Padova-Mantova, l’analisi del “Mattino di Padova”

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Terzo pareggio in casa su quattro partite, ma soprattutto una grande occasione mancata. Quella di recuperare terreno sulle avversarie dirette, tutte o quasi bloccate sul nulla di fatto in una giornata contrassegnata da una sfilza di “X”. Il Padova è a quota 9, in un’anonima posizione di centroclassifica, ma quel che è peggio è che, invece di progredire sulla strada della crescita, fa passi indietro. Come i gamberi. Su tutto: sul piano del risultato, sotto il profilo del gioco, a livello di personalità e interpretazione del copione. Il Mantova, ordinato e molto più tranquillo in campo, porta a casa un punto strameritato, dopo tre sconfitte consecutive. E questo la dice lunga sui limiti palesati nella circostanza da Altinier & C. La scommessa Gaiola. Brevi ha sorpreso tutti, ancora una volta. Sembrava essere arrivata l’ora di Emerson avanzato dalla difesa a centrocampo, in quel ruolo di regista che si sta rivelando la gamba zoppa dell’intero reparto (nel senso che non si trova una soluzione alternativa efficace a Filipe, la cui tallonite si è rivelata più seria di quanto annunciato inizialmente), e invece il tecnico ha puntato sul giovane Gaiola, classe 1996, padovano doc, cresciuto nel vivaio biancoscudato e ora di proprietà dell’Inter, lasciando ancora una volta Sbraga in panchina e quindi non toccando la retroguardia.

La risposta è stata deludente: non tanto per la prestazione del ragazzo, che pure è parso un pesce fuor d’acqua e quando ha toccato i palloni lo ha fatto in modo abbastanza scontato, quanto perché i compagni lo hanno cercato pochissimo, quasi mai chiamandolo in causa quando l’azione doveva ripartire. Morale: un uomo in meno, nel vivo del gioco. Primo tempo brutto. Ci si potrà attaccare al presunto fallo da rigore subìto da Altinier sugli sviluppi di un corner, con Cappelletti che poi di testa ha costretto Bonato ad alzare sulla traversa (22’), ad un’opportunità capitata a Favalli con deviazione dello stesso centravanti in area (44’) e ad un’occasione di testa di Alfageme poco prima dell’intervallo (47’), non sfruttata da nessuno, per dire che, almeno sul piano dell’impegno, il Padova qualcosa ha messo insieme, ma sinceramente la prestazione nella prima parte di gara è stata incolore.

Fraseggi spesso per vie orizzontali, scarsa mobilità fra le linee, pochissimi affondi sulle fasce laterali. Se questo è il 3-5-2, beh, non convince proprio. Il palo di Regoli. Nella ripresa, tolto Gaiola e inserito Mazzocco, con Dettori piazzato in mezzo a provare ad inventarsi qualcosa, si è cercata la strada verso il gol con più decisione, ma sempre palesando troppa lentezza nella manovra. Mai una parata di Bonato, qualche mischia di confusione in area virgiliana, e quando c’è stata la possibilità di sfruttare un piazzato dal limite, Dettori non ha inquadrato il bersaglio (37’). Buon per Brevi (poi espulso per proteste) e i suoi che il palo alla destra di Bindi li ha salvati dalla capitolazione su un bel tiro di Regoli (39’). Fischi e qualche battibecco tra i giocatori alla fine: è proprio un Padova rebus, destinato a far discutere una tifoseria giustamente sconcertata e preoccupata.

(Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel)




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