi ed è rientrato in città con il medico Ballardini. Altri acciacchi: Carini lamenta una lieve distorsione alla caviglia destra, Regoli soffre per un malanno al fianco, Marchi ha subìto una botta alla coscia, infortunio analogo a quello che tiene ai box Siniscalchi. In ripresa Caridi e Skolnik, che dovrebbero rientrare a Macerata.

Ore 12.20 – (Gazzetta di Mantova) Il Mantova interrompe la sua striscia negativa di tre sconfitte conquistando un pari a Padova. I biancorossi giocano meglio degli avversari, ma non riescono a tradurre questo in occasioni da rete: l’unico tiro in porta è di Regoli, che scheggia il palo nella ripresa. Ma anche i biancoscudati creano poco o nulla, per cui lo 0-0 finale non fa gridare allo scandalo. Si comincia con le squadre schierate a specchio, entrambe con il modulo tattico 3-5-2. Il Padova, guidato da capitano dall’ex Altinier, non presenta come annunciato la novità Emerson a metà campo ma affida le chiavi della regia al 20enne Gaiola. Prina invece conferma l’undici provato alla vigilia, che vede il rientro in attacco di Marchi e il debutto dall’inizio del difensore argentino Gargiulo e del mediano Salifu. Dopo una fiammata iniziale del Padova (l’arbitro sorvola su una trattenuta ad Alfageme ai limiti dell’area), l’Acm prende in mano il pallino del gioco e manovra in modo convincente, senza però mai trovare incisività negli ultimi sedici metri. I padroni di casa di mister Brevi si affidano invece spesso ai lanci lunghi per cercare Altinier e Alfageme, ma senza troppa fortuna. Così, l’unico intervento di Bonato arriva al 22’ sugli sviluppi di un corner, quando devia un pericoloso colpo di testa di Cappelletti. Sull’altro fronte da segnalare poco o nulla: un paio di conclusioni imprecise di Zammarini dal limite e un pallonetto di Regoli che si spegne oltre la traversa. L’emozione più forte si vive purtroppo al 25’, quando – in seguito a uno scontro aereo con Favalli – Salifu resta a terra immobile, mentre tutti i giocatori nei paraggi richiamano spaventatissimi i medici in panchina. Il mediano biancorosso esce in barella, con un collare ortopedico e al suo posto al 27’ entra Di Santantonio. La gara comunque non cambia: i padroni di casa si beccano anche qualche fischio dai propri tifosi, ma il Mantova non riesce a concretizzare la sua mole di gioco. Al 34’ Marchi avrebbe la palla giusta, ma il suo sinistro dal limite esce non di molto a lato del palo difeso da Bindi. Nel finale di tempo, poi, il Padova riesce almeno ad accennare un forcing, collezionando alcuni corner e creando un paio di brividi a Bonato: al 45’ con un diagonale di Favalli di poco fuori e al 47’ con un colpo di testa di Alfageme che non centra il bersaglio. Nella ripresa la musica non cambia e già all’8’ il Mantova spreca un contropiede di Di Santantonio, che serve in area Tripoli, il quale non trova modo di concludere. Mister Brevi butta dentro allora prima Mazzocco per Gaiola (10’) e poi Germinale per Alfageme (20’). Ma è ancora l’Acm a farsi pericolosa al 22’ con uno-due Tripoli-Zammarini: quest’ultimo però calcia a lato dall’interno dell’area. Si va avanti così, con il pubblico che mugugna per la scarsa qualità del gioco offerto dal Padova e con mister Prina che probabilmente si mangia le mani in panchina, perché la sua squadra gioca meglio ma non inquadra mai lo specchio della porta avversaria. Dato di fatto confermato dal destro a lato di Regoli al minuto 31. Il Padova prova sfondare sempre con lanci lunghi o traversoni dalla trequarti, quasi sempre senza esito. Al 37’ i biancoscudati guadagnano una punizione dai sedici metri, ma la palombella di Dettori è alta di poco. La risposta del Mantova è immediata: penetrazione in area di Regoli (39’) e destro che scheggia il palo. Nel finale, poi, com’era accaduto nel primo tempo, il Padova getta il cuore oltre l’ostacolo e si spinge tutto in avanti, collezionando però corner e nient’altro, mentre Prina prova a spezzare il ritmo inserendo prima Boniperti e poi Romeo. Lo 0-0 è scritto e non fa una piega.

