Venezia-Padova, l’analisi del “Gazzettino”

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Era la partita più temuta. Ed anche quella più attesa dai tifosi, visto la grande rivalità con il Venezia. Un vero e proprio esame di maturità che il Padova ha superato di slancio, scalando la classifica fino al quarto posto e dimostrando di avere tutti i requisiti per puntare in alto. Applicazione, coraggio, forza d’animo e anche qualità nelle giocate: la truppa di Brevi ha esibito il meglio del proprio repertorio e il 3-1 finale è stato meritatissimo. Per molti versi il primo tempo dei biancoscudati, privi di Favalli, è stato simile a quello del Tardini. In avvio la squadra di Brevi ha lasciato l’iniziativa al Venezia, preoccupandosi di prendere le misure agli avversari. Una tattica diligente, che ha esaltato la grande disponibilità di Mandorlini nel chiudere le linee di passaggio e ricucire il gioco. Un po’ alla volta il Padova ha però cominciato a mettere il naso fuori dalla propria metacampo, sfruttando soprattutto la fascia sinistra dove Madonna si è proposto con continuità. Più timido sulla corsia opposta Mazzocco, che ha dovuto fare i conti con la vivacità di Garofalo, sempre velenoso con le sue giocate mancine. E un po’ a disagio in fase di copertura è apparso anche De Risio (di nuovo titolare dopo un lungo stop), spesso troppo alto rispetto alla linea di mediana.

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Il Venezia ha provato in ogni modo a scardinare la retroguardia biancoscudata, ma i suoi assalti sono risultati sterili. Quando poi è rimasto in dieci per le plateali proteste di Ferrari, la spinta ha perso di mordente. Ed è stato il Padova a chiudere i conti, lanciato ancora più in orbita dal terzo gol di Neto Pereira (al primo centro stagionale). E la notte veneziana si è tinta di biancoscudato.

(Fonte: Gazzettino, Claudio Malagoli. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)




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