Lumezzane-Cittadella, Bobb e Jallow: “Lavoriamo col massimo impegno per salire in serie B!”

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Siccome abitano a due passi dal campo, nell’appartamento dietro al bar dello stadio, di norma sono gli ultimi a presentarsi agli allenamenti. Fosse per loro, però, vivrebbero soltanto di calcio. Jallow e Bobb, Bobb e Jallow. Da quando sono approdati al Cittadella, mettendosi subito in mostra come due delle “rivelazioni” più belle di quest’inizio di stagione nell’intera Lega Pro, Lamin, l’attaccante, e Yusupha, il centrocampista, sono sempre assieme. «Siamo in Italia dal novembre dello scorso anno, portati qui dagli osservatori del Chievo, che ci hanno visto giocare con la nostra Nazionale all’Umbria Cup», racconta il 19enne Bobb, che è quello che ha preso più confidenza con l’italiano. Merito delle tre lezioni private che frequentano ogni settimana, anche se entrambi – non potendo utilizzare il woolof, la prima lingua parlata in Gambia, dove sono nati – preferiscono esprimersi in inglese. Quel che serve, però, l’hanno appreso. Ad esempio, Jallow ha capito benissimo i rimbrotti di Roberto Venturato dopo che sabato, credendosi in fuorigioco, si è fermato da solo nel mezzo dell’area dell’Alessandria, senza alcun fischio dell’arbitro. «Mi ha detto: “you dont’ have to stop”, “non devi fermarti in quei casi”, e che mi sono macchiato di un errore grave». A Bobb, invece, il tecnico del Cittadella ha chiesto di «stare più attento quando intervengo in difesa, ma continuo a pensare che il rigore per il fallo su Iunco non ci fosse». La loro giornata-tipo? «Beh, io mi alzo presto, prima delle 8, e dedico la parte iniziale della mattina alle preghiere (entrambi sono musulmani, ndr). Poi faccio colazione, al bar dello stadio oppure in centro e, quando rientro, mi metto alla tivù a guardare le partite di calcio su Sky», racconta Yusupha. «Lamin fa le stesse cose, ma la più grossa differenza sta nel tempo che trascorre al telefono: state sicuri che, se non sta guardando una partita, è nella sua camera a chiamare i genitori. Lo faccio anch’io, e pure a me mancano moltissimo, ma lui mi batte alla grande». Entrambi hanno alle spalle una famiglia numerosa: Bobb ha tre sorelle e un fratello, Jallow tre sorelle, una delle quali ha lasciato il Gambia prima di lui, sposandosi e andando a vivere in Svezia. Tutti e due dicono «I hope so» (lo spero), quando si chiede se mamma e papà li raggiungeranno prima o poi in Italia. Intanto, la loro famiglia l’hanno trovata nello spogliatoio granata, che li ha adottati come due promesse da accudire e far crescere. «Tutti siamo uniti da un unico obiettivo: lavorare con il massimo impegno per salire in Serie B», chiarisce Yusupha e, quando lo dice, assume un tono di voce diverso, più serio, come se fosse un imperativo da mandare a memoria. La squadra del cuore, per entrambi, è il Manchester United. «Come mai? Ma non serve chiederlo, tutti conoscono il Manchester. Già in Gambia guardavamo sempre le partite dei Red Devils in tivù». Sull’idolo calcistico la risposta, però, si differenzia. «Io mi ispiro a Gervinho, perché un po’ credo di assomigliargli nel modo di muovermi», precisa Jallow, che ha finalmente superato il problema muscolare che l’ha frenato negli scorsi giorni e che ieri ha ripreso ad allenarsi in gruppo. Bobb ci pensa un po’ di più, poi un nome lo trova pure lui: «Pirlo. E l’avrei detto anche se non fossi venuto a giocare in Italia, perché da uno come lui si può solo imparare».

(Fonte: Mattino di Padova)




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