Ore 12.00 – Le pagelle del Padova (Gazzettino, Pierpaolo Spettoli): Bindi 6; Cappelletti 5.5, Emerson 6, Russo 6.5; Madonna 5.5, Mandorlini 5, Gaiola 5 (Mazzocco 5.5), Dettori 6, Favalli 5.5; Altinier 5.5, Alfageme 6 (Germinale 5.5).

Ore 11.50 – (Gazzettino) Solo nel finale il Padova è riuscito a dare più sostanza alla sua partita creando un paio di situazioni pericolose nell’area avversaria. Nel primo caso un sinistro di Favalli ha messo i brividi a Bonato, poi ci ha provato di testa Alfageme ma senza precisione. Appena un po’ meglio la ripresa, soprattutto perchè Dettori è entrato maggiormente nel vivo della manovra. Madonna e Favalli hanno alzato il loro raggio d’azione e qualche pallone in più è transitato nell’area del Mantova. Niente però di minaccioso, se si escludono due giocate da palla inattiva: un angolo calciato da Emerson, con una velenosa traiettoria a rientrare che ha attraversato tutto lo specchio della porta, e una punizione dal limite di Dettori non sfruttata al meglio. E il Padova ha anche rischiato la beffa con il palo esterno colpito da Rigoli.

Ore 11.40 – (Gazzettino) La scelta di Gaiola anzichè Emerson davanti alla difesa non ha pagato: troppo elementari le sue giocate per accendere la manovra. Ridotta all’osso anche la spinta sulle corsie esterne e poco ispirato Dettori, il giocatore con maggiore qualità tra i centrocampisti. Il più delle volte i biancoscudati si sono così dovuti affidare ai lanci lunghi a cercare i movimenti in profondità di Alfageme. Tutto però senza mai alzare il ritmo e con soluzioni assai prevedibili. Non a caso l’unica opportunità creata dal Padova in queste mediocri fasi della gara è nata da calcio d’angolo, con un’incornata di Cappelletti neutralizzata con bravura dal portiere. Di fronte a tanta inconsistenza il Mantova ha avuto vita facile nel tenere bene il campo. I virgiliani hanno avuto anche l’occasione per sbloccare il risultato con un sinistro dai 25 metri di Marchi che ha lambito il palo. Occasione nata da un errato disimpegno dei difensori, Bindi compreso.

Ore 11.30 – (Gazzettino) Neppure il successo un po’ fortunoso di sette giorni fa è riuscito a dare la scossa al Padova, costretto al terzo pareggio di fila in casa. Ma più che il risultato, a preoccupare è soprattutto la pochezza del gioco espresso dalla squadra. E non basta l’alibi delle assenze a giustificare una prestazione così modesta, tanto più che questo gruppo sta lavorando insieme da quasi tre mesi. La domanda a questo punto sorge spontanea? È colpa di Brevi che non riesce a trasmettere le sue idee oppure sono i giocatori che non sanno tradurle sul campo per limiti tecnici e di personalità? Di sicuro va fatta una riflessione approfondita, provando a capire cosa non funziona e individuando i possibili rimedi. Urge infatti un cambio di passo. E in tempi rapidi, altrimenti si rischia di vanificare da subito gli sforzi economici fatti dalla società e di aumentare il malcontento dei tifosi, usciti ieri dall’Euganeo davvero delusi. Complicato più che mai il primo tempo del Padova, che solo di rado è riuscito a dare un po’ di fluidità alla sua azione, opposto a un Mantova reduce da tre sconfitte di fila e psicologicamente impaurito.

Ore 11.20 – (Gazzettino) Alfageme e Altinier avevano fatto coppia anche a Fano, e anche in questa occasione hanno faticato. «Si sono cercati poco, nel senso che erano troppo lontani. Non hanno avuto una grandissima intesa, ma è questione di lavorarci». La sua espulsione? «Gridavano alle mie spalle, io stavo incitando la squadra. Forse sono uscito di mezzo metro dall’area tecnica, ma non ho insultato nessuno. L’arbitro ha detto che mi ha visto sbracciare, e mi ha espulso. Non credo di essere squalificato». Un flash di Gaiola: «Volevamo vincere, purtroppo è arrivato un pareggio. Il problema è stato nel primo tempo perché la manovra era un po’ lenta, anche se alla fine abbiamo avuto le occasioni migliori. Se mi aspettavo di esordire? Sì, sono andato in difficoltà fisicamente dopo mezz’ora e faticavo a farmi dare la palla». Ecco infine Russo: «È mancato solo il gol, abbiamo avuto quattro-cinque occasioni nitide. La squadra ha avuto l’atteggiamento giusto».

