Credo di condividere, in queste poche parole che mi sento di scrivere questa sera, un sentimento comune alla stragrande maggioranza dei nostri lettori. Oggi, al 94′ di Benevento-Padova, erano più o meno le 17 del 5 maggio (una data che evoca una morte storica, quella di Napoleone Bonaparte) è morto il Padova 2018-2019. Una squadra che di sicuro in pochi ricorderanno fra qualche anno, se non per evocare tristi ricordi negativi. Neppure in una giornata in cui al Vigorito si fa una figura più che degna si riesce a sorridere. Si va tre volte in vantaggio e si viene tre volte raggiunti. La sentenza della stagione la riassumo in due istantanee: l’esultanza polemica con le dita delle mani alle orecchie di Bonazzoli (34 presenze stagionali e otto gol) dopo il 2-1 e il gol del 3-3 del Benevento. Una stagione e una retrocessione strameritata è racchiusa in queste due immagini: la prima fa capire, al netto di una componente tecnica che nessuno ha mai discusso, lo spessore umano di uno di quelli che sarebbero dovuti essere protagonisti di questa stagione. E il perché, nonostante il talento innegabile e cristallino, ben difficilmente sentiremo parlare di Bonazzoli ad altissimi livelli in un futuro prossimo o più lontano. La seconda è la sintesi di una stagione: un gruppo centrifugato oltre ogni limite incapace di mettere in cassaforte un vantaggio che regalava ancora un briciolo di speranza per un minuto e mezzo. Col Livorno, se il Foggia non avesse fatto punti domani, magari ci sarebbe stato forse lo stadio pieno, non ci sarà nulla di tutto questo. Sarà solo una triste passerella con vista Serie C e distribuire colpe e percentuali delle stesse, onestamente, a questo punto non serve più: il tempo ha chiarito tante cose, ad esempio che cercare capri espiatori non serve. Perché ognuno, per la sua parte, ci ha messo del suo. Fine dell’agonia.