Padova, Albertini: “Che bello tornare all’ombra del Santo, respiro ancora l’aria di allora!”

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A Padova ha rimesso piede giovedì scorso, per un evento (il restyling del negozio “Duca d’Aosta”, in via San Fermo) collegato alla sua nuova società – la Dema4 srl – che si occupa di consulenza sportiva e affiancamento di start up. E che ha colto l’occasione per venirci a trovare, nella redazione del “Mattino”, accettando volentieri di scambiare quattro chiacchiere, soprattutto sul passato. «Adesso il retroscena di quel trasferimento a Padova lo posso rivelare», l’esordio di Demetrio Albertini. «Berlusconi mi chiamò pochi giorni prima dicendomi che voleva farmi fare un’esperienza in B perché potessi giocare con continuità. Le possibilità erano due: Lucchese e Padova. Scelsi la seconda, anche perché era più vicina a casa. Ricordo che, neo-patentato, salii in auto, con la valigia dietro, e da solo venni giù, lungo l’autostrada A/4, per la prima volta fuori dal mio ambiente. Arrivai, parlai con Giordani e Aggradi, i quali – era un giovedì sera – mi portarono con loro in una tv locale, per una trasmissione che si annunciava dai contenuti molto “forti”. Lì si presentarono anche una decina di ultras, chiaramente non ce l’avevano con me, ma con la squadra. Mi misi in un angolo, un po’ intimidito. Sapete tutti come andò la domenica dopo, ma quando toccai il primo pallone avevo le gambe che mi tremavano».

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«Mi considero una persona che ha fatto qualcosa di speciale, cominciando appunto a 19 anni, e non una persona speciale che ha fatto qualcosa di normale», confessa candidamente, non nascondendo di aver finalmente colmato una lacuna, perché da queste parti mancava da tanto, troppo tempo. «Purtroppo è così, i primi anni venivo spesso a Padova, questa invece è la seconda volta che ci torno nell’ultimo decennio».

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«Respiro ancora l’aria di allora», commenta. «Volevo andare all’Appiani, mi hanno detto che è cambiato tutto, addirittura non ci sono più le recinzioni…». «Che bello Prato della Valle, immagini ed emozioni mi si accavallano nella mente, e poi sono passato dalla stazione: quante volte ho preso il treno per tornare dai miei…».

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«La Lega Pro, o Serie C come volete chiamarla, è una categoria molto complicata, difficile, piena di insidie. Per venirne fuori, a mio modo di vedere, più che la qualità dei giocatori conta il senso di appartenenza, il sentirsi parte vera di un progetto. In sostanza, giocatori che siano equiparati a soci del club in cui militano, a prescindere dall’aspetto economico. Solo così si va su».

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(Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)




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