Ore 11.10 – (Gazzettino) Quanto alla prestazione, il tecnico aggiunge: «Nel primo tempo non abbiamo fatto bene, facendo sempre fatica anche giocando da dietro senza sviluppare il gioco come avevamo preparato. È stata una partita bloccata, e la nostra manovra non è stata fluida soprattutto nella prima frazione tanto da non creare pericoli, a parte due-tre situazioni su palla inattiva e un colpo di testa di Alfageme che ha cercato di fare ponte invece di indirizzare la palla verso la porta. Nella ripresa il Mantova si è abbassato di più, e non siamo riusciti ad allargare il gioco. Ci aspettavamo una prestazione diversa, abbiamo faticato nella gestione della palla con i tre difensori e con il palleggiatore». A Brevi viene fatto notare da un cronista che la squadra è lenta e non gioca. «È la sua opinione, ma non è una difficoltà di modulo. Quando giochi a specchio devi creare superiorità numerica e il palleggio non è stato rapido. Gaiola? Magari ha sentito molto la gara. Da lui non si può pretendere chissà che cosa, ha fatto la sua buona gara. E comunque non vado a colpevolizzare qualcuno». Cosa l’ha spinta a tenere Emerson in difesa e non spostarlo a centrocampo come aveva provato in settimana? «In questo momento la linea difensiva è quella che sta lavorando meglio, e non era il caso dicambiare per mettere qualcun altro che non è nella condizione ideale».

Ore 11.00 – (Gazzettino) Non si nasconde dietro a tanti giri di parole il presidente Giuseppe Bergamin: «Non abbiamo creato molto, anzi. Mi aspettavo qualcosa di diverso, la delusione c’è. Mancano i punti e quella convinzione di essere squadra. Sono mancate la forza e il carattere, e se devo essere sincero questo mi preoccupa un po’. Abbiamo peccato in intensità. È difficile dirlo, ma sembriamo deboli dal punto di vista caratteriale, e forse lo siamo». Quindi aggiunge: «Giocare è una cosa, prepararla è un’altra perché serve spirito di sacrificio e non l’ho visto. Più che aggredire, siamo stati aggrediti. La cosa mi preoccupa, stiamo perdendo punti importanti e dobbiamo trovare delle soluzioni. Questa è una squadra fatta con buoni giocatori, però manca ancora qualcosa. Ci incontreremo perché sono deluso e preoccupato». Non è il ritratto della felicità neppure Oscar Brevi, che però non si dice preoccupato: «Non lo sono perché nelle prime partite la squadra ha sviluppato molto, anche se c’è da lavorare. Dobbiamo recuperare un po’ di caratteristiche che ci mancano dato che abbiamo avuto qualche problema di troppo a livello di infortuni».

Ore 10.40 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Cercansi tante cose disperatamente. Così si resta indietro”) Cercansi tante cose disperatamente in questo Padova, che dopo sei partite (e una da recuperare) non riesce a decollare verso l’alta classifica. La prima necessità è quella che sta balzando impietosamente agli occhi di tutti: un regista vero. Non è possibile che, in assenza del candidato numero uno ad interpretare il ruolo di “faro” del gioco, ovverosia Filipe, si proceda per tentativi, sperando che spunti, per magia, il coniglio dal cilindro. Dopo aver provato in quel ruolo senza successo Mandorlini, Dettori e ora Gaiola, si deve dedurre che l’allenatore Brevi non abbia per le mani l’ideale controfigura del brasiliano, il quale manca come il pane. Seconda necessità: il 3-5-2 funziona a strappi. Il problema è sempre lì, in mezzo, con le mezzeali che dovrebbero garantire più spinta e invece giocano spesso per se stesse, ma anche sulle corsie esterne, dove si spinge, quando si riesce, troppo poco. Madonna e Favalli non hanno la continuità che ci si attenderebbe da due “stantuffi” come loro, anche perché – ci siamo già espressi su questo – vengono cercati poco. Se non si conferisce in fretta una precisa identità alla squadra, si rischia di avere per le mani un’incompiuta. Anche nella costruzione della rosa qualche errore è stato commesso: per esempio, non era un azzardo puntare, come alternativa ad Altinier, su Germinale, reduce da un grave infortunio patito a Bassano? I ricambi sono contati, Alfageme è arrivato senza una preparazione seria nelle gambe e sta pagando dazio. Buon ultimo, il lungo pre-campionato. Il Padova è andato in ritiro il 10 luglio a Mezzano e ha lavorato più di tutte le altre, come arco di tempo, per presentarsi al via del torneo al meglio. La lentezza di manovra e la condizione fisica non ancora ottimale stanno, invece, balzando agli occhi come un limite vistoso dell’attuale momento-no. A Brevi e al suo staff bisognerebbe chiederne conto, perché vedere nel finale di partita giocatori sulle gambe come ieri sera ci sembra un segnale da non sottovalutare. Due vittorie, tre pareggi e una sconfitta non rappresentano un bilancio esaltante, tutt’altro. Soprattutto dicono chiaro e tondo che, adesso, questo Padova non è in grado di recitare da protagonista nell’alta classifica. I sogni di gloria vanno accantonati. Riparliamone fra un paio di mesi.

Ore 10.30 – Le pagelle del Padova (Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia): Bindi 6; Cappelletti 6, Emerson 6, Russo 5.5; Madonna 6, Mandorlini 5.5, Gaiola 5.5 (Mazzocco 5.5), Dettori 5, Favalli 5.5; Altinier 5, Alfageme 5.5 (Germinale 5.5).

Ore 10.20 – (Mattino di Padova) Fraseggi spesso per vie orizzontali, scarsa mobilità fra le linee, pochissimi affondi sulle fasce laterali. Se questo è il 3-5-2, beh, non convince proprio. Il palo di Regoli. Nella ripresa, tolto Gaiola e inserito Mazzocco, con Dettori piazzato in mezzo a provare ad inventarsi qualcosa, si è cercata la strada verso il gol con più decisione, ma sempre palesando troppa lentezza nella manovra. Mai una parata di Bonato, qualche mischia di confusione in area virgiliana, e quando c’è stata la possibilità di sfruttare un piazzato dal limite, Dettori non ha inquadrato il bersaglio (37’). Buon per Brevi (poi espulso per proteste) e i suoi che il palo alla destra di Bindi li ha salvati dalla capitolazione su un bel tiro di Regoli (39’). Fischi e qualche battibecco tra i giocatori alla fine: è proprio un Padova rebus, destinato a far discutere una tifoseria giustamente sconcertata e preoccupata.

Ore 10.10 – (Mattino di Padova) La risposta è stata deludente: non tanto per la prestazione del ragazzo, che pure è parso un pesce fuor d’acqua e quando ha toccato i palloni lo ha fatto in modo abbastanza scontato, quanto perché i compagni lo hanno cercato pochissimo, quasi mai chiamandolo in causa quando l’azione doveva ripartire. Morale: un uomo in meno, nel vivo del gioco. Primo tempo brutto. Ci si potrà attaccare al presunto fallo da rigore subìto da Altinier sugli sviluppi di un corner, con Cappelletti che poi di testa ha costretto Bonato ad alzare sulla traversa (22’), ad un’opportunità capitata a Favalli con deviazione dello stesso centravanti in area (44’) e ad un’occasione di testa di Alfageme poco prima dell’intervallo (47’), non sfruttata da nessuno, per dire che, almeno sul piano dell’impegno, il Padova qualcosa ha messo insieme, ma sinceramente la prestazione nella prima parte di gara è stata incolore.

Ore 10.00 – (Mattino di Padova) Terzo pareggio in casa su quattro partite, ma soprattutto una grande occasione mancata. Quella di recuperare terreno sulle avversarie dirette, tutte o quasi bloccate sul nulla di fatto in una giornata contrassegnata da una sfilza di “X”. Il Padova è a quota 9, in un’anonima posizione di centroclassifica, ma quel che è peggio è che, invece di progredire sulla strada della crescita, fa passi indietro. Come i gamberi. Su tutto: sul piano del risultato, sotto il profilo del gioco, a livello di personalità e interpretazione del copione. Il Mantova, ordinato e molto più tranquillo in campo, porta a casa un punto strameritato, dopo tre sconfitte consecutive. E questo la dice lunga sui limiti palesati nella circostanza da Altinier & C. La scommessa Gaiola. Brevi ha sorpreso tutti, ancora una volta. Sembrava essere arrivata l’ora di Emerson avanzato dalla difesa a centrocampo, in quel ruolo di regista che si sta rivelando la gamba zoppa dell’intero reparto (nel senso che non si trova una soluzione alternativa efficace a Filipe, la cui tallonite si è rivelata più seria di quanto annunciato inizialmente), e invece il tecnico ha puntato sul giovane Gaiola, classe 1996, padovano doc, cresciuto nel vivaio biancoscudato e ora di proprietà dell’Inter, lasciando ancora una volta Sbraga in panchina e quindi non toccando la retroguardia.

Ore 09.50 – (Mattino di Padova) Come si spiega, allora, una gara nella quale non avete praticamente tirato in porta? «Oggi (ieri, ndr) dovevamo creare la superiorità in mezzo al campo, ma il palleggio non è stato espresso a dovere per quelle che sono le capacità dei ragazzi: avremmo dovuto sfruttare la zona fra i tre difensori e il regista, e così uscire dalla pressione del Mantova, ma non l’abbiamo fatto perché la circolazione non è stata fluida, sia per meriti dell’avversario che a causa dei nostri errori». Gettare nella mischia Gaiola forse è stato un azzardo? «Lì in mezzo abbiamo mosso poco la palla, e sicuramente lui, all’esordio, ha sentito troppo la partita. Non possiamo pretendere chissà cosa: Riccardo ha fatto una buona gara, ma ci aspettavamo di più, in alcune circostanze non si è smarcato nel modo giusto. È giusto che anche lui abbia la possibilità di dimostrare le sue qualità, non vedo un singolo colpevole per ciò che non è andato». Non sarebbe stato meglio Emerson, in mezzo al campo? «La linea difensiva è quella che sta lavorando meglio, e non volevo cambiarla. A livello difensivo abbiamo fatto ancora una volta una buona gara, abbiamo concesso poco: spostare il brasiliano, per sostituirlo con un giocatore in una posizione a lui non ideale, non era il caso». Come a Fano, però, la coppia Altinier-Alfageme non ha girato a dovere. «Hanno combinato poco, è vero: giocavano troppo lontani, non si sono trovati. Non hanno avuto una grandissima intesa, ma con il tempo miglioreranno».

Ore 09.40 – (Mattino di Padova) Stando all’opinione del suo allenatore, il vero Padova è quello delle prime giornate: una squadra che creava, che per lunghi tratti giocava nella metà campo avversaria, e che, se anche non sapeva sfruttare tutte le occasioni, come minimo aveva dalla sua il merito di averci provato. Il problema è che, con il passare delle settimane, convincersi che sia effettivamente così è sempre più difficile: se due indizi (le sfide contro Fano e Maceratese) facevano una prova, lo 0-0 e gli sbadigli contro il Mantova certificano che adesso le prestazioni, più che progredire, stanno regredendo. E non può bastare la vittoria episodica di Gubbio a cancellare tutti i problemi del Padova. Un pericoloso trend che, però, non preoccupa Oscar Brevi: «Dobbiamo lavorare ancora, perché in questa fase abbiamo avuto qualche infortunio di troppo, e dobbiamo cercare di sfruttare le caratteristiche di altri giocatori, ma nelle prime gare abbiamo creato tanto, e questo significa che la squadra lo può fare».

Ore 09.30 – (Mattino di Padova) «Deluso e preoccupato». Non va per il sottile il presidente Bepi Bergamin nel commentare la prova del suo Padova: «Mi aspettavo sicuramente di più, dopo la vittoria di Gubbio. Sono deluso e non credo che sia un problema tattico o tecnico. Ci è mancata la convinzione di essere una squadra importante, non abbiamo mostrato carattere e questo mi preoccupa. Determinate prestazioni si ottengono con voglia e spirito di sacrificio, che in questo caso non ho visto. Ci sono tanti buoni giocatori, presi singolarmente, ma poi in campo abbiamo delle evidenti difficoltà. Sapevamo che c’era da migliorare, ma credevo che mancasse poco, invece ci sono diverse cose da sistemare». Inevitabile, da queste parole, cogliere qualche critica anche nell’operato dello staff tecnico. La posizione dell’allenatore è in discussione? «Non è una critica nei suoi confronti, c’è fiducia ma anche la consapevolezza che ci sono diverse cose da sistemare. Dobbiamo capire velocemente dove stiamo sbagliando, la situazione non è grave, ma bisogna migliorare in fretta perché abbiamo perso troppi punti per strada». Prova a difendere la squadra Michele Russo, che non boccia la prestazione del Padova: «Non abbiamo fatto male, considerato che il Mantova ci ha sempre aspettato dietro la linea della palla. Non era facile trovare spazio e, nonostante tutto, abbiamo creato 5 o 6 palle-gol. L’atteggiamento è stato quello giusto, il gruppo è sano e credo che questa squadra abbia carattere, altrimenti non avrebbe vinto come ha fatto a Gubbio». Riccardo Gaiola, infine, non riesce a gioire per il suo esordio: «Debuttare in questo stadio, da padovano, era quello che ho sempre sognato. Sono felice ma mi aspettavo un risultato diverso».

Ore 09.10 – Le pagelle del Padova (Corriere del Veneto, Dimitri Canello): Bindi 6; Cappelletti 6, Emerson 6, Russo 5.5; Madonna 5.5, Mandorlini 6, Gaiola 5 (Mazzocco 5), Dettori 5, Favalli 6; Altinier 5.5, Alfageme 5.5 (Germinale 6).

Ore 09.00 – (Corriere del Veneto) Insomma, la squadra proprio non va, se è vero che sul taccuino si fatica a trovare un tiro in porta pericoloso in novanta minuti è evidente che i problemi siano sotto gli occhi di tutti. L’Euganeo fischia (in Tribuna Ovest ma pure in Tribuna Est) ma non molla la presa (in Tribuna Fattori), eppure la sensazione ricavata dal pari col Mantova è che a Gubbio si sia vinto fortuitamente. Se sette giorni prima il gioco aveva lasciato molto a desiderare, all’Euganeo è andata persino peggio. Nonostante il lancio di Riccardo Gaiola dal primo minuto, il centrocampo non ha beneficiato in alcun modo di un talento parso imprigionato nella paura di sbagliare e nelle difficoltà fisiche. Ma non può essere Gaiola il principale responsabile di quanto (non) si è visto sulla linea mediana: Dettori si è nascosto, Madonna non è stato praticamente mai servito, Favalli ha limitato al minio le sortite offensive, Mazzocco non ha lasciato traccia e il solo Mandorlini ha raggiunto a stento una sufficienza stiracchiata. Sul taccuino ci sono un colpo di testa di Cappelletti al 22’ salvato in angolo da Bonato, un tiro cross di Favalli smorzato involontariamente da Altinier al 44’, una punizione fuori da ottima posizione di Dettori nella ripresa e un tiraccio di Mazzocco alto non di molto. Il Mantova si costruisce le due palle gol più pericolose: un tiro a giro di Marchi al 35’ appena fuori e, soprattutto, un palo colpito da Regoli al 39’ della ripresa. E se questo è il Padova che dovrebbe far sognare i suoi tifosi allora no, davvero non ci siamo.

Ore 08.50 – (Corriere del Veneto) Il nulla assoluto. In novanta minuti davvero grigi e senza luce il Padova si prende un punto, forse il punto più modesto che si ricordi da anni a questa parte. Perché passi il pari col Mantova, ma è il modo in cui arriva a preoccupare. Nessun tiro in porta degno di tal nome, nessuna azione da ricordare, un palo di Regoli che fa tremare Bindi, un gioco che non esiste; motivi per cui essere ottimisti nessuno o quasi. In sala stampa, dopo uno 0-0 che sa molto di sconfitta per un nuovo corso che aveva promesso un bel gioco e un Padova propositivo e che invece si ritrova in una situazione indecifrabile alla settima di campionato, la delusione del patron Giuseppe Bergamin certifica una situazione che preoccupa e che potrebbe portare a breve a mettere in discussione la posizione dell’allenatore. Tanto che ieri sera c’era già chi parlava di una candidatura di Pierpaolo Bisoli. Voci smentite, ma che comunque affiancano anche gli aspetti legati ai litigi in campo che si sono visti ieri, come quello plateale fra Domenico Germinale e Daniel Cappelletti immortalato pure dai fotografi. «Non abbiamo creato molto — critica il presidente — mi aspettavo qualcosa di più e qualcosa di diverso, la delusione c’è. Mancano i punti e manca la convinzione di essere squadra. È mancata la forza ed il carattere, se devo essere sincero questo mi preoccupa un po’… Abbiamo peccato in intensità, sembriamo deboli dal punto di vista caratteriale, e forse lo siamo. Giocare è una cosa, prepararla è un’altra: serve spirito di sacrificio e oggi non l’ho visto».